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Viviamo in un’epoca di fragilità diffusa, in cui le certezze si sgretolano e il futuro appare sempre più incerto. La crisi economica, il cambiamento climatico, le guerre e la pandemia hanno scavato un solco profondo nelle vite di milioni di persone, accentuando un senso di isolamento e precarietà che colpisce in particolare i giovani. Se fino a pochi decenni fa il percorso di crescita sembrava scandito da tappe relativamente sicure, oggi i ragazzi si trovano spesso a navigare in un mare in tempesta senza alcuna bussola.

Il lavoro precario e la generazione senza certezze

Uno dei principali problemi che affligge i giovani è il lavoro, o meglio, la sua precarietà. Secondo i dati ISTAT, il tasso di disoccupazione giovanile in Italia si aggira intorno al 22%, con punte ben più alte nel Sud del Paese. Il lavoro a tempo indeterminato è diventato un miraggio e la realtà è fatta di contratti a termine, lavori sottopagati e stage senza prospettive. Un esempio emblematico è quello di Lorenzo, 28 anni, laureato in ingegneria ma costretto a lavorare come rider per sopravvivere. “Mi dicevano che studiare mi avrebbe garantito un futuro, ma oggi mi ritrovo senza sicurezze, costretto a inseguire lavori occasionali pur di pagare l’affitto”, racconta con amarezza.

Questa condizione di instabilità lavorativa si traduce in un’incapacità di progettare il futuro: molti giovani rinunciano ad acquistare casa, a mettere su famiglia o semplicemente a immaginare un domani sereno. Le difficoltà economiche si intrecciano con un senso di smarrimento esistenziale, alimentando ansia e depressione.

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La solitudine e l’epidemia del disagio mentale

Oltre alla precarietà lavorativa, un altro dramma silenzioso è quello della solitudine. L’uso compulsivo dei social network, anziché avvicinare le persone, ha spesso amplificato il senso di alienazione. Il fenomeno degli hikikomori, giovani che si ritirano dalla società chiudendosi nelle proprie stanze per anni, è in costante aumento anche in Italia. Secondo il Ministero della Salute, si stimano almeno 100.000 casi, con un incremento post-pandemia che ha fatto emergere la fragilità psicologica di molti ragazzi.

Il disagio mentale tra i giovani ha raggiunto livelli allarmanti. La Fondazione Veronesi ha riportato che i disturbi d’ansia e depressione tra i ragazzi tra i 14 e i 24 anni sono aumentati del 30% negli ultimi cinque anni. Non si tratta solo di numeri: dietro queste cifre ci sono storie reali di sofferenza, come quella di Giulia, 19 anni, che ha tentato il suicidio dopo mesi di isolamento. “Mi sentivo un peso per la mia famiglia, inutile e senza un futuro. La pressione sociale era insopportabile”. Fortunatamente, grazie a un percorso terapeutico, Giulia sta ricostruendo la sua vita, ma non tutti riescono a chiedere aiuto in tempo.

Un altro caso che ha scosso profondamente l’opinione pubblica è quello di Francesco Occhiuto, figlio del senatore di Forza Italia Mario Occhiuto e nipote del presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto. Il giovane, 30 anni, è deceduto dopo essere precipitato dall’ottavo piano della sua abitazione a Cosenza. La tragedia, avvenuta nella notte tra il 21 e il 22 febbraio 2025, ha riacceso il dibattito sul disagio psicologico tra i giovani e sulla necessità di un maggiore supporto per chi soffre di depressione e ansia.

Crisi climatica e guerre: il peso del mondo sulle spalle dei giovani

Un altro elemento di forte disagio è il peso delle grandi crisi globali. La crisi climatica è una minaccia concreta, che spaventa soprattutto le nuove generazioni. Il movimento Fridays for Future ha portato alla luce la frustrazione di molti giovani, che si sentono traditi dalle generazioni precedenti. Secondo un sondaggio dell’Università di Bath, il 75% dei giovani tra i 16 e i 25 anni si dichiara “molto preoccupato” per il cambiamento climatico, e il 45% afferma che questa ansia influisce negativamente sulla propria vita quotidiana.

A questa crisi ambientale si aggiunge il dramma dei conflitti, come la guerra in Ucraina o quella in Medio Oriente, che evocano scenari di instabilità e paura. Il timore di un futuro segnato da guerre e crisi economiche getta un’ombra lunga sulle speranze dei giovani, rendendo ancora più difficile credere nel domani.

Come possiamo invertire la rotta?

La situazione attuale potrebbe sembrare senza via d’uscita, ma esistono segnali di speranza. Il primo passo è riconoscere la gravità del problema e investire seriamente in politiche per i giovani. Serve un cambio di prospettiva: il lavoro deve tornare a essere un diritto e non un lusso, il sostegno psicologico deve essere reso accessibile a tutti e la lotta alla crisi climatica deve diventare una priorità politica.

A livello individuale, la solidarietà e la costruzione di comunità possono essere strumenti potenti. Esperienze come il mutuo aiuto tra studenti, le cooperative giovanili o i centri di ascolto stanno emergendo come modelli alternativi per fronteggiare il disagio. Ma il messaggio più importante che dobbiamo trasmettere è che nessuno si salva da solo. Solo ricostruendo un tessuto sociale forte, basato sulla condivisione e sul supporto reciproco, possiamo restituire ai giovani la speranza in un futuro migliore.

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