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Oggi alle ore 18.30 con introduzione della Dott.ssa Piera Mazzone a Spazio E in via interno castello 7, a Ghemme, si inaugura la collettiva d’arte “ESSERE DONNA” dodicesima edizione.
Sei gli artisti che esporranno le loro opere:
MARIA CRISTINA LIMIDO – le sue tele parlano di ricordi, incontri, emozioni, sottratti alla realtà e immersi nel mondo della fantasia come spiega lei stessa “trasformo il lavoro in uno spazio di pura fantasia e di sogno: un insieme di forme e colori che non rispecchiano la pura realtà ma la realtà partecipa. Il soggetto o il suo ricordo sono solo il punto di partenza per giungere ad una meta che non si sa dove si trova…”vive e lavora a Legnano, insegna disegno e tecniche pittoriche, è presidente del BAB storica associazione di artisti fondata nel 1977, è vicepresidente dell’associazione artistica AAL fondata nel 1947.
SILVANA MARRA “…le forme sono sinuose, modellate con un attento controllo dei volumi e delle dimensioni ,a volte decorate con lievi segni incisi che trattengono la luce creando ombre delicate sui toni ambrati della terracotta…”(tratto da un testo di Emiliana Mongiat) l’artista vive e lavora a Novara, scultrice e pittrice, docente di discipline plastiche indaga le tematiche esistenziali della donna tra le tante esposizioni nazionali ha partecipato all’ART FAIR ha esposto in Romania e Bulgaria.
ARMANDA VERDIRAME – L’attenzione al problema ambientale – Dopo un periodo di ricerca, che ha attraversato anche il mondo della grafica, è arrivata, attraverso la scultura, a una sua specifica poetica il cui perno sono i temi e i valori dell’ecologia. Dagli Anni Ottanta va denunciando, attraverso l’uso dell’argilla, materia naturale per eccellenza, lo sconcerto di un ambiente ormai corrotto e alterato, di una natura minacciata e ferita. Il problema del cibo come elemento primario di sopravvivenza, è divenuto poi simbolo e rimando alla vita, nella sua accezione più ampia: l’artista ha cominciato così a inserire semi in un’argilla feconda e metaforica, per “arricchire di significati altri le sue terrecotte”, come scriveva Marta Montanari nel 1992. La terra e i semi sono elementi primordiali che Armanda Verdirame sapientemente “impasta”. Nella sua poetica, infatti, il seme è come un chip: la componente più elementare di un linguaggio universale senza tempo che esprime la sofferenza ancestrale dell’umanità. Proprio in quanto custodi del “DNA”, i semi rappresentano la memoria da affidare al futuro. È come se Armanda ricercasse la voce di Gaia, la Terra ferita dalle offese dell’uomo. Questi semi, creando solchi, rilievi, strappi, fratture, sottolineano la fragilità umana. Terra, uomo, cielo visti in una declinazione che coniuga l’universale con scampoli di presente, in quell’arpeggio dell’arte che, al vero, restituisce la sua poesia. Le sculture realizzate dall’artista sono in terracotta, a volte impreziosite dalla tecnica raku, in bronzo o in carta manipolata a mano direttamente dalla cellulosa. Vive e lavora a Milano, ha partecipato a Fiere e Mostre internazionali.
ORAZIO BARBAGALLO – Plasticatore è termine desueto, che indica propriamente chi modella figure in rilievo. Il concetto si differenzia pertanto da quello di scultore, riservato a chi ricava le figure celate nella materia rimuovendo quanto sta loro attorno. E’ arcinota la distinzione tra “porre” e “levare”, citata sovente ma di fatto ignorata, giacché nell’uso comune ci si limita a contrapporre la scultura, che possiede tre dimensioni, alla pittura che è solo bidimensionale. Orazio Barbagallo, seguendo un’antica tradizione di famiglia, è tanto scultore quanto plasticatore; oltre che pittore, per la verità, e mosaicista. Va da sé, pertanto, che le sue opere siano realizzate in marmo, pietra e legno, oltre che in terracotta e in bronzo. Artista ancor giovane, anagraficamente, egli possiede il senso della storia e la consapevolezza che ogni uomo, pur “nato innanzi l’aurora” è antico quanto la specie, quanto il mondo conosciuto. Ogni opera d’arte, pur frutto originale di creatività soggettiva, reca in sé il compendio di tutte le esperienze pregresse, attraverso culture e stili. Certo, esistono le mode culturali, l’estetica del nuovo-per-il-nuovo, i giuochini di breve momento che vivacizzano le effimere fiere dell’arte ed elettrizzano i giovani galleristi per i quali gli studi delle tendenze di mercato hanno soppiantato estetica e storia dell’arte… Fortunatamente non tutti gli artisti si adeguano prontamente al “trend”, seguendo i sondaggi del momento. Certo non lo fa quest’artista, che dell’arte ha una visione propria, ed ha messo a punto da tempo un proprio stile, un proprio linguaggio inconfondibile, seppur ricco d’echi, assonanze, richiami, affinità. “Qualcosa di nuovo… anzi d’antico” caratterizza le figure di Barbagallo, che appunto non ricorre all’aniconicità, pur sottraendosi alla rappresentazione mimetica. Ne deriva il senso talora straniante di atemporalità dei suoi lavori, che compendiano senza forzature l’arte negra primitiva già cara a Picasso e Modigliani alle ricerche plastiche che interessarono espressionisti e cubisti. Primitivismo e classicismo sono avvertibili nelle pose arcaiche, nel sapore mitico delle evocazioni, negli archetipi richiamati, oltre ogni limite culturale e spaziotemporale, perché attingono al patrimonio comune dell’umanità intera. Su tutto questo s’innestano ricerche formali scultoree recenti e attuali, su piani e volumi, pieni e vuoti, spigolosità acri e morbidezze curvilinee, movimenti interni, equilibri e asimmetrie armoniche, che possono ricordare soluzioni plastiche esperite da Barlach, da Duchamp-Villon, Lipchitz, Archipenko, Zadkine, e altri che, seguendo un’univocità di visione strutturale, scomponevano soggetti e spazio in frammenti da ricomporre liberamente in nuove aggregazioni, travalicando le visuali e le successioni temporali, verso una realtà nuova, creata e non raffigurata. Barbagallo non è tuttavia un formalista puro: il suo interesse per la figura umana, che rende svettante, pronta a librarsi verso l’alto in uno slancio d’ascesi, liberatorio, non si esaurisce in queste pur stimolanti indagini, in stilizzazioni eleganti, in giuochi geometrici complessi, nella ricerca di una scultura tuttora viva, oltre la “lingua morta” della statuaria monumentale, celebrativa e retorica. Di fondo preesiste un altro tipo d’interesse, antropologico, legato alla natura del genere umano e al suo destino, ai conflitti interiori individuali e collettivi, alle nevrosi dei singoli e alle derive d’intere civiltà, alle eterne domande senza risposta che sfiorano ciascuno di noi quando solo invece di fissare video o monitor contempla in silenzio il cielo stellato. (da un testo di Pier Luigi Senna) – Vive e lavora a Monza, è seguito da un collezionismo internazionale.
LAURA PUCCETTI – è di origine Umbra, studia all’ Accademia di Belle Arti di Brera, nei corsi pittura con Maurizio Bottarelli e storia dell’arte con Giovanni Maria Accame. Laura Puccetti dichiara, del suo lavoro: “Si, mi concedo il lusso della contemplazione. Fermare il tempo e andare lontano. Non sono più qui, ciò che guardo mi ha portato con sé.” – “Per me dipingere è atto puramente esistenziale e generativo, e mentre genero, sono generata”. Dal 2000 risiede a Legnano, dove vive e lavora.
ALESSANDRA SILENZI -l’artista afferma: “Osservo gli oggetti che mi circondano, piccole realtà che catturano il mio interesse: le lacerazioni di una corteccia, le nervature delle foglie, le lamine dei petali; tali microscopiche forme, figure e colori si espandono in mondi in cui la mia mente si immerge. Mi affascina la bellezza delle trame geometriche che formano le calze rotte e mi perdo nella gestualità necessaria a strapparle; ricerco, in tali azioni, l’appagamento del senso compositivo generale. Ho iniziato a voler fissare queste grafiche in stampa attraverso la tecnica della collografia, spostando la mia attenzione dalla loro trasposizione su carta a loro stesse, fissate sulla tela. Un altro aspetto che affascina di questa ricerca e il suo aspetto materico. La calza è un tessuto industriale e sintetico ma la ripetitività della rottura a catena che si innesca tirandole e rompendole mi ricorda una riproduzione cellulare e questo si ricollega ai miei primi studi sulle immagini delle cellule del legno al microscopio che sono stati i soggetti dei primi lavori grafici. Casualità e controllo, microcosmo e macrocosmo, naturale e artificiale; queste trovo che siano le tematiche che più sento e riscontro nelle mie opere. Vive e lavora a Roma.
La mostra è visitabile da giovedì a domenica, dal 14 marzo al 11 Maggio 2025.
Il giovedì dalle 16 alle 22 e dal venerdì alla domenica dalle 12 alle 22
A Spazio E, Ghemme (NO) in Via Interno Castello 7 – cell. 334 3366917
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