Sala in imbarazzo dopo lo tsunami sul decreto Salva Milano

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Il terremoto giudiziario che sta investendo il settore edilizio di Milano si è trasformato in uno tsunami politico dalle conseguenze imprevedibili, con l’arresto di Franco Oggioni, che ha di fatto affossato il decreto “Salva Milano” e ha sollevato interrogativi inquietanti sulla gestione urbanistica della città. Secondo i pm, l’architetto, già direttore dello Sportello unico edilizio del Comune, non solo avrebbe avuto un ruolo attivo nella stesura degli emendamenti della legge voluta dal sindaco Giuseppe Sala per sbloccare l’impasse dell’edilizia milanese, ma avrebbe anche cercato di far cadere la giunta comunale, convincendo l’assessore Guido Bardelli, già prima che venisse nominato, ad allinearsi alle sue posizioni con il pretesto delle difficoltà economiche delle famiglie dei dipendenti comunali.

Le indagini della Procura hanno portato alla luce chat cancellate e manovre sotterranee per influenzare le decisioni politiche ed economiche della città, coinvolgendo anche Marco Cerri, progettista ed ex membro della Commissione paesaggio, che avrebbe contribuito alla stesura degli emendamenti e fatto da tramite con politici di spicco come Maurizio Lupi, Tommaso Foti e Alessandro Morelli, tutti di centrodestra, i quali non risultano indagati ma il cui ruolo solleva comunque dubbi e sospetti.

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Il sindaco Sala ha preso le distanze, ribadendo che chi ha sbagliato dovrà pagare, ma l’opposizione incalza e Lega e Fratelli d’Italia attaccano duramente parlando di un “sistema Milano” che per anni avrebbe gestito il settore edilizio con regole opache, scaricando le responsabilità su singoli funzionari. L’affossamento del decreto Salva Milano segna una svolta per la politica urbanistica del capoluogo lombardo e apre scenari di rimpasto sia nella giunta comunale che nell’apparato amministrativo, con Sala che sembra pronto a fare piazza pulita pur di non rimanere impigliato in uno scandalo che rischia di travolgere non solo la sua amministrazione, ma l’intero panorama politico cittadino e nazionale.

Il primo cittadino, dopo aver minacciato le dimissioni qualora il Salva Milano fosse stato boicottato in Parlamento dai suoi amici del Pd, ora è costretto a chiederne il ritiro. Lui avrebbe voluto sfruttare l’onda lunga del rilancio edilizio derivante da quel decreto, che sanava molti abusi, per rilanciare la sua immagine pubblica e ambire ad altri incarichi. Non ha fatto mistero di puntare ad essere il candidato governatore della Lombardia per il centrosinistra alle prossime regionali, tentando di far dimenticare le sue ultime piroette. Dopo aver tentato, durante il governo Draghi, di dar vita al “partito dei sindaci” ricevendo in pompa magna a Palazzo Marino perfino Luigi Di Maio e dopo aver annunciato di voler prendere le distanze dal Pd per aderire al partito europeo dei verdi, ora spera di diventare il federatore delle diverse anime del centrosinistra per prepararsi un futuro politico per quando scadrà come sindaco e non sarà più ricandidabile, avendo già fatto due mandati.

Tornando all’inchiesta di queste ore, che certamente spazza via forse definitivamente ogni velleità di rilancio politico da parte di Sala, il coinvolgimento di esponenti governativi come Lupi, Foti e Morelli, seppur non indagati, fa pensare che l’inchiesta possa estendersi ben oltre i confini di Palazzo Marino, evocando scenari simili a Tangentopoli, che proprio da Milano prese avvio per poi scuotere l’intera classe dirigente italiana.

Ma c’è chi vede in questa vicenda anche un altro significato: un braccio di ferro tra politica e magistratura, con quest’ultima che potrebbe aver deciso di sferrare un’offensiva per contrastare le riforme annunciate dal governo Meloni sul fronte della giustizia, in particolare quella della separazione delle carriere, in un clima di crescente tensione tra poteri dello Stato. Le toghe temono di perdere privilegi e autonomia, e potrebbero aver risposto con un’inchiesta capace di mettere in difficoltà una parte significativa della politica nazionale, in un gioco di equilibri in grado di riservare sorprese clamorose nei prossimi mesi. Se sia davvero così lo scopriremo presto, ma una cosa è certa: il terremoto giudiziario in corso è solo all’inizio e le sue scosse di assestamento potrebbero ridisegnare profondamente il futuro politico ed economico di Milano e del Paese. D’altronde anche nel 1992 tutto partì dal capoluogo lombardo.




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