Inter parte civile nel processo agli ultrà alleati con la ‘ndrangheta, nonostante i rapporti di Zanetti con Beretta. E Giletti annuncia “una bomba”

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“Qui pranzo per Zanetti. Andava spesso lei al ristorante. “Sì, per lo sconto, poi parlavamo anche di calcio, ci dava una mano per la tifoseria”. “In che senso?”, “Per darci degli aiuti per far entrare degli striscioni”. “E Zanetti come poteva aiutare?” “Parlava con Marotta quella gente là”. “Faceva da intermediario?”. “Sì, ci dava una mano”. Il dialogo che avete letto è tratto dal verbale di interrogatorio di Andrea Beretta con il pm milanese Paolo Storari avvenuto il 18 febbraio scorso. Beretta è collaboratore di giustizia, colui che ha assassinato Antonio Bellocco ‘ndranghetista di rango. Javier Zanetti è il vicepresidente dell’Inter, Beppe Marotta l’amministratore delegato del club nerazzurro. L’altro giorno si è aperto con rito abbreviato a Milano il procedimento che vede imputati 16 caporioni delle curve di Inter e Milan accusati di aver trasformato San Siro in una suburra della ‘ndrangheta metropolitana. Apprendiamo che in detta udienza il magistrato ha accolto come parti civili la Lega serie A, il Milan e l’Inter. Quindi il giudice ritiene parte lesa l’Inter in questo procedimento. Tutto difficilmente comprensibile al cittadino. Dai verbali di Beretta si legge anche altro. Ovvero del giocatore Lukaku, tesserato Inter che regalò un orologio al capo ultrà per celebrare lo scudetto; che il già citato Zanetti, notoriamente persona prodiga al sociale, abbia spesso donato materiale ufficiale dell’Accademia Inter per introiti della curva. Beretta contraccambiava con murales celebrativi sulle pareti di Milano. Il giudice ha quindi ritenuto che l’Inter attraverso delle figure apicali fosse inconsapevole di intrattenere rapporti molto stretti con persone quanto meno poco raccomandabili.

Eppure esiste una norma federale che vieta ai tesserati dei club, tranne un delegato indicato, di avere rapporti diretti con la tifoseria organizzata. Norma che considero liberticida ed eccesiva, ma che osservo stilata forse per non essere mai considerata, come si usa spesso in Italia. Contraddizioni che pesano sul processo che ricordiamo contempla reati molto gravi. La vicenda fa il paio con le dichiarazioni di Nicola Gratteri dell’ottobre scorso quando il procuratore di Napoli con sicura memoria ha ricordato che nel suo lavoro in Calabria, “tanti anni fa” inviò alla procura di Milano delle intercettazioni in cui si parlava del fatto che la ‘ndrangheta controllava San Siro dentro e fuori con diversi commerci. Evidentemente non si ritenne di dover indagare. Intanto Massimo Giletti, tra i giornalisti più attenti alla vicenda, giovedì ad una radio napoletana ha detto: “In questo momento ho in mano una cosa molto delicata che riguarda l’Inter e che devo riuscire a finalizzare, ma ci sono vicino. Quando la manderò in onda farà molto discutere perché si tratta di frequentazioni all’interno dell’ambiente dell’Inter di un sistema che non appartiene al calcio, molto opaco nell’ambito dell’inchieste sulle curve”. Vedremo. Per il momento, l’Inter è parte civile nel processo agli ultrà organici alle ‘ndrine. Si apre il prossimo 14 marzo un altro procedimento per ‘ndrangheta al Nord del quale si scrive niente, fatta eccezione per i giornali locali del Piemonte.

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ndrina Brandizzo Pasqua

Udienza preliminare per i legami tra cosche calabresi, imprenditoria e politica a Brandizzo, paesone posto a 20 chilometri da Torino. Qui vi opera la famiglia Pasqua, emanazione dei Pelle e Nirta di San Luca che qui avrebbe impiantato una locale per controllare movimenti terra e appalti di tutto il circondario. Indagati eccellenti a partire di Roberto Fantini, patron della Sitalfa, società che si occupa della manutenzione dell’autostrada Torino-Bardonecchia e nominato prima dell’inchiesta manager pubblico dell’Osservatorio della Legalità per gli appalti. L’amministratore delegato è ora accusato di concorso esterno. Altro imputato eccellente, Salvatore Gallo, 84 anni, indicato come “esponente del Pd”, vecchia figura di craxiano locale passato sotto le insegne Dem creando l’associazione “IdeaTo”, non è imputato per reati mafiosi ma deve rispondere soltanto di corruzione elettorale. Gallo è stato colpito da un’interdittiva che gli vieta di esercitare pubblici uffici e di dirigere associazioni e imprese. Un figlio di Gallo, Raffaele, è attualmente consigliere regionale del Pd, mentre Stefano è stato assessore allo Sport della giunta Fassino a Torino. Nell’inchiesta Gallo risponde di aver raccolto nelle amministrative del 2021 voti per due candidate a Torino, a lui vicine in cambio di una visita specialistica e un intervento chirurgico. Per la cronaca le due consigliere sono state elette ma non sono indagate. Sia concessa una piccola morale. A Brandizzo a breve si vota e in quel comune come in quello di Torino, come è giusto che sia, nessuno ha pensato di sciogliere consigli comunali regolarmente eletti. Se responsabilità penali ci saranno, risulteranno solo personali. A San Luca invece il municipio è sciolto perché in Calabria la legislazione d’emergenza cammina con altre velocità e altri metri di giudizio.

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incendio_auto_serra san bruno

Nella notte tra il 2 e il 3 marzo è stato incendiato il fuoristrada del parroco di Santo Stefano d’Aspromonte, don Vincenzo Attisano. Due notti dopo, a diversi chilometri di distanza, a Serra San Bruno, veniva data alla fiamme nel cortile di casa, l’automobile del primo cittadino Alfredo Barillari che governa il municipio da 4 anni. Nelle stesse ore nella zona industriale di Lamezia Terme è andato in fiamme un camion della Bnt, azienda impiegata nella raccolta dei rifiuti. Per i tre incendi la litania mediatica è stata quella rituale del “nessuna pista viene esclusa”. Negli attentati al parroco e al sindaco il corollario di rito è stato il profluvio di giuste solidarietà di ogni ordine e grado. Il parroco cristianamente ha perdonato gli esecutori del gesto, il sindaco con indovinata figura retorica si è avvolto nel tricolore della nostra bandiera. Nulla sul contesto, niente di niente sul movente. Men che meno sul cassonato dei rifiuti. Episodio che ha richiamato alla mia memoria l’omicidio di due netturbini di Lamezia Terme, Francesco Tramonte e Pasquale Cristiano, uccisi nel maggio 1991, dell’assassino dei quali, a distanza di trent’anni non conosciamo movente e tantomeno responsabili. Figurarsi se riusciamo a comprendere i motivi per cui si incendia un camion, l’auto di un prete o di un sindaco.Così vanno ancora le cose in Calabria, dove in delle notti qualsiasi invece di falò che illuminano la luna compaiono fiamme simili a segnali di fumo da pellerossa che alla comunità o al diretto interessato mandano dei messaggi che il dibattito pubblico immagina e poi dimentica. Aspettando di esprimere solidarietà al prossimo colpito.

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Ottant’anni dalla Repubblica di Caulonia insorgenza calabra armi in mano del proletariato locale finita sua malgrado nei libri di storia. Vent’anni dal crollo del borgo di Cavallerizzo, frazione del comune albanese di Cerzeto e conseguente abbandono dal sito nativo verso altro sito della new town. Nessuna celebrazione a Caulonia, restano solo le parole del pronube Ilario Ammedolia vergate per la ricorrenza. A Cavallerizzo invece una messa al mattino e un convegno per ricordare e capire il presente. Un magnifico libro di Vito Teti “Il risveglio del drago. Cavallerizzo: un paese mondo, tra abbandono e ritorno” risulta utile a comprendere lo spopolamento delle nostre aree interne.

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Facciamoci dolce il palato annunciando che in una gelateria del centro di Cosenza tra le vaschette di acciaio è comparsa la specialità “Brunori Sas” ovviamente al gusto di noci e miele di fichi. Dario non crea solo identità ma contribuisce anche al marketing goloso. (redazione@corrierecal.it)

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