L’edizione 2025 di Archivissima a Torino

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Si svolgerà dal 5 all’8 giugno 2025 a Torino l’ottava edizione di Archivissima, il festival dedicato alla promozione e alla valorizzazione dei patrimoni archivistici. Sarà anche l’occasione per festeggiare il decimo anniversario della Notte degli Archivi, il format ideato nel 2016 da Promemoria Group con l’intento di promuovere la conoscenza della ricchezza informativa e narrativa costituita dalle raccolte documentarie degli archivi.

Archivissima, una manifestazione aperta a tutto il territorio nazionale

La Notte degli Archivi è sempre stata il cuore pulsante della manifestazione che nel 2018 si è trasformata in Archivissima e dal 2020 coinvolge archivi di tutte le regioni italiane, diventando una manifestazione nazionale” ha spiegato Andrea Montorio, CEO di Promemoria Group e ideatore del Festival durante la giornata di lancio dell’edizione 2025 alle Gallerie d’Italia Intensa Sanpaolo di Torino. Tema della prossima edizione sarà “Dalla parte del futuro“, per sottolineare che gli archivi – contrariamente a una lettura superficiale della loro missione – tengono al futuro, se ne prendono cura custodendo il passato e immaginando nuovi modi e mondi. “Perché il futuro si trova ovunque, anche e soprattutto nel nostro passato e dunque negli archivi” ha sottolineato Manuela Iannetti, presidente e direttrice di Archivissima. Nel 2024 Archivissima ha coinvolto più di 450 realtà, con più di 190 iniziative in presenza sparse sul territorio, ha prodotto centinaia di contenuti digitali inediti, tra video, podcast e racconti dagli archivi e generato oltre 10.000 accessi mensili in media sul sito della manifestazione.

Il coinvolgimento delle scuole per aprire al futuro degli archivi

Esito apprezzato dell’edizione 2024 è stato anche il contest dedicato agli istituti scolastici in collegamento con gli archivi. La pubblicazione Un balzo del cuore. La scuola racconta un archivio è stata presentata in occasione della conferenza di lancio: raccoglie i racconti premiati con l’edizione digitale, oltre a una menzione per il racconto più votato dal pubblico sul sito di Archivissima. L’esperienza proseguirà anche nel 2025, con l’obiettivo di coinvolgere sempre più studenti e studentesse di ogni parte d’Italia e realizzare una pubblicazione che, dato il tema, si presta a diventare un manifesto sul futuro degli archivi, visto dagli occhi delle giovani generazioni. Un assaggio di come le risorse archivistiche, anche le più diverse fra di loro (archivi storici, istituzionali, aziendali) possano aprire le porte e coinvolgere un pubblico più vasto di quello degli specialisti e degli studiosi si è avuto durante le giornate di presentazione dell’edizione 2025. Occasione straordinaria per visitare alcuni archivi del Biellese, come quello del Lanificio Vitale Barberis Canonico a Pratrivero, del Cappellificio Cervo a Sagliano Micca e la Fabbrica della Ruota a Pray Biellese.

Lanificio Vitale Barberis Canonico, oltre 350 anni di storia di imprenditoria familiare

Un’attività laniera che risale al 1663, quando già la famiglia possedeva la padronanza delle tecniche di tintura e si relazionava con il Duca di Savoia. La storia del lanificio è passata attraverso la Rivoluzione Industriale con la prima meccanizzazione, l’arrivo dell’elettricità e i nuovi telai che vengono acquistati a Chemnitz, la cosiddetta Manchester della Sassonia. Poi il boom economico del secondo Dopoguerra, la crescita dell’export che fa di Vitale Barberis Canonico un brand conosciuto a livello internazionale. Una foto all’ingresso dell’archivio storico immortala Carlo III d’Inghilterra (all’epoca Principe di Galles) che indossa un vestito confezionato con un tessuto dell’azienda biellese, da oltre tre secoli e mezzo guidata dalla stessa famiglia sempre a Pratrivero (Biella). Splendidamente sistemato su scaffalature di mogano proveniente dalla Sierra Leone e dal Congo, l’archivio raccoglie oltre 2mila volumi, spesso riccamente rilegati in pelle, di antichi tessuti provenienti da Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania e America, dal 1860 ad oggi. Sono stati selezionati ricchi e inconsueti campionari appartenuti a commercianti di stoffe del passato che raccontano una storia che si fonde con l’archivio stesso della maison. Un patrimonio sorprendente e affascinante che qui è riproposto attraverso quattro macro tematiche: Persone, Luoghi, Modi e Tempi.

Cappellificio Cervo, lo stabilimento dove nasce il cappello degli Alpini

Il Cappellificio Cervo di Sagliano Micca (Biella) è l’ultimo sopravvissuto di una tradizione che nelle valli biellesi risale al Settecento. Fra fine Ottocento e inizio Novecento il settore impegnava migliaia di addetti, centinaia dei quali in questo stabilimento cooperativo che dal 1898 è il produttore ufficiale del cappello Bantam, per intenderci il famoso “cappello alpino”. L’archivio, con 656 forme per cappelli in legno, 431 in metallo e 392 ricette per diverse tonalità di colore è uno spaccato della storia della moda e del costume. Nello storico stabilimento sulle sponde del torrente Cervo sono anche conservati i manifesti pubblicitari realizzati negli Anni Trenta da Gino Boccasile, uno dei più noti illustratori pubblicitari dell’epoca. Ancora oggi il cappellificio, che dal 2018 è stato acquisito dal Gruppo Zegna, produce in conto terzi per alcuni grandi brand della moda e i suoi modelli sono presenti in tutto il mondo. L’azienda è anche proprietaria del marchio Barbisio, altro storico produttore biellese che nel 1933 partecipò al concorso per il cappello futurista, un’iniziativa appoggiata fra gli altri da Marinetti e Prampolini. Nel Manifesto futurista del cappello italiano si fa appello alla “desiderata e indispensabile rivoluzione dell’abbigliamento maschile italiano“, invocando un cappello nuovo, antipassatista e contrario ai neutri e al nero nordici, e invece colorato e funzionale.

La Fabbrica della Ruota, un ex lanificio diventato archivio e centro culturale

A Pray (Biella), in località Vallefredda, nell’ex lanificio Zignone comunemente chiamato la Fabbrica della Ruota, ha sede il Centro di Documentazione dell’industria tessile, parte del più ampio sistema di tutela della cultura Biellese (DocBi). Una fabbrica trasformata in contenitore di memoria e generatrice di cultura. Qui si fa un’attività di archeologia industriale partendo dagli archivi industriali e familiari (a volte si sovrappongono) del Biellese. Sono presenti circa 200 fondi per oltre un chilometro e mezzo di scaffalature: materiali cartacei, fotografici, tessuti dalla metà del Settecento a oggi che si possono scoprire durante le viste guidate. Non solo il fondo Zignone, ma anche quello di altri lanifici chiusi, come l’archivio Boggio che contiene un decennio di corrispondenza commerciale di fine Ottocento in cui è documentata una proto globalizzazione iniziata oltre un secolo fa. Le aziende biellesi compravano carbone in Galles ed esportavano tessuti in Giappone, tanto per fare un esempio dell’intraprendenza degli imprenditori locali. Fra le altre curiosità c’è il campionario di tessuti dell’azienda Bona, un librone esposto all’Esposizione Universale di Bruxelles del 1910 dove venne premiato con la medaglia d’oro. Le aziende biellesi si presentarono in massa, ma oggi delle 28 copie, una per azienda, sembra ne rimangano solo sei di cui due conservate alla Fabbrica della Ruota. Documenti che raccontano molto sulla storia del costume: oltre all’altissima qualità della legatura, dopo 115 anni si apprezza l’intensità cromatica dei campioni generata dall’uso dei coloranti artificiali, la nascita del tessuto grigioverde, nato non per scopi bellici ma poi diventato emblema della Prima Guerra Mondiale, lo spessore dei tessuti adatti a sopportare climi più rigidi e meno riscaldati di quelli attuali. Un ricco storytelling, dalla storia della moda a quella del costume, che nasce da materiali di archivio continuamente in fase di indicizzazione e di catalogazione.

Dario Bragaglia

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