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Con il superamento del Decreto Dignità approvato dalla Commissione alla Cultura del Senato, il governo vuole accelerare per la riforma del calcio italiano, considerato il suo alto peso economico e sociale. Ma le misure in programma sono tutt’altro che finite per un lavoro dell’esecutivo che è in realtà appena iniziato.

Nonostante le polemiche della minoranza sul contrasto alla pirateria che verrebbe a mancare senza Decreto Dignità, il governo ha le idee chiare. E le esprime il senatore di Fratelli d’Italia, Paolo Marcheschi: «Il Decreto non combatte la ludopatia – ha esordito a La Gazzetta dello Sport –. Anche noi eravamo favorevoli al divieto di pubblicità, ma non prendere atto che quel Decreto non ha funzionato, e sono i numeri a dirlo, come quelli evidenziati nella commissione d’inchiesta attivata in Senato nel 2022, vuol dire girarsi dall’altra parte».

«Invitare il Governo a rivederlo è un’occasione per metterci mano con altre modalità – prosegue il senatore di FdI –. Noi crediamo che togliendo questo divieto, inefficiente o peggio controproducente, si apra una nuova stagione per rivedere complessivamente la normativa per arginare davvero la piaga della ludopatia. Io sono disponibile, qualora le opposizioni avessero realmente la volontà di affrontare seriamente il problema, a condividere i dati e le informazioni che abbiamo raccolto nell’ultimo anno di lavoro per proporre un’iniziativa parlamentare. Nessuno ha mai pensato di spazzare via una norma del genere senza sostituirla: servono una campagna di sensibilizzazione massiccia e un intervento legislativo importante. Anche perché noi abbiamo parlato solo di scommesse sportive, ma ci sono pure i ragazzini che perdono soldi con il poker online e i pensionati che si rovinano con i Gratta e Vinci».

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Le ragioni del fallimento del Decreto Dignità: «Il divieto di sponsorizzazione ha di fatto confuso i giocatori su quali siano i concessionari ufficiali che propongono scommesse legali e quali no. Ci sono tantissimi siti illegali dietro a cui, peraltro, si nasconde la criminalità organizzata e questa mancanza di chiarezza, in gran parte dovuta all’assenza di pubblicità, non ha aiutato, soprattutto dopo l’impennata del gioco online che si è registrata durante e dopo il Covid e che ha visto anche una crescita spaventosa di utenti minorenni: i dati dimostrano che il mercato del betting illegale è cresciuto e questo va ovviamente anche a danno dello Stato che sulle concessioni alle agenzie regolarmente registrate riceve parecchi soldi. Non mettere le scritte sulle maglie o sui banner a bordocampo è come fermare il vento con le mani. Anche perché prima, durante e dopo le partite siamo travolti da suggerimenti di scommesse, con tanto di quote che cambiano per fare le puntate in diretta».

Mancanza di sponsor che ha portato via dalle casse dei club circa 100 milioni di euro a stagione: «In Commissione, durante i mesi di audizioni con tutti gli addetti ai lavori, è emerso più volte come questo provvedimento abbia svantaggiato il nostro campionato rispetto a quelli stranieri, dove le sponsorizzazioni del betting sono lecite e danno entrate importanti. Si è creato uno squilibrio dannoso a un settore centrale per il nostro Paese, che ha un impatto sul Pil superiore agli 11 miliardi l’anno, a causa di una legge che purtroppo, e sottolineo purtroppo perché tutti vorremmo aver già risolto il dramma della ludopatia, non ha portato a nulla».

«Restando alle scommesse – prosegue Marcheschi –, abbiamo chiesto al Governo di valutare che almeno 1% dei ricavi dell’agenzie di betting, a cui evidentemente nessuno è asservito, vada agli organizzatori degli eventi su cui si scommette. Quando il Totocalcio funzionava, una parte dei soldi raccolti andava tramite il CONI al calcio e nessuno diceva nulla: in pratica stiamo restituendo al settore qualcosa che già aveva. Insomma sono misure che trovano risorse aggiuntive, dalle società di calcio e dai concessionari di scommesse sportive, per il contrasto alle scommesse illegali e alla ludopatia. L’oggetto dell’atto era il calcio, ma noi parliamo genericamente di modifica dell’articolo sul divieto di sponsorizzazione, poi sarà il Governo, in base agli approfondimenti necessari, a valutare come declinarlo dal punto di vista normativo».

Fra i punti della riforma del calcio italiano c’è senza dubbio quello legato agli stadi: «È vero, ma anche qui va fatta chiarezza. In molti pensano che le nostre indicazioni vogliano risolvere solo i problemi delle grandi squadre, magari in vista di EURO 2032. In realtà, visto che il 93% degli impianti sono di proprietà pubblica, abbiamo pensato a concessioni che possano favorire anche interventi di miglioramento sui campi “minori”, quelli dei dilettanti così come quelli dove giocano i nostri figli. Perché il valore sociale e culturale di questo sport è alla base del nostro atto ancor più del suo enorme potenziale economico. Quello che abbiamo suggerito è una task force nazionale, con una cabina di regia che sostenga dal punto di vista finanziario – anche grazie a sgravi fiscali come il tax credit – chi investe sulle infrastrutture e alleggerisca i vincoli burocratici che troppo spesso rallentano ogni iniziativa, anche di chi vuole mettere a disposizione capitali privati. I ministri Abodi e Salvini in questo senso stanno già agendo e stando alle nostre audizioni anche l’Istituto per il Credito Sportivo e Culturale e Sport e Salute sono pronti a fare la loro parte».

Proprio sul discorso stadi, il ministro per lo Sport, Andrea Abodi, prevede l’imminente nomina di un commissario straordinario con i sindaci come subcommissari, e la creazione di un fondo equity che investirà nei progetti-stadio, completando la configurazione di un portafoglio di opportunità, per contribuire a far fare finalmente un salto di qualità agli stadi della Serie A e delle altre leghe. L’idea è anche quella di riconoscere agli impianti lo status di “infrastrutture strategiche nazionali”.

Calcio femminile e settori giovanili: «Per quanto riguarda le nostre calciatrici, tutti ci hanno detto che ci sono grandi margini di miglioramento: sono dunque una nuova risorsa su cui puntare. Ci sono club che ancora fanno un po’ di resistenza, noi vogliamo incentivarli attraverso possibili defiscalizzazioni e rendere più conveniente investire nel calcio femminile, ma anche nei vivai che sono la fonte diretta di talenti per la nostra Nazionale».

Infine, suggerimenti pratici per la FIGC, che ha appena visto la rielezione di Gabriele Gravina: «Da quel che abbiamo raccolto ci sembra necessario andare verso l’autonomia della giustizia sportiva e l’indipendenza degli arbitri, cose richieste da più voci. Come detto qui è la Federazione a dover agire nella sua autonomia, però riteniamo che un cambiamento sia più che opportuno. Tornando agli interventi politici, occorre rivedere la Legge Melandri, mantenendo il principio di mutualità e gratificando maggiormente chi fa giocare i giovani in prima squadra e chi porta bilanci in regola. A proposito, chiediamo anche una maggiore severità nei controlli per le licenze nazionali e in quelli sulle partecipazioni societarie, per evitare che accadano cose come quelle che stiamo vedendo in Serie C. E poi sanzioni più pesanti per combattere la pirateria, che toglie altri soldi al pallone. Insomma, noi abbiamo raccolto il grido di allarme del calcio, un settore che non possiamo permetterci di veder crollare. Adesso, forte anche del trasversale appoggio parlamentare, tocca al Governo mettere tutto nero su bianco. Noi controlleremo tra circa un anno l’andamento, sperando di vedere già i primi segnali».



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