Acque reflue urbane: le aziende pronte a impugnare la direttiva alle Corti europee

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La direttiva sul trattamento delle acque reflue pone sul piede di guerra l’industria del farmaco. La federazione europea delle associazioni delle industrie farmaceutiche (Efpia) ha, infatti, annunciato l’intenzione di contestare la direttiva davnati al tribunale generale dell’Ue.

L’obiettivo è ottenere maggiore chiarezza su come la decisione di includere solo due settori nella responsabilità del trattamento quaternario delle acque reflue urbane in Europa sia in linea con il principio “chi inquina paga” dell’Ue

La posizione di Efpia

“Riteniamo che la direttiva sia in contrasto con i principi fondamentali dei trattati dell’Ue: chi inquina paga, proporzionalità e non discriminazione”, si legge in una nota sul sito di Efpia.

A questo proposito l’Efpia, spiega il comunicato, sostiene il principio secondo cui “tutti i produttori responsabili dell’inquinamento dovrebbero essere ritenuti tali e sostenere i costi del danno da loro causato. La decisione arbitraria di ritenere responsabili solo le industrie farmaceutiche e cosmetiche per i costi del trattamento delle acque reflue urbane non è solo intrinsecamente ingiusta, ma mina anche l’ambizione del Green Deal e non riuscirà a incentivare altri settori a ridurre i microinquinanti nell’acqua. Nonostante le richieste, l’Efpia non è stata in grado di vedere i dati e la metodologia utilizzati dalla Commissione europea per giungere alla decisione”.

L’impegno nel ridurre l’impatto ambientale da parte dell’industria

“L’industria farmaceutica basata sulla ricerca  – ci tiene a sottolineare Efpia – ha un impegno incrollabile nel ridurre al minimo l’impatto dei prodotti farmaceutici sull’ambiente. L’Efpia e i suoi membri si impegnano a pagare la loro giusta quota dei costi del trattamento delle acque reflue urbane in base al volume di microinquinanti presenti nelle acque reflue e all’attuazione della direttiva in modo equo, prevedibile, proporzionato e non discriminatorio”, ha affermato il direttore generale dell’Efpia Nathalie Moll.

L’industria dei farmaci equivalenti sulla stessa linea

Sulla stessa linea anche l’industria dei farmaci equivalenti. Si tratta di misura abnorme e spropositata che rischia di scatenare uno tsunami di carenze di medicinali per le malattie croniche, principalmente fuori brevetto, con conseguenze molto serie per l’accesso dei pazienti alle cure e per la sostenibilità dei sistemi sanitari europei”.

L’associazione dei produttori europei di equivalenti, biosimilari e Vam, Medicines for Europe, bolla così la Direttiva 2024/3019 sul trattamento delle acque reflue urbane (Uwdt), in vigore dal 1° gennaio e in attesa di recepimento da parte degli Stati membri, appena impugnata davanti alla corte di Corte di giustizia Ue da dieci multinazionali del settore dei farmaci fuori brevetto (off patent).

A darne notizia è la stessa Medicines for Europe in un comunicato a sostegno dell’azione legale che mira a “evitare un onere di costi discriminatorio e sproporzionato e quindi a salvaguardare l’accesso dei pazienti ai medicinali essenziali”.

Cosa dice la norma

L’Uwwtd introduce un sistema di “responsabilità estesa del produttore” (Epr) sulla vendita di medicinali e cosmetici come forma di finanziamento degli investimenti necessari all’introduzione del trattamento quaternario delle acque reflue urbane, quello cioè che dovrebbe garantire l’eliminazione dello spettro più ampio possibile di sostanze residue nelle acque delle abitazioni e degli esercizi commerciali urbani.

Orientata a incoraggiare la pratica del riutilizzo delle acque reflue urbane trattate, in particolare nelle zone soggette a stress idrico, la Direttiva punta da un lato a ridurre più efficacemente l’inquinamento alla fonte, con particolare attenzione alle acque reflue industriali che recapitano nella rete fognaria servita da impianto di trattamento finale, mentre introduce dall’altro il trattamento quaternario per la rimozione delle sostanze residue, in particolare nel caso del riutilizzo destinato all’irrigazione agricola.

Il peso scaricato sui produttori

Nonostante il rispetto da parte dei siti di produzione delle severe leggi sulle emissioni, l’EPR introdotta dalla Direttiva punta a far sostenere almeno l’80% dei costi di adeguamento degli impianti al trattamento quaternario ai produttori di medicinali per uso umano e di cosmetici, perché, sostiene la Commissione, è dal consumo e dall’errato smaltimento dei relativi prodotti da parte di pazienti e clienti che deriva la gran parte dei residui presenti nelle acque reflue urbane attribuibili a questi settori. In realtà si sta ignorando che questi provengono da molteplici altre fonti industriali o agricole.

La questione dell’adeguamento dei prezzi

Il prezzo dei prodotti della cosmesi potrà essere adeguato a far fronte ai nuovi oneri; i produttori di medicinali equivalenti non avranno la possibilità di adeguare liberamente i prezzi per effettuare una compensazione e si ritroveranno con prodotti resi economicamente non sostenibili dalla nuova direttiva, considerando che le tariffe Epr saranno basate sul volume di medicinali dispensati ai pazienti in ogni stato membro. Risultato: il sistema Epr colpisce in modo sproporzionato i produttori di medicinali fuori brevetto, in particolare equivalenti e biosimilari spina dorsale dei sistemi sanitari Ue rappresentando il 70% dei medicinali dispensati e il 90% dei medicinali essenziali, ma solo il 19% della spesa farmaceutica.

Costi insostenibili

La Direttiva stima in 1,2 miliardi di euro l’anno il costo del trattamento delle acque, cifra che sarebbe invece drammaticamente sottostimata secondo le proiezioni basate su stime nazionali di Paesi come la Germania e secondo il raggruppamento europeo degli enti e delle imprese incaricate del trattamento delle acque a livello nazionale, che attesterebbero a una cifra oscillante tra i 5 e gli 11 miliardi di euro all’anno il costo reale dell’operazione.

Anche le cifre più basse fornite dalla Commissione europea per la Direttiva sarebbero comunque insostenibili secondo le proiezioni di Medicines for Europe: pur assorbendo solo il 19% del mercato a valori l’industria dei farmaci equivalenti e biosimilari si troverebbe a sostenere fino al 60% dei costi dello schema, con un impatto senza precedenti sulle forniture di medicinali utilizzati ogni giorno da milioni di pazienti in Europa.

Si rischia la scomparsa di alcuni farmaci

Si rischia che determinati medicinali, come ad esempio la metformina (diabete), l’amoxicillina (antibiotico) o il levetiracetam (epilessia) spariscano progressivamente dal mercato, privando i pazienti di cure essenziali e salvavita. Inoltre, l’obiettivo dichiarato del sistema Epr di incentivare lo sviluppo di farmaci più ecologici non tiene conto delle specificità del settore farmaceutico, in cui modificare la composizione dei prodotti è un processo estremamente complesso e spesso impraticabile senza compromettere l’efficacia terapeutica.

La mossa di Zentiva

Nel frattempo anche Zentiva ha presentato un Legal Case alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea contestando la Direttiva.

Steffen Saltofte, Ceo di Zentiva, ha commentato: “L’Europa ha bisogno di una legislazione che funzioni. Come azienda europea leader dedicata allo sviluppo, alla produzione e alla fornitura di medicinali di alta qualità a prezzi accessibili, consideriamo la Direttiva discriminatoria e sproporzionata. L’acqua pulita è essenziale per la nostra vita e per la produzione di medicinali. Sosteniamo il Green Deal e l’ambizione della Uwwtd, ma non possiamo accettare l’attuale piano di implementazione. Siamo al 100% impegnati a pagare la nostra giusta quota. Ma la Direttiva comporta una tassa aggiuntiva astronomica con un onere sproporzionato per l’industria dei generici. Non possiamo finanziarlo operando all’interno di un quadro altamente regolamentato.



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