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La riclassificazione di un BTP da “disponibile per la vendita” (AFS – available for sale) alla categoria di “investimenti detenuti fino a scadenza” (HTM) può integrare il reato di false comunicazioni sociali (art. 2622 c.c.) se porta a ingannare i soci e il pubblico sulle condizioni autentiche patrimoniali di una banca.
Così si conclude – con la sentenza n. 9823 depositata ieri dalla Cassazione – un procedimento che ha visto indagati numerosi vertici di un istituto bancario, tra cui il direttore generale, i membri del consiglio di amministrazione e tutto il collegio sindacale che erano in carica all’epoca dei fatti contestati, relativi al periodo 2015-2016.
Le motivazioni richiamano il quadro normativo incentrato sul DLgs. 38/2005, in materia di “Esercizio delle opzioni previste dall’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1606/2002 in materia di principi contabili internazionali” e le conseguenti categorie di strumenti finanziari definiti dallo IAS 39, nonché l’impostazione della Banca d’Italia in questo ambito.
La difesa nel procedimento in esame contestava, infatti, il presupposto sul quale si basava l’ipotesi accusatoria, ossia l’obbligatorietà della classificazione del BTP 2046 al momento del suo acquisto e, di conseguenza, il fatto che, in rapporto alla diversa classificazione con la quale detti strumenti erano stati appostati nel bilancio al 2015 (e nel precedente bilancio semestrale), fosse intervenuta una vera e propria riclassificazione.
La Cassazione, però, alla luce dei predetti richiami normativi e regolamentari, non condivide tale interpretazione. Per i giudici, che il “passaggio” dal comparto AFS al comparto HTM abbia preso le mosse da una vera e propria classificazione al momento dell’acquisto “è conclusione che discende dalla disciplina dettata dallo IAS 39 e, prima di tutto, dal par. 14, in forza del quale la banca deve rilevare nel proprio prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria lo strumento finanziario quando diviene parte nelle clausole contrattuali dello strumento e, dunque, al momento dell’acquisizione al patrimonio dell’ente”.
Altro elemento cruciale per integrare il reato di false comunicazioni sociali è la capacità ingannatoria dell’operazione.
Anche su questo aspetto, la Cassazione richiama i principi contabili enunciati nello IAS 39, affermando la valenza decettiva della condotta degli imputati, posto che la riclassificazione “retroattiva” nel comparto HTM ha consentito di non far emergere la rilevante minusvalenza di circa 18 milioni di euro per il BTP 2046, sicché il bilancio al 2015 presentava una sovrastima del patrimonio netto derivante dal rapido decremento del valore dei titoli. Tanto più che nella Nota integrativa al bilancio è stato espressamente escluso che fossero intervenute riclassificazioni, il che integra un altro aspetto della falsità del bilancio.
In altre parole e in sintesi, si ritiene che integri il reato di false comunicazioni sociali l’appostazione in bilancio di attività finanziarie classificate, sulla base di principi contabili internazionali, come HTM, mentre, in realtà, si trattava di titoli classificati all’acquisto come AFS, in assenza di espressa riclassificazione e conseguente, necessaria iscrizione di una riserva negativa collegata alla perdita di valore subita “medio tempore” dai titoli.
Dal punto di vista dell’elemento soggettivo doloso viene evidenziata una serie di mail e di conversazioni tra internal audit, amministratori e sindaci, in cui si evidenziava la necessità di rivedere i precedenti verbali per renderli coerenti con la nuova classificazione del BTP in questione.
Da tutto l’apparato probatorio viene così dedotta la consapevolezza del fatto “che il titolo era stato acquistato per esigenze di redditività e inserito nella categoria degli AFS, nonché del fatto che questa era la classificazione effettuata; che tutti sapevano del deprezzamento del titolo e che ciò avrebbe dovuto comportare l’iscrizione di una riserva negativa di patrimonio; che tutti i membri del CdA e del Collegio sindacale parteciparono alle riunioni su come rimediare al problema causato dal deprezzamento del titolo e che, per mutarne la classificazione, era indispensabile alterare i verbali delle sedute precedenti”.
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