Sul caso Paragon indaga la procura di Roma, aperta un’inchiesta per intercettazioni abusive

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Sul caso Paragon, in cui sono stati spiati il direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato e numerosi attivisti, la procura di Roma ha aperto un’inchiesta. È la quarta a farlo, dopo Napoli, Bologna e Palermo. L’ipotesi di reato è di intercettazioni abusive, e il fascicolo è contro ignoti.

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Anche la procura di Roma vuole vederci più chiaro sul caso Paragon, la vicenda in cui sono stati spiati con l’utilizzo del software Graphite (prodotto dall’azienda Paragon) numerosi attivisti, il fondatore di Mediterranea Saving Humas Luca Casarini, il cappellano della Ong don Mattia Ferrari e anche il direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato. Il caso è già finito al centro di numerosi esposti da parte delle persone coinvolte. In questo caso, è stata l’azione della Federazione nazionale della stampa a far aprire il fascicolo per intercettazioni abusive.

Finora hanno aperto indagini anche le procure di Napoli, Bologna e Palermo. Gli inquirenti lavoreranno, anche tramite accertamenti tecnici della Polizia postale, per cercare di ricostruire chi abbia effettuato lo spionaggio, chi l’abbia autorizzato, e con quali motivazioni. Al momento, il fascicolo è a carico di ignoti. E non potrebbe essere altrimenti, in un caso che finora ha sollevato moltissime domande e ha avuto pochissime risposte da parte della autorità competenti.

Solo ieri, il governo Meloni ha fatto sapere che non intende rispondere a una nuova interrogazione parlamentare presentata da Alleanza Verdi-Sinistra. L’esecutivo non ha dato alcun motivo ufficiale per questo rifiuto.

Finora il governo ha sottinteso che la vicenda sia coperta da segreto di Stato, ma l’interrogazione riguardava proprio questo aspetto: Avs voleva sapere semplicemente quale sia il livello di segreto imposto, e quale amministrazione abbia firmato l’atto che ufficialmente copre la questione con il segreto di Stato. Anche su questo, però, il governo si è rifiutato di dare risposte.

Fino a questo momento è stato possibile solo identificare chi non sarebbe responsabile, stando alle dichiarazioni ufficiali. Il governo Meloni ha più volte scagionato i servizi segreti, dicendo che non hanno spiato giornalisti o altri soggetti tutelati dalla legge. E ciascuna delle forze di polizia, in modo più o meno pubblico, ha smentito di avere in utilizzo il software di Paragon. L’ultima è stata la Polizia penitenziaria, di cui il ministro Nordio in Aula ha detto: “Nessuna persona è stata mai intercettata da strutture finanziate dal ministero della Giustizia nel 2024”.

Nei giorni in cui il caso Paragon era emerso, la stampa internazionale (nello specifico il britannico Guardian e l’israeliano Haaretz) avevano riportato diverse informazioni sui rapporti tra l’azienda e l’Italia. In particolare, che ci sarebbero stati due contratti in vigore: uno con i servizi segreti, e uno con una forza di polizia. In più, che a seguito dello scandalo Paragon avrebbe cessato i contratti in essere per una violazione del codice etico. Il governo aveva smentito, per poi annunciare meno di due giorni dopo che il contratto con Paragon era stato sospeso.

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Mercoledì, a Repubblica, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha dato una nuova interpretazione: “Le intercettazioni devono sempre ritenersi legittime in quanto sempre disposte o autorizzate dall’autorità giudiziaria nell’ambito di procedimenti che per loro natura sono coperti da riservatezza giudiziaria. Ecco perché faccio fatica a comprendere una polemica che si fonda sulla presunzione che si tratti di iniziative illegali“, ha detto. Suggerendo che le intercettazioni stessero avvenendo per indagini legittime della magistratura. Ma non ricordando che, per quanto riguarda i giornalisti, questi possono essere intercettati solo quando si sospetta che siano in atto reati gravissimi, come il terrorismo internazionale.

Tutte le ipotesi restano aperte. Anche quella che a effettuare lo spionaggio sia stata un’agenzia esterna, utilizzando illegalmente il software (che viene venduto solo a governi e enti pubblici). Resta da vedere se le indagini delle procure riusciranno a fare chiarezza.





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