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“Metto a letto i bambini e parliamo, ocché?”. Quando scatta la connessione “live” tra una mattina palermitana di fine inverno e un piovoso mercoledì australiano, a Sydney sono circa le 21. Dieci ore e dieci gradi di differenza, oltre 16 mila chilometri di distanza. Dario Cutrono, 36 anni, del quartiere Santa Maria di Gesù, vive in Australia dal 2014 e si sente, perché la cadenza palermitana ha fatto lentamente spazio a un accento tipicamente anglosassone. “Mai scelta è stata più azzeccata, sono felicissimo di essermi trasferito qui”, racconta a PalermoToday mentre è immerso in una serata ormai primaverile nel cuore pulsante del Nuovo Galles del Sud.
Coraggio, determinazione, dedizione. I mezzi attraverso cui Dario Cutrono ha raggiunto la felicità. Che si chiama Australia. Un salto nel buio, nella terra dei canguri. “Tutto è iniziato dieci anni e mezzo fa – dice l’emigrato palermitano -. Era l’ottobre del 2014. Durante un’uscita notturna con gli amici, un ragazzo mi disse che si stava per trasferire in Australia. E aggiunse: ‘Dario, devi venire anche tu’. Poco dopo un altro amico decise di intraprendere la stessa avventura. E io a quel punto pensai che questo fosse un segno del destino perché da tempo maturavo l’intenzione di cambiare Paese e affrontare un’esperienza all’estero. Avevo 24 anni e la vita a Palermo non era completa. La mia era un’esistenza agiata, con un buono stipendio, ma sentivo che mancava qualcosa”.
Poche industrie e donne lavoratrici, ma tanti negozi e disoccupati: la fotografia dell’economia a Palermo
“Non avevo neppure il passaporto, perché non ero mai stato fuori dall’Europa e nel giro di un mese riuscii a ottenerlo – continua -. Ricordo che il mio amico doveva atterrare a Melbourne. Quello stesso aereo però faceva prima uno scalo a Sydney e mi fermai là. Era il 29 ottobre. Dissi subito: ‘Wow!’. Un impatto incredibile, covavo grandi aspettative anche perché il mio amico che si era già trasferito mi mandava delle foto in continuazione. Da noi a Palermo eravamo in pieno autunno e in Australia era primavera. Il mio sogno era sempre stato di fare un Natale al caldo. Arrivato a Sydney vidi subito spiagge chilometriche, la città è infatti circondata dal mare. Insomma, mi sono subito immerso nella vita australiana”. E da là Cutrono in realtà non ne è più uscito.
Nonostante la città presenti uno dei più elevati costi della vita al mondo, Sydney è spesso classificata tra le dieci città con la più alta qualità della vita nel pianeta. “Dopo un periodo di adattamento e di lavoro in un’azienda di posa di marmi, ho potuto costruire una vita stabile, sposandomi e avviando un’attività di successo. Adesso ho una moglie, due figli e un’azienda che dà lavoro a sei dipendenti. La mia ditta si chiama il Siciliano Tiling & Stone Restoration, un chiaro omaggio alle mie origini”. Anche il fratello minore, Alberto, ha deciso di seguire le sue orme.
Dario Cutrono ripensa per un attimo agli anni palermitani. Un’adolescenza tranquilla nella sua città, qualche esperienza da calciatore come terzino sinistro fino alla Prima Categoria con il Cus, la squadra universitaria del capoluogo, un lavoro “tranquillo”, come rappresentante per la ditta del papà, che si occupava di materiale elettrico. Poi la svolta. “Ripeto: la scelta più bella della mia vita. Abito a Sydney da oltre 10 anni e ormai, come potrai sentire, ho assorbito l’accento aussie. Penso in inglese, mia moglie è australiana e in casa si parla solo inglese. Ho due figli: William, di tre anni e mezzo, e la piccola, Anastasia, di un anno. Non è facile, per chi è straniero, ottenere il visto permanente per stare in Australia. Sono riuscito ad avere questa possibilità grazie a mia moglie e ora ho passaporto e cittadinanza australiana. Posso votare anche per l’Italia, quando ci sono le elezioni mi arrivano le schede a casa. Anche i miei figli hanno la doppia cittadinanza. Ho un forte legame con la comunità italiana a Sydney e in Australia, i miei amici qua sono per la maggior parte connazionali. E questo è fondamentale perché aiuta a non isolarsi. Ci sono anche dei palermitani. Ci aiutiamo a vicenda sia a livello sociale che lavorativo. La comunità di soli palermitani non è tanto conosciuta qui. Venne fondata dai primi palermitani che si sono trasferiti qui, negli anni Cinquanta e Sessanta e purtroppo molti di loro non ci sono più”.
Una sfida costruita con coraggio e che alla fine ha dato i suoi frutti. “Vorrei lanciare un messaggio a tutti coloro che vivono a Palermo, penso soprattutto ai giovani che non riescono a trovare un lavoro o una realizzazione. So qual è la situazione nella mia città e magari qualcuno leggerà la mia storia e troverà il coraggio di prendere una decisione drastica. Qua in Australia c’è carenza di manodopera, il manovale è un mestiere super ricercato. Cercano persone che sappiano lavorare soprattutto nell’ambito delle costruzioni. Questo è un paese giovane e in via di sviluppo, basti pensare che l’Australia è una nazione grande più o meno quanto l’Europa ma con una popolazione di 25 milioni di abitanti, quanto cioè il solo Sud dell’Italia. Nel 2032 verranno ospitate anche le Olimpiadi, insomma c’è tanto lavoro. E io stesso, con la mia azienda, faccio fatica a trovare gente che sappia lavorare. In Australia non funziona come in Italia che un’azienda che si occupa di costruzioni fa tutto: ogni ditta ha il suo settore specifico e la sua licenza, altrimenti non puoi lavorare. Noi ci occupiamo della posa dei marmi e della levigatura. Lo stipendio qua è ottimo – precisa – un manovale mediamente guadagna dai 250 ai 300 dollari australiani al giorno (il corrispettivo di circa 200 euro). E poi si vive bene: c’è grande attenzione per il settore sociale”.
Infine un consiglio ai giovani palermitani che non si sentono appagati. “Sono felicissimo – prosegue Cutrono – perchè ho avuto la possibilità di costruire una bellissima famiglia, forse a Palermo non ce l’avrei fatta. Il consiglio che posso dare ai miei giovani concittadini che non riescono a trovare lavoro è quello di provare a fare questo salto e non avere paura. L’Australia è un Paese multiculturale, senza che te ne accorgi parli con gente di tutto il mondo. Io fino a dieci anni fa ero il classico palermitano che non ero mai realmente uscito dalla realtà in cui ero immerso. Senza contare che qui è pieno di ristoranti e bar che propongono cucina siciliana ma sono gestiti da cinesi, con nomi inequivocabili come ‘Etna’ e ‘Filicudi’. Insomma, credo che il settore della ristorazione sia un altro che forse abbia bisogno di siciliani. Se c’è qualcosa che mi manca? U pani ca meusa. A parte lo scherzo, mi manca chiaramente la famiglia. Tra qualche giorno mio papà farà un anno che è venuto a mancare, mia mamma e mio fratello maggiore vivono a Palermo. Poi considera – conclude Cutrono – che Sydney è una città di sette milioni di abitanti e i rapporti sociali non sono facili da alimentare. Abitiamo tutti molto distanti tra noi ed è difficile vedersi anche al bar. E dire anche un semplice: ‘Compà ci vediamo per prendere un caffè insieme'”.
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