Le novità normative sulla vendita di prodotti derivati dalla Cannabis in Italia

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La normativa italiana sulla vendita di prodotti derivati dalla cannabis è in costante evoluzione, con aggiornamenti volti a regolamentare il settore in modo più chiaro e rigoroso

Le recenti disposizioni hanno introdotto modifiche significative che interessano sia la cannabis a uso medico sia i prodotti destinati ad altri utilizzi, con particolare attenzione alla gestione del cannabidiolo (CBD) e alla classificazione di alcune sostanze.

Uno dei punti più dibattuti riguarda la distinzione tra cannabis terapeutica e cannabis light, con norme che mirano a evitare ambiguità interpretative e a garantire un maggiore controllo sulla distribuzione. L’adeguamento delle leggi ha avuto un impatto diretto sulle attività commerciali e sulle aziende del settore, che devono rispettare nuove regole per operare nel rispetto della legalità.

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Analizziamo le più recenti novità legislative e le loro implicazioni per produttori, rivenditori, siti di e-commerce online di semi-marijuana, come FastBuds, e altri operatori del settore, e consumatori, evidenziando i punti chiave delle nuove regolamentazioni e le prospettive future del settore in Italia.

La regolamentazione dei prodotti derivati dalla cannabis

L’Ufficio Centrale Stupefacenti della Direzione generale dispositivi medici e del servizio farmaceutico ha dato attuazione agli articoli 27, 28 e 29 del DPR 9 ottobre 1990, n. 309, noto come Testo unico sulle sostanze stupefacenti. Questo intervento normativo ha portato al rilascio delle prime autorizzazioni alla coltivazione di Cannabis Sativa L. da sementi certificate, appartenenti a varietà consentite dalla normativa europea.

L’iniziativa segna un passo importante nella regolamentazione della coltivazione legale della cannabis, stabilendo criteri precisi per la produzione e garantendo che le attività autorizzate rispettino gli standard di legge. Ciò si inserisce in un quadro normativo più ampio che punta a regolamentare in modo chiaro la filiera della cannabis, distinguendo tra coltivazione a uso industriale, terapeutico e commerciale.

Oltre alla coltivazione, l’Ufficio Centrale Stupefacenti ha il compito di rilasciare, ai sensi dell’art. 32 del DPR 309/1990, le autorizzazioni alla fabbricazione di estratti di cannabis contenenti cannabinoidi destinati alla produzione di sostanze farmacologicamente attive (Active Pharmaceutical Ingredients – A.P.I.). Tali autorizzazioni vengono concesse esclusivamente alle officine farmaceutiche riconosciute dall’AIFA, le quali sono abilitate alla produzione di API per l’impiego nei medicinali.

Queste disposizioni hanno un impatto significativo sul settore, regolamentando con maggiore precisione la produzione di derivati della cannabis destinati a fini terapeutici e garantendo un maggiore controllo sulla qualità e sulla sicurezza dei prodotti immessi sul mercato.

Il DDl Sicurezza e il ruolo della cannabis light

Il DDL Sicurezza, che definisce le linee guida in merito alla cannabis light, attualmente in discussione al Senato per la sua conversione in legge, è stato oggetto di un’interrogazione (il 14 agosto 2024) da parte del Parlamento Europeo.

In particolare, a suscitare dubbi sulla compatibilità con la normativa UE è l’emendamento 13.06 che “prevede una forte restrizione all’uso della cannabis light, equiparandola a quella non light e mettendo così a rischio la sopravvivenza di un intero comparto. Allo stesso modo, il Decreto 27 Giugno 2024 (GU Serie Generale n. 157 del 06-07-2024), classificando il CBD tra le sostanze stupefacenti in Tabella B, ne ostacola la libera vendita nel mercato comunitario”. Si tratta di misure che, secondo l’interrogazione UE, “sollevano, dunque, problemi di compatibilità con la normativa UE, nonché con la giurisprudenza CGUE (C-663/18), che vieta di impedire la vendita di CBD legale senza evidenze di rischio per la salute pubblica”.

I chiarimenti forniti dal Dipartimento delle Politiche antidroga della presidenza del Consiglio dei Ministri, invece, sostengono che il Ddl Sicurezza non introduce alcun divieto o restrizione sulla coltivazione della Cannabis Sativa L., né incide sulla filiera agroindustriale della canapa. La produzione di questa pianta resta regolamentata dalla legge n. 242/2016, che ne consente la coltivazione per scopi industriali, senza configurare alcuna violazione delle normative vigenti. Per il dipartimento, il provvedimento è coerente con la normativa europea, rispetta la Direttiva 2002/53/CE del Consiglio del 13 giugno 2002, garantendo che l’Italia non crei contrasti giuridici con altri Paesi UE. Inoltre, il testo normativo è in linea con la Convenzione Unica sugli Stupefacenti di New York del 1961, che classifica la pianta della cannabis e la resina di cannabis tra le sostanze stupefacenti (tabella I), ma consente l’utilizzo delle parti non psicoattive, come semi e fusti, per impieghi industriali.

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Ciò significa che la normativa italiana continua a tutelare la coltivazione della canapa a basso contenuto di THC, permettendo la produzione di materiali derivati come tessuti, bioplastiche, alimenti a base di semi di canapa e altri prodotti industriali. Nonostante l’inasprimento dei controlli sulla vendita di alcuni derivati della cannabis, il settore agricolo e manifatturiero della canapa non subisce restrizioni aggiuntive e può continuare a operare nel rispetto delle disposizioni europee e nazionali.

Le nuove disposizioni, dunque, per il Governo, chiariscono il quadro normativo senza alterare le regole esistenti sulla produzione di cannabis light, rafforzando invece i controlli per garantire che la filiera si mantenga conforme agli standard di sicurezza e legalità.

Implicazioni per gli operatori del settore e prospettive future

Le recenti modifiche normative, ad ogni modo, impongono agli operatori del settore cannabis di adattarsi a un quadro regolatorio più preciso, con particolare attenzione ai requisiti per la produzione, trasformazione e vendita dei derivati della Cannabis Sativa L.. L’inasprimento dei controlli e l’adeguamento alle nuove disposizioni richiedono un maggiore impegno nella gestione della tracciabilità dei prodotti, nella documentazione obbligatoria e nelle modalità di commercializzazione consentite.

Un aspetto cruciale riguarda le autorizzazioni necessarie per la produzione di estratti di cannabis, specialmente per le sostanze destinate all’uso farmaceutico. Le officine farmaceutiche autorizzate dall’AIFA alla produzione di Active Pharmaceutical Ingredients (A.P.I.) devono garantire il rispetto di rigidi protocolli per ottenere e mantenere l’autorizzazione alla fabbricazione di cannabinoidi per scopi terapeutici. Questo implica investimenti in certificazioni di qualità, sicurezza e conformità alle normative sanitarie.

Dal punto di vista commerciale, i rivenditori di cannabis light devono adeguarsi alle nuove regole sull’etichettatura, sulla pubblicità e sulle modalità di vendita, evitando qualsiasi comunicazione che possa generare ambiguità sulla destinazione d’uso dei prodotti. La distinzione tra prodotti a uso industriale, cosmetico o farmaceutico diventa sempre più marcata, con conseguenze dirette sulla gestione delle attività di distribuzione e promozione.

Guardando al futuro, il settore della cannabis in Italia potrebbe subire ulteriori evoluzioni, influenzate sia dalle decisioni delle istituzioni nazionali sia dal contesto normativo europeo. Il confronto tra imprese, associazioni di categoria e autorità regolatorie sarà determinante per garantire un equilibrio tra tutela della salute pubblica, sviluppo economico e rispetto delle normative internazionali.

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