Dazi e incubo recessione, a Wall Street un lunedì nero – Notizie

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La Casa Bianca ha minimizzato il crollo di Wall Street oggi sostenendo che c’è una differenza tra la Borsa e la situazione del business negli Stati Uniti. “Stiamo assistendo a una forte divergenza tra il mercato azionario e ciò che stiamo effettivamente vedendo svilupparsi nelle aziende. Quest’ultimo aspetto è ovviamente più significativo del primo per quanto riguarda l’economia a lungo termine”, ha dichiarato in una nota un funzionario dell’amministrazione. 

 

I timori di una guerra commerciale e la paura di una recessione americana fanno tremare le Borse. Le piazze finanziarie europee chiudono tutte in calo, con Milano che arretra dello 0,95% e Francoforte dell’1,69%. Wall Street chiude invece in profondo rosso, appesantita soprattutto dal crollo di Tesla che ha archiviato la seduta in calo di oltre il 15%. Ma a pesare ci sono anche le difficoltà delle altre aziende hi-tech, da Amazon ad Apple passando per Nvidia. 

 

Alla fine della giornata di contrattazioni il Dow Jones lascia sul terreno il 2,08%, mentre il Nasdaq perde il 4% bruciando mille miliardi di dollari. Pesante anche il Bitcoin, che scivola sotto gli 80.000 dollari ai minimi dallo scorso novembre, mentre il petrolio Wti chiude in calo dell’1,51% a 66,03 dollari al barile. Gli investitori guardano con crescente preoccupazione agli effetti delle politiche di Donald Trump sull’economia americana, temendo un rallentamento dell’economia se non addirittura una battuta d’arresto a causa dei dazi.

L’entrata in vigore delle tariffe cinesi su alcuni prodotti agricoli e alimentari americani e la minaccia dello stato canadese dell’Ontario di tagliare l’elettricità agli Stati Uniti – nel mirino ci sono i confinanti Stati di New York, Minnesota e Michigan – stanno alimentando il timore di una guerra commerciale a tutto campo e senza esclusione di colpi. Guerra con la quale anche l’economia americana è destinata a pagare un altissimo prezzo, a prescindere o meno dai tagli dei tassi di interesse da parte della Fed. Pur senza escludere la possibilità di una recessione quest’anno, il presidente americano ha parlato di un “periodo di transizione” e di assestamento per l’economia e ha invitato tutti a mantenere la calma perché – ha detto – “stiamo facendo delle grandi cose”.

Trump ha poi respinto al mittente gli appelli delle aziende per una maggiore chiarezza sui dazi: “Lo dicono sempre. Tutto è molto chiaro”, ha minimizzato. Il segretario al commercio Howard Lutnick ha cercato di correggere il tiro e di spazzare via ogni dubbio, chiarendo che “non ci sarà alcuna recessione”.

Le sue parole sono però cadute nel vuoto. A prevalere sono i timori che il quadro tratteggiato dalla Fed di Atlanta si materializzi, ovvero che il pil si contragga del 2,4% nel primo trimestre, in quella che sarebbe la performance peggiore dall’era del Covid. Secondo gli economisti le prospettive economiche americane si sono deteriorate. JPMorgan prevede un rischio di recessione nel 2025 al 40%, in rialzo rispetto al 30% di inizio anno. “Vediamo un rischio materiale che gli Stati Uniti scivolino in recessione quest’anno in seguito alle radicali politiche americane”, hanno detto gli economisti della banca.

Goldman Sachs ha rivisto al rialzo dal 15% al 20% le probabilità di recessione nei prossimi 12 mesi, mettendo in guardia che potrebbero ulteriormente aumentare se l’amministrazione Trump andrà avanti con le sue politiche anche di fronte a un peggioramento dei dati economici. In casa Morgan Stanley, le previsioni di crescita sono state riviste al ribasso e le aspettative di inflazione al rialzo, un mix pericoloso che lascia intravedere una possibile stagflazione. La mancata secca smentita di Trump di fronte all’ipotesi recessione (si è limitato a dire “detesto prevedere queste cose”) ha innervosito ancora di più Wall Street, facendo sprofondare i listini nella prima seduta dopo la loro peggiore settimana da settembre.

E così il Dow Jones ha chiuso in calo del 2,08% e lo S&P 500 del 2,7%, mentre il Nasdaq è affondato di oltre il 4%, perdendo oltre mille miliardi di dollari. L’ondata di vendite ha colpito soprattutto le banche e big tech. Citigroup, Morgan Stanley e Goldman Sachs perdono oltre il 4%. Fra le Magnifiche 7 Tesla guida i ribassi: il colosso delle auto elettriche perde oltre il 15% pagando a caro prezzo il crollo delle vendite in Cina e l’impegno politico di Elon Musk, ritenuto dagli investitori una distrazione dalla guida delle sue società.

Oltre alla difficoltà di Tesla, il miliardario si trova anche ad affrontare il “massiccio cyberattacco” nei confronti di X. “Siamo attaccati tutti i giorni, ma questo è fatto con molte risorse. Sono coinvolti o un gruppo grande e coordinato o un paese”, ha spiegato il first buddy di Trump. Il tonfo di Tesla trascina al ribasso le altre Magnifiche 7, con Apple, Meta, Alphabet, Nvidia e Amazon che perdono oltre il 5%, mentre Microsoft limita le perdite al 3,5%.

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