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“Ho deciso di collaborare con la Giustizia per rispettare le ultime volontà di mia madre, alla quale in punto di morte promisi che avrei cambiato vita; e anche per consentire ai miei figli di condurre una vita migliore, lontano dagli ambienti criminali. Ho fatto parte del clan Li Bergolis-Miucci in cui ricoprivo un ruolo di vertice, subito dopo Enzino Miucci. Vi entrai nel 2000 da minorenne; ne ho fatto parte sin quando ho deciso di collaborare con la Giustizia.
Il nostro gruppo era antagonista a quello degli ex Romito, con cui era in atto una guerra sin dal 2009. Sono a conoscenza di tutti i fatti di questa guerra per aver partecipato direttamente a tutte le fasi; sono stato quasi sempre presente quando sono state prese le decisioni più importanti”.
Sono le prime dichiarazioni rese alla Dda il 27 febbraio dall’ultimo pentito della mafia garganica, Matteo Pettinicchio, quarantenne di Monte Sant’Angelo, reo confesso d’essere il braccio destro del compaesano Enzino Miucci “u criatur’” al vertice del clan Li Bergolis-Miucci coinvolto nella guerra di mafia con i rivali del gruppo Romito, ora denominato Lombardi/Ricucci/La Torre.
Presto in aula – Le rivelazioni del garganico, detenuto dal 2019 e riarrestato l’ottobre scorso nel blitz “Mari e monti” contro il clan Li Bergolis contrassegnato da 39 arresti, sono state depositate ieri dai pm della Dda Ettore Cardinali e Luciana Silvestris a disposizione di imputati e difensori (che hanno quindi potuto prenderne visione) nella tranche del processo “Omnia nostra” in corso in Tribunale a Foggia a 24 persone accusate a vario titolo di mafia quali presunti affiliati al clan Lombardi/Ricucci/La Torre; tentato omicidio; estorsioni; armi; truffa; ricettazione; trasferimento fraudolento di valori. I pm hanno anticipato la richiesta di interrogare Pettinicchio su cui la corte si è riservata; l’udienza è proseguita con l’interrogatorio di testi della difesa che continueranno il 24 marzo.
“Ho mantenuto i rapporti con tutti gli altri sodali del mio clan anche quand’ero detenuto. Contatti” ha precisato Pettinicchio “sia epistolari sia tramite telefonini che avevo in carcere; questo almeno sino al 15 ottobre 2024 quando mi è stato applicato il regime carcerario del 41 bis. Il gruppo Romito era mafioso e si occupava di tutti i reati di interesse della criminalità organizzata: droga, usura, estorsioni, omicidi.
Conoscevo tutti gli appartenenti del clan avverso, soprattutto gli elementi apicali con cui ho avuto modo di parlare anche direttamente: il gruppo Romito aveva a disposizione armi con cui sono stati commessi anche numerosi omicidi; nonostante gli interventi attuati” (arresti, blitz, condanne, capi assassinati) “è tuttora operante. Il mio clan e quello dei Romito avevano influenza criminale su tutta la provincia”.
“Insieme a Miucci ero quello più informato sulle vicende dei nostri rivali; acquisivamo informazioni sia sulla guerra in atto sia per essere costantemente al corrente del loro coinvolgimento nelle attività criminali”. Parlando di alcuni rivali ha rivelato “l’intenzione di uccidere Danilo Della Malva” (pentito nel 2021) “del sottogruppo di Vieste alleato dei Romito; suggerii a Miucci di invitarlo a casa sua dove lo avremmo ammazzato; mi sarei occupato io di eliminare il cadavere, progetto poi non realizzato.
Mario Luciano Romito” (ucciso il 9 agosto 2017 nella strage con 4 morti firmata dai Li Bergolis) “era all’apice del clan insieme al fratello Franco prima che questo fosse ammazzato”, nell’aprile 2009. “Abbiamo provato diverse volte a uccidere Mario Luciano negli anni. Matteo Lombardi”, imo dei 24 imputati sotto processo in Omnia nostra, “era imo dei capi insieme a Pasquale Ricucci detto ‘tic secc’ che il nostro gruppo ha ucciso a Macchia nel novembre 2019; e Mario Luciano Romito. Lombardi ha commesso vari omicidi.
Ultimamente dopo che aveva ucciso Giuseppe Silvestri” (ritenuto vicino ai Li Bergolis e per questo assassinato il 21 marzo 2017 a Monte, Lombardi è stato condannato all’ergastolo) “avremmo voluto assassinarlo; se fosse stato libero avremmo ammazzato lui prima di Ricucci. Lombardi si è sempre occupato di droga, rapine ed estorsioni; sul territorio era uno dei più temuti, anche dalla brava gente. Operava anche nel Nord Italia; su Foggia aveva rapporti col clan Moretti e prima anche con i Trisciuoglio”.
gazzettacapitanata
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