Suicidio Catricalà, dall’audio segreto emerge una pista
di Thomas Mackinson
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Il 24 febbraio 2021 l’ex presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà si uccide con un colpo di pistola nel suo appartamento ai Parioli. Un gesto inspiegabile e “pieno di misteri”, scrissero i giornali: non un biglietto, non un messaggio, l’agenda piena di appuntamenti. Un mistero su cui tutta la Roma che conta ancora si interroga. “Non lo abbiamo mai capito, era una persona equilibrata – racconta al Fatto la moglie Diana Agosti che quella mattina trovò il corpo -. Negli ultimi giorni non stava bena ma non era malato”.
Quattro anni dopo, il Fatto scopre una possibile pista: un intrigo di registrazioni carpite attorno a una causa milionaria che potrebbe averlo spinto sull’orlo del baratro. Una vicenda finita al centro di un fascicolo (allora coperto da segreto istruttorio) e sul quale, perfino una volta archiviato, gli investigatori continuano a mantenere il massimo riserbo. Quel 24 febbraio 2021, alle ore 17, Catricalà aveva infatti un appuntamento. Ma si uccide prima. Chi doveva incontrare? Un cliente che, a sua insaputa, tempo prima lo aveva registrato. E aveva poi depositato in Procura l’audio in cui rideva con lui di una strana “estorsione” inventata a tavolino.
LA DISPUTA DA 200 MILIONI – Il suo cliente si chiama David Vannozzi: è il direttore generale del consorzio universitario Cineca che gestisce tutte le piattaforme informatiche di 102 enti pubblici. Nel periodo 2015-2019 Cineca si ritrova alle prese con le azioni legali intentate da una piccola società romana, la Be Smart Srl, che accusa il gigante di violare la concorrenza a suon di finanziamenti pubblici e affidamenti diretti senza gara. Dopo anni di battaglie legali, nel 2019, Cineca viene “messo in mora” per 136 milioni e altri 62 milioni gli vengono congelati. Per l’Italia si apre un problema di “aiuti di Stato” da oltre 200 milioni e tutto il sistema accademico trema davanti al rischio di dover rivedere l’intera gestione dei servizi informatici di 67 università, 9 enti di ricerca, tre politecnici e lo stesso ministero dell’Istruzione. La posta in gioco è dunque altissima. Ed è per questo che Cineca si affida ad Antonio Catricalà, essendo stato giudice del Consiglio di Stato e presidente dell’Antitrust: in quel momento è l’avvocato numero uno in materia.
Quanto fosse alta la posta lo rivela lo stesso Vannozzi in un verbale alla polizia giudiziaria. Racconta che nel settembre 2019 Giuseppe Valditara, oggi ministro dell’Istruzione e all’epoca Capo Dipartimento al Miur, lo convoca per informarsi sulla situazione: “Mi ha chiamato in disparte, invitandomi a non portare con me il telefono”. E non a torto: la guerra legale si era fatta “sporca”.
FALSA ACCUSA D’ESTORSIONE – A fine 2020 il titolare di Be Start scopre di essere indagato per tentata estorsione. Il 2 agosto 2019, infatti, il dg Vannozzi l’ha accusato, dinanzi alla Procura di Bologna, di aver preteso 42 milioni di euro per ritirare le cause. A sostegno, consegna alla Finanza le registrazioni di tre incontri avuti con l’imprenditore. Dopo tre anni di indagini, però, l’accusa crolla: il 13 gennaio 2023, il procedimento viene archiviato, la notizia era infondata. Nessuna estorsione.
L’ACCUSA SI RIBALTA – Una volta scagionato, l’imprenditore accede al fascicolo e scopre che l’esposto contro di lui ometteva circostanze cruciali. Si scoprirà che la situazione era l’inverso di quanto denunciato da Vannozzi. Era stato quest’ultimo, infatti, oltre al Miur, a invitare la Be Smart per una transazione. Che però si rivelerà una sorta di trappola. Infatti il 27 novembre scorso il Gip di Bologna ordina l’imputazione coatta per Vannozzi con l’accusa di calunnia: “È emerso limpidamente che Vannozzi ha spinto l’imprenditore a formulare una proposta transattiva al solo scopo di querelarlo, attraverso un’artata manipolazione dei fatti e l’uso decontestualizzato di alcune registrazioni, da cui sembra emergere la consapevolezza di tutti gli interlocutori circa le manipolazioni di Vannozzi, dirette a fornire all’Autorità giudiziaria una rappresentazione del tutto diversa da quanto effettivamente accaduto”. Ma se era una trappola, chi l’aveva tesa?
Presa visione del fascicolo che l’ha visto prosciolto, l’imprenditore della Be Smart inizia a fornire alla polizia giudiziaria elementi utili a chiarire la situazione. Un mese dopo, il 17 febbraio, è Vannozzi che si precipita dai finanzieri. Questa volta, però, su consiglio di altri legali, ma non di Catricalà, al quale non dice nulla. Vannozzi dichiara: “L’avvocato Catricalà mi consigliava di registrare gli incontri e di presentare denuncia” contro la Be Smart. Per provarlo, consegna una chat WhatsApp nella quale Vannozzi scrive a Catricala: “Ho autorizzazione a denunciare Be Smart. Posso venire da te martedì per i dettagli?”. Catricalà risponde: “Ottimo. Martedì alle 18”. Lo scambio di messaggi, però, risale a tre settimane prima dell’incontro del 16 luglio 2019 (data in cui, secondo la denuncia di Vannozzi, era avvenuto il tentativo di estorsione di Be Smart). Un dettaglio che lascia pochi dubbi: il piano era stato preparato con largo anticipo.
L’AUDIO SEGRETO – C’è di più. Vannozzi agli inquirenti aveva consegnato un quarto file del 17 luglio 2019 salvato come “VittoriaColonna5.m4a”: è l’indirizzo dello studio di Catricalà. Un file breve ma importante. Cliente e avvocato ascoltano insieme la registrazione carpita all’imprenditore di Be Smart il giorno prima. I finanzieri lo trascrivono il 25 novembre 2020. “Grande, grande!” dice uno. Poi, ridendo, esclama: “Estorsore, sono un estorsore!”. L’indomani, in una deposizione fiume di sei ore, incalzato dalle domande sulle tante incongruenze delle sue precedenti deposizioni, Vannozzi dichiara: “La parola ‘estorsore’ viene pronunciata dall’avv. Catricalà”. La deposizione di Vannozzi, più quella frase registrata, seppur dal tono scherzoso, erano ormai finite agli atti. E potevano macchiare per sempre la sua reputazione: da quel momento in poi, e cioè a una settimana esatta dal suicidio, nel fascicolo in mano agli inquirenti l’ideatore del piano per mettere fuori gioco un concorrente scomodo risultava proprio lui, l’ex Garante per la concorrenza.
SETTE GIORNI DOPO, IL SUICIDIO – Raggiunto dal Fatto, Vannozzi racconta che il 17 febbraio 2021 chiamò Catricalà per dirgli di essere stato nuovamente al Comando della Finanza, ma senza riferirgli quanto aveva appena dichiarato. I due si sarebbero limitati a fissare un appuntamento per il pomeriggio del 24 febbraio, che non ci sarà mai: quella stessa mattina Catricalà infatti si è ucciso. Vannozzi stesso non esclude che qualcun altro possa averlo avvisato della sua deposizione perché – dice – “lui aveva mille relazioni”. Ma Catricalà non lo può più raccontare. Proprio nel giorno in cui doveva incontrare il cliente che lo registrava di nascosto, ha preferito puntare la sua Smith & Wesson calibro 38 alla tempia e togliersi la vita.
CHI ERA ANTONIO CATRICALA’
ROMA (24 febbraio 2021) – L’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed ex Garante dell’Antitrust, Antonio Catricalà, è stato trovato morto nella sua abitazione a Roma, nel quartiere Parioli. Catricalà, secondo quanto si apprende da fonti investigative, si sarebbe suicidato sparandosi un colpo di pistola. Sul posto sono presenti la Polizia e la Scientifica.
Antonio Catricalà era di origini calabresi. Nato a Catanzaro, 69 anni, è stato anche magistrato del Consiglio di Stato della Repubblica italiana, docente di Diritto privato presso l’Università Unipegaso e professore a contratto di Diritto dei consumatori all’Università Luiss di Roma. Da aprile 2017 era presidente di Adr Aeroporti di Roma (socio Igi). Quanto alla sue precedente esperienza di governo, Catricalà è stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri nel 2011-2013 nel governo Monti e viceministro allo Sviluppo economico nel 2013-2014 nel governo Letta. Nei giorni scorsi il consiglio direttivo dell’Istituto Grandi Infrastrutture (Igi) lo aveva nominato presidente.
Proprio per questa ultima nomina sono in molti a parlare di un gesto apparentemente inspiegabile: appena la settimana scorsa, il 18 febbraio, Catricalà era stato nominato presidente dell’Istituto Grandi Infrastrutture (Igi) al posto di Luigi Giampaolino, morto nel novembre scorso. Nell’occasione si era dichiarato “orgoglioso di questa nomina” e aveva sottolineato l’intenzione di “presentarsi al nuovo governo con una proposta di semplificazione del sistema attuale degli appalti che possa unificare chiarendo i vari dubbi possibili sul piano interpretativo degli attuali sistemi normativi che stanno intorno al codice 50, quindi sostanzialmente la disciplina degli esclusi, la disciplina dello sblocco cantieri, e il decreto 76 sulle semplificazioni nonché sulla disciplina della fornitura dei servizi”. Il nome di Catricalà era circolato come papabile sottosegretario alla presidenza del Consiglio del nuovo governo Draghi.
CATRICALA’ E LA SUA CATANZARO
AGI – “Sono un calabrese vero e un servitore dello Stato”. Antonio Catricalà, trovato morto nella sua abitazione nel quartiere Parioli di Roma, era nato a Catanzaro il 7 febbraio 1952. La famiglia è originaria di Chiaravalle Centrale, comune dell’entroterra, trasferita a Catanzaro. Proprio nel capoluogo calabrese, Catricalà aveva incontrato la moglie, dalla quale ha avuto due figlie.
A Catanzaro Catricalà ha vissuto la sua giovinezza, frequentando il liceo classico “Pasquale Galluppi”, prima di spostarsi a Roma, dove si è laureato a 22 anni, con 110 e lode, in giurisprudenza all’Università “La Sapienza”.
Catricalà tornava spesso in Calabria, una terra a cui era rimasto profondamente legato. La gran parte delle sue visite erano dedicate alla madre che ha vissuto a Catanzaro sino alla morte, avvenuta pochi anni fa, ma in tanti ricordano anche la sua presenza a Chiaravalle Centrale, comune di cui da diversi anni è cittadino onorario.
In Calabria vivono ancora alcuni suoi congiunti che hanno appreso la tragica notizia, chiudendosi in un dolore composto.
Tra coloro che lo hanno conosciuto, il ricordo commosso di Giuseppe Soluri, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria e direttore del “Giornale di Calabria” e di “Rtc”, che ha frequentato il liceo insieme a Catricalà ed è stato suo compagno di banco. Soluri, particolarmente colpito dalla notizia, ha raccontato all’Agi di “un ragazzo intelligente e intraprendente, che amava giocare a pallavolo e che ha sempre dimostrato doti straordinarie e grandi capacità”.
Catricalà, attuale presidente della società Aeroporti di Roma, “aveva un grande legame con la sua città d’origine”, ricorda il sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo. “Lo conoscevo fin dall’infanzia – sottolinea – e posso dire che oggi ho perso un amico. Sono profondamente dispiaciuto e addolorato per la sua scomparsa. La notizia mi ha lasciato di stucco, perché oggi ho perso un amico, una persona che conoscevo fin dall’infanzia, un catanzarese ancora legatissimo alla sua città, sempre sincero, affabile, attento e disposto al confronto”.
Accennando ai tanti importanti incarichi ricoperti nel corso di una carriera pubblica “importantissima e autorevole, da viceministro, garante dell’Antitrust e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri”, Abramo ha sottolineato che Catricalà è stato una figura che “ha onorato e riempito d’orgoglio la sua città e la Calabria. Alla famiglia rivolgo, anche a nome di tutta l’amministrazione comunale, il più sentito e commosso cordoglio”.
Secondo il consigliere regionale Francesco Pitaro “l’Italia perde un eminente giurista che nella sua poliedrica attività ha sempre privilegiato l’interesse pubblico e la città di Catanzaro uno dei suoi figli più illustrii. La notizia della sua morte ha colto tutti di sorpresa. E in particolare i tantissimi calabresi che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo e che in lui (avvocato cassazionista, magistrato del Consiglio di Stato, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con funzioni di segretario durante il Governo Monti, viceministro allo Sviluppo Economico durante il Governo Letta con delega alle comunicazioni, Presidente dell’AGCOM e molto altro ancora) riconoscevano un limpido esempio da additare alle nuove generazioni. In tanti ricordiamo il suo invito ai calabresi ‘ad avere fiducia in sé stessi, a credere nelle loro possibilità e ad osare’. Nel porgere le più sentite condoglianze alla sua famiglia – conclude Pitaro – mi piace ricordare un passaggio di uno dei suoi interventi: ‘Occorre ristabilire in Italia le condizioni affinché ciascuno possa mettersi in gioco e rischiare le proprie chance di successo’. Sono certo che il Paese e la sua Catanzaro individueranno il modo migliore per onorare la sua memoria”.
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