Un altro processo a Bertulazzi: la promessa impossibile dell’Italia

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È in virtù di una promessa che il Tribunale nazionale penale di Buenos Aires ha detto sì all’estradizione in Italia di Leonardo Bertulazzi, il 73enne ex militante irregolare delle Brigate rosse, rifugiato politico in Argentina da un quarto di secolo e che l’Italia adesso rivuole indietro per fargli scontare una condanna a 27 anni. Questo si apprende dalle 92 pagine di motivazioni depositate venerdì sulla decisione presa la settimana scorsa (e contro la quale verrà presentato un ricorso alla Corte suprema de justicia de la nación, il massimo tribunale argentino). Così apprendiamo che, il 9 settembre del 2024, il procuratore generale della Corte d’appello di Genova ha fatto sapere che non si opporrà a un’eventuale richiesta di revisione dei processi, che si sono svolti in contumacia alla metà degli anni ’80, e che hanno visto Bertulazzi rimediare 15 anni di pena per il sequestro di Pietro Costa del 1977 e 19 anni per reati associativi, poi riformulati in un totale di 27 anni dalla Cassazione per via della continuazione.

IL PROBLEMA è che, anche se il pg andrà in aula a dire che non ha nulla in contrario alla revisione del processo, la decisione finale spetta ai giudici e la giurisprudenza in materia è estremamente rigorosa. Servirebbero, ad esempio, nuove prove rispetto al passato ma non risulta ve ne siano (al massimo si tratta di differenti valutazioni su elementi già emersi) e, anche se il processo a Bertulazzi era stato fatto con il vecchio rito inquisitorio, in vigore fino al 1989, difficilmente si arriverà a un parere positivo alla richiesta di impugnazione. In buona sostanza, per l’ex Br, la prospettiva più concreta resta quella di dover tornare in Italia a scontare la sua pena. Restano però ancora da valutare gli ultimi due ricorsi: oltre a quello contro l’estradizione, infatti, ce n’è un altro contro la revoca dello status di rifugiato politico, come deciso dalle autorità di Buenos Aires lo scorso agosto, quando Bertulazzi venne arrestato e poi mandato ai domiciliari tre settimane dopo. La questione è complicata: a ottobre il presidente Javier Milei ha emanato una legge che prevede il diniego dello status di rifugiato per chi ha commesso atti di terrorismo. La difesa del 73enne italiano, però, ritiene che in questo caso la norma non sia applicabile perché il ricorso al Conare, la Commissione nazionale per i rifugiati, era stato presentato prima della sua entrata in vigore.

LA PARTITA è dunque molto tecnica e si gioca sul filo dei cavilli, anche se è impossibile non notare lo sfondo politico della vicenda. L’Italia rivuole indietro Bertulazzi, mai condannato per fatti di sangue, con l’obiettivo pressoché dichiarato di esibirlo a mo’ di trofeo: era già successo nel 2019, quando c’era il governo gialloverde, con Cesare Battisti, accolto a Fiumicinio da una selva di telecamere e dagli allora ministri Bonafede e Salvini (quest’ultimo addirittura vestito da poliziotto). E ci si è provato anche in seguito, ai tempi di Mario Draghi, nel 2022, con l’operazione Ombre rosse, ovvero la richiesta, infine negata dalla Corte d’appello di Parigi, di riportare in Italia nove militanti dei vecchi gruppi armati di sinistra e Giorgio Pietrostefani di Lotta Continua. Milei, dal canto suo, ha tutto l’interesse a porre l’accento sulle lotte del passato perché ha tra i suoi obiettivi quello di regolare i conti con i Montoneros, l’organizzazione peronista che negli anni ’70 si rese responsabile di attacchi e attentati contro le giunte militari argentine.

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Il viaggio di Nordio

ALL’INIZIO di questa settimana, il ministro della Giustizia Carlo Nordio era stato proprio in Argentina. Tra i vari temi trattati con il suo omologo Mariano Cuneo c’era anche la revisione della Convenzione italoargentina per l’assistenza giudiziaria in materia penale e di estradizione.

«Questo caso mi riporta al mio ingresso in magistratura. Ho indagato sulla colonna veneta delle Br tra il 1980 e il 1982, ascolto questi nomi con una certa emozione». Così, lunedì scorso durante il suo viaggio a Buenos Aires, ha risposto Nordio alla richiesta di commentare il caso Bertulazzi. «Siamo grati al governo argentino perché ha dimostrato grande sensibilità», ha poi concluso.



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