Equalize? Per i pm è solo la punta dell’iceberg di un “articolato network”: “Esiste un esteso mercato delle informazioni illecite”

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La presunta centrale di spionaggio di via Pattari 6 a Milano dove ha sede la srl Equalize, partecipata dall’ex poliziotto Carmine Gallo e dall’ex presidente della Fondazione Fiera Enrico Pazzali, non è affatto un unicum. Possibili e pericolosi cloni possono alimentarsi anche grazie a quei soggetti che pur indagati nell’indagine milanese non sono stati colpiti da misure cautelari come invece richiesto dal pm Francesco De Tommasi. Insomma, Equalize risulta solamente il tentacolo di una piovra ben più ampia e aggressiva. E’ questa in sostanza l’architrave su cui si basano le 158 pagine con cui il pm De Tommasi ha motivato il suo appello contro l’ordinanza del gip. Appello che sarà discusso il prossimo 19 marzo davanti al Riesame e le cui sorti restano incerte visto anche il tempo trascorso dalle misure eseguite a ottobre 2024.

Del resto se la logica è questa, oltre al rischio di altre dieci, cento Equalize alimentate, in ipotesi, dagli stessi indagati, si aggiunge quello di far scomparire le prove e inquinare l’inchiesta. Per la Procura dunque, “quella adottata dal Gip è una metodologia motivazionale che finisce per generare un’ordinanza monca e contraddittoria” e che non pare aver fotografato “in maniera unitaria e completa un sistema delittuoso che (…) si colloca all’interno di un più ampio e articolato network criminale”. Il pm dunque, ben consapevole della portata degli atti d’indagine, rilancia la palla in un campo ancora inesplorato e per questo inquietante. Una stanza buia, dunque, dentro cui fare luce risulta difficile stando al ragionamento del giudice che ha circoscritto “l’intervento cautelare solo al reato di associazione per delinquere e solo con la finalità d’interrompere la permanenza di quest’ultimo reato, dimenticandosi del pericolo che gli indagati, anche quelli non associati e quelli destinatari delle misure possano commettere delitti della stessa tipologia di quelli che costituiscono attuazione del programma criminoso del sodalizio”. E’ dunque il network criminale, non la sola Equalize, che come una piovra “trae profitti, anche di natura non patrimoniale, dall’illecita commercializzazione e diffusione di dati abusivamente estrapolati dalle banche dati pubbliche, create e realizzate proprio per tutelare patrimoni informativi vitali per salvaguardare gli interessi democratici dei cittadini e delle Istituzioni di questo Paese”. Ecco uno dei motivi della richiesta della custodia in carcere o ai domiciliari.

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Nel ragionamento del pm, ad esempio, Luca Cavicchi emerge in modo solare. Cavicchi, infatti, non è organico ad Equalize, ma per la banda di via Pattari fornisce dati illeciti, accumulando così “un patrimonio informativo illegale”. Per questo, tiene il punto il pm, fermare i soli capi dell’associazione non elimina il rischio della riproduzione del fenomeno. De Tommasi: “Luca Cavicchi, come dimostrato dalle indagini, si avvale autonomamente di una rete di soggetti, anche appartenenti agli apparati delle forze dell’ordine, per acquisire illecitamente Sdi e Sos, con lo scopo di commercializzare i dati esfiltrati”. Ed ecco la palla lanciata nel nuovo campo da gioco: “Quello di Cavicchi è un ambito ancora da indagare e scoperchiare, ciò che sarà certamente vanificato dall’assenza di un presidio cautelare nei suoi confronti”. Se ne trae la conseguenza che Cavicchi così “sarà libero di far sparire, assieme ai suoi personali complici, ancora ignoti, le prove del coinvolgimento di lui e dei correi nelle attività criminali emerse nel presente procedimento e in altre di analoga natura (…) sicché non è chi non veda che trattasi di un indagato che si connota anche in termini di capacità organizzativa e di coordinamento rispetto a quello che all’orizzonte si profila come un ulteriore, autonomo gruppo di cybercriminali”.

Per Cavicchi il pm chiede il carcere. E questo perché, secondo la ricostruzione della Procura, è sbagliato pensare che “i singoli associati, e a maggior ragione i cosiddetti collaboratori esterni del sodalizio, non vivano di vita propria dal punto di vista criminale e quindi, pur avendone le capacità e gli strumenti e pur avendo ampiamente manifestato piena propensione a delinquere, non possano commettere reati della stessa specie di quelli per cui l’organizzazione è stata costituita”. E torniamo sempre al punto: Equalize è forse solo il coperchio di un vaso che aperto può far emergere fatti ancora più drammatici per la sicurezza interna del Paese. Questo anche perché gli acquirenti di tali informazioni non mancano in generale e non mancano in questa inchiesta. Ad esempio l’imprenditore Lorenzo Sbraccia, oggi indagato e per il quale il pm chiede il carcere. Lo stesso Sbraccia, scrive il pm, “risulta avere richiesto e ottenuto (…) da Equalize dati illecitamente acquisiti inerenti alle Sos (segnalazioni di operazioni sospette) su varie società di suo interesse, e nella franca consapevolezza dell’illegalità dell’attività svolta”.

Ora la domanda del pm è questa: morta Equalize, Sbraccia, o clienti come lui, smetteranno di cercare questo tipo di informazioni? Secondo il gip pare capire di sì. Nonostante lo stesso Sbraccia dagli atti si mostri “assetato nonché alla continua e ossessiva ricerca di dati e notizie contenute in banche dati segrete, pure allo scopo di preservare se stesso da possibili iniziative giudiziarie”. E del resto la decisione del gip appellata dal pm, non tocca come misure cautelari “altre strutture, come quella di Vincenzo De Marzio (ex Ros dei carabinieri) giusto per indicarne uno a caso (…). De Marzio” che “è titolare di un’autonoma società che opera nel campo delle investigazioni e delle acquisizioni informative con modalità analoghe a quella di Equalize”. Secondo il gip Sbraccia non si rivolgerebbe a lui “per soddisfare le proprie necessità di natura delittuosa”. Eppure, scrive De Tommasi ed emerge dagli atti, “Sbraccia gode di una rete relazionale di primissimo piano, attraverso la quale pure riesce a ottenere informazioni estrapolate illecitamente da banche dati pubbliche protette da misure di sicurezza”. Insomma il mercato degli spioni non è monopolizzato solo da Equalize. Anzi. “Dalle indagini – prosegue De Tommasi – è emerso chiaramente che esiste un esteso mercato illegale delle informazioni illecitamente acquisite, nel quale le stesse vengono compravendute e falsamente fatturate e vengono talvolta utilizzate anche per scopi estorsivi e ricattatori”. Le capacità dello stesso De Marzio vengono poi illustrate dal pm svelando come “De Marzio (nome in codice Tela quando era al Ros, ndr)” appaia “pronto a eseguire attività di captazione tra presenti nell’abitazione” dell’ex fidanzata di Leonardo Del Vecchio che in quel momento viveva nell’abitazione milanese di uno degli eredi del patron di Luxottica.

Del resto, tornando al cuore dell’indagine milanese, il gip non ha applicato misure cautelari, pur richieste, a soggetti come Luca Cavicchi, Vincenzo De Marzio e Andrea De Donno “i quali, direttamente o attraverso ulteriori autonomi canali, sono assolutamente in grado di procurarsi e procurare ad altri informazioni esfiltrate dalle banche dati strategiche nazionali”. Non c’è passo del documento in cui il pm ponga un allarme che va ben oltre il caso Equalize. Per questo, scrive il pm, “disancorare la verifica delle esigenze cautelari da una visione d’insieme di tutta la vicenda nel suo complesso e da tutte le evidenze probatorie emerse, significa compiere un’operazione di analisi che finisce per restituire un quadro ricostruttivo dai colori opachi”. Che rischiano ad esempio di nascondere la figura centrale di Enrico Pazzali per il quale il pm ha ribadito l’arresto ai domiciliari.

Ma se Pazzali, pur consapevole dell’attività illecita di Equalize, in fondo risulta quasi alla stregua di un cliente se pur speciale, il vero rischio è costituito da quei personaggi definiti collaboratori esterni. Tre nomi su tutti vengono presi dal pm e tutti con capacità di hacking sperimentate anche a livello istituzionale. Il primo è Gabriele Pegoraro per il quale il pm chiede i domiciliari. “Completamente ignorata è la posizione di Pegoraro” tra i cui “illeciti servizi (richiesti anche da Pazzali, ndr) spicca senz’altro quello consistente nell’esfiltrazione abusiva della chat WhatsApp (attività pericolosissima, anche per la sicurezza nazionale)”. Lo stesso Pegoraro, sostiene la Procura, risulterà “ dipendente di una società che si occupa di intercettazioni e che tra i propri prodotti d’intelligence annovera anche la capacità, sfruttando delle vulnerabilità dell’applicazione WhatsApp, di effettuare esfiltrazioni di chat dal relativo cloud partendo da utenze target e\o parole chiave”. Gli altri due nomi sono quelli di Angelo Abbadessa e Mattia Coffetti i quali, secondo il pm, gestiscono “tutte le attività informatiche e le infrastrutture telematiche del sodalizio criminale”. Coffetti, ad esempio, è “persona pubblicamente conosciuta come un hacker” ed “è al centro di una fitta rete di contatti e d’interessi e riveste un ruolo centrale in Osint Italia, bacino che raccoglie hacker e investigatori privati provenienti da tutta Italia”. Lui e Abbadessa “sono a buon diritto considerabili il tiger team, unitamente a Giulio Cornelli del gruppo di via Pattari”. Coffetti inoltre “ha già collaborato con numerose realtà del settore della cyber intelligence”, mentre Abbadessa “è un programmatore il cui background è legato alle funzioni svolte quale ex dipendente delle società d’intercettazioni accreditate” e “tra le sue skills vi sono senz’altro le attività di hacking (…) che l’avrebbero visto operare a stretto contatto con le strutture investigative della Polizia Postale”. Eccola allora la conclusione visionaria del pm: fermarsi ad Equalize sarebbe un grave errore.

Nel suo atto di Appello, il pm ha chiesto il carcere per: Giuliano Schiano, Giulio Cornelli, Marco Malerba, Massimiliano Camponovo, Dan iele Rovini, Angelo Abbadessa, Mattia Coffetti, Vincenzo De Marzio, Lorenzo Sbraccia, Luca Cavicchi, Lorenzo Di Iulio, Samule Calamucci, Carmine Gallo. I domiciliari per: Enrico Pazzali, Gabriele Pegoraro, Daniele Sirtori.

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