Le banche tagliano prestiti a imprese, serve l’assicurazione pubblica

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Come afferma Rony Hamaui (insegna presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed è presidente di Intesa Sanpaolo ForValue) sul pregiato network economico lavoce.info, il sistema creditizio italiano sta attraversando una trasformazione che rischia di compromettere la crescita economica del Paese.

Negli ultimi quindici anni in Italia le banche hanno ridotto drasticamente i prestiti alle imprese, un fenomeno che non trova paragoni tra i principali paesi europei e che si è accentuato con le recenti fusioni bancarie.

Le aggregazioni tra istituti di credito hanno generato un timore diffuso nel mondo imprenditoriale: le banche più grandi e centralizzate sono meno inclini a sostenere le piccole e medie imprese (PMI), cuore pulsante del sistema produttivo italiano. 

Come evidenzia Hamaui su lavoce.info, questo cambiamento è aggravato da un ulteriore problema strutturale: la scarsità di alternative non bancarie per il finanziamento delle aziende italiane. Se in altri paesi le imprese possono attingere a un mercato dei capitali evoluto, in Italia la frammentazione del tessuto produttivo e la debolezza del settore finanziario rendono questa strada poco praticabile.



Un crollo del credito senza precedenti


Il report di Hamaui puntalizza che la contrazione del credito alle imprese è un trend di lungo periodo. Dal 2011 a oggi, i prestiti bancari si sono ridotti di oltre un terzo, passando da oltre 900 miliardi di euro a circa 600 miliardi. Se consideriamo l’inflazione elevata degli ultimi anni, la contrazione in termini reali è ancora più marcata.

I dati mostrano che la stretta ha colpito in modo particolare le piccole imprese, che faticano più delle grandi a ottenere finanziamenti. Il quadro è aggravato dalle nuove regolamentazioni introdotte dopo la crisi finanziaria del 2007-2008 e la crisi del debito sovrano del 2010-2011. Le regole più stringenti sui crediti deteriorati, insieme alle riforme prudenziali di Basilea 3, hanno portato le banche a privilegiare attività più redditizie e meno rischiose, come la gestione del risparmio e il comparto assicurativo, a discapito del credito alle aziende.

Hamaui sottolinea che, contrariamente a quanto spesso affermato, la contrazione del credito dipende più da una riduzione dell’offerta bancaria che da una minore domanda. I dati sulla percezione dell’accesso al credito da parte delle imprese confermano questa tesi: il numero di aziende che segnalano condizioni di finanziamento peggiorate supera ampiamente quello di chi rileva un miglioramento.

La parentesi del Covid e il ritorno alla stretta

L’unico periodo recente in cui il flusso di credito alle imprese è aumentato è stato quello della pandemia di Covid-19. Come evidenzia Hamaui, tra il 2020 e il 2022 le imprese italiane hanno potuto contare su un abbondante flusso di finanziamenti grazie a interventi straordinari dello Stato, che ha introdotto massicci meccanismi di garanzia pubblica sui prestiti.

Queste misure hanno avuto un duplice effetto:

1. Hanno ridotto i rischi per le banche, incentivandole a concedere più credito.

2. Hanno permesso di aggirare i vincoli di capitale, che altrimenti avrebbero frenato ulteriormente l’erogazione di prestiti.

Tuttavia, con la fine delle misure emergenziali e l’aumento dei tassi d’interesse, il settore bancario è tornato rapidamente a una politica di maggiore prudenza. Hamaui mette in evidenza che la stretta attuale è più severa rispetto al passato, anche perché le nuove regole di Basilea 3, entrate in vigore a gennaio 2024, hanno aumentato il capitale richiesto alle banche per ogni prestito concesso, rendendo il credito ancora più costoso.

Il confronto internazionale: come fanno gli altri paesi?

Il report osserva che la riduzione del credito bancario alle imprese non è solo un fenomeno italiano, ma che il nostro Paese è tra quelli più colpiti. Nell’area euro, il credito alle imprese si è mantenuto stabile in termini nominali, ma in calo in termini reali. Tuttavia, le differenze tra i paesi sono significative: in Italia, Spagna e Portogallo i prestiti alle imprese sono diminuiti, mentre in Germania e Francia sono leggermente aumentati.

Ancora più marcato è il confronto con gli Stati Uniti. Negli ultimi cinquant’anni, il sistema americano ha visto un progressivo spostamento del credito dalle banche verso altri intermediari finanziari. La quota di prestiti concessi direttamente dalle banche USA alle imprese è passata dal 60% degli anni Settanta al 35% attuale. Come puntualizza il report , questa evoluzione è stata resa possibile dall’espansione di strumenti finanziari alternativi, come le commercial paper, i corporate bond e le obbligazioni high yield, che hanno permesso a molte imprese di finanziare la propria crescita senza dover ricorrere alle banche.

Inoltre, negli Stati Uniti il rapporto tra banche e intermediari non bancari è spesso cooperativo: le grandi banche investono nei fondi di debito o stringono alleanze con operatori finanziari specializzati. Questo sistema permette alle imprese di accedere a diverse fonti di finanziamento, riducendo la dipendenza dal credito bancario.

La proposta di Hamaui: un’assicurazione pubblica per il credito

Se in Italia il mercato dei capitali non è sufficientemente sviluppato per offrire un’alternativa alle banche, come si può incentivare il credito alle imprese? Hamaui su lavoce.info propone di trasformare le garanzie pubbliche sui prestiti in uno strumento permanente, piuttosto che limitarle a interventi emergenziali.

L’idea è quella di un’assicurazione pubblica del credito, che funzionerebbe come una polizza a copertura parziale dei rischi sui prestiti concessi dalle banche alle imprese. In questo modello, il premio assicurativo verrebbe ripartito equamente tra lo Stato, il sistema bancario e le aziende.

I vantaggi di questo sistema sarebbero molteplici:

Ridurre il rischio per le banche, incentivandole a concedere più credito.

Evitare distorsioni del mercato, grazie a un premio assicurativo proporzionale ai rischi.

Sostenere la crescita delle PMI, garantendo loro un accesso più stabile ai finanziamenti.

Hamaui sottolinea che lo Stato ha già ricoperto ruoli assicurativi in diversi contesti storici, citando esempi come Otto von Bismarck, John Maynard Keynes, William Beveridge e Franklin D. Roosevelt. Rilanciare una forma di assicurazione pubblica del credito potrebbe quindi essere una soluzione pragmatica per affrontare il fallimento del mercato e garantire la competitività del sistema produttivo italiano.



Un problema strutturale 


La contrazione del credito alle imprese in Italia è un problema strutturale che non può essere ignorato. Se il sistema bancario continua a ridurre i prestiti e il mercato finanziario non è in grado di offrire alternative, è necessario un intervento pubblico mirato.

L’idea di un’assicurazione pubblica per il credito potrebbe rappresentare una via sostenibile per incentivare i finanziamenti senza gravare eccessivamente sui conti pubblici. Un modello del genere permetterebbe di stabilizzare l’accesso al credito, sostenere le PMI e garantire un futuro più solido per il sistema economico italiano.



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