Nada Cella, la difesa della mamma di Soracco: “Non può sostenere il processo”. Intercettazioni: oggi in aula gli agenti dell’epoca

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Oggi la terza udienza del processo Cella è iniziata con una perizia, quella che dismostra che Marisa Bacchioni, madre del commercialista Marco Soracco, non sarebbe in grado di sostenere il dibattimento. A sostenerlo è il suo avvocato, Andrea Vernazza, che ha presentato una perizia dello psichiatra forense Marco Lagazzi certificando “gravi problemi cognitivi”. L’istanza è stata depositata all’inizio dell’udienza, mentre il giudice si è riservato di decidere se escludere la 93enne dal procedimento. Marco Soracco, figlio della Bacchioni e titolare dello studio dove avvenne il delitto, era presente in aula come imputato per favoreggiamento. 

Dallo spioncino – ”…mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza.” Così iniziano le testimonianze in aula. Una di queste oggi è stata rilasciata da Lorenza Signorini. Lorenza è figlia di Egle Sanguineti, anche lei residente nella palazzina di via Marsala 14, e ha raccontato in aula di aver parlato a lungo con la madre della vicenda. “Era stato un evento scioccante, terribile. Ne parlavamo spesso in casa, anche con mio padre”, ha spiegato. Il giorno del delitto, Egle Sanguineti si trovava nel suo appartamento con il nipote, figlio di Lorenza, che all’epoca aveva un anno. La testimone ha riferito che la madre, mentre il bambino giocava con la catenella della porta, pensò di aver sentito dei passi sulle scale. Inoltre, secondo quanto raccontato dalla madre, Soracco sarebbe sceso in un orario diverso da quello dichiarato, almeno 5 o 7 minuti dopo l’uscita da casa dell’altra figlia, Luciana. Queste dichiarazioni avrebbero portato tensione con il commercialista e sua madre, Marisa. Lorenza Signorini ha ricordato che nel 1996 lei e la madre si sentirono sotto pressione durante le dichiarazioni ai magistrati. “Sono convinta che mia madre non abbia inventato nulla”, aveva riferito all’epoca. La pm Gabriella Dotto, oggi, ha anche chiesto spiegazioni su alcune intercettazioni telefoniche dell’epoca, in cui madre e figlia si dicevano di non voler riferire nulla alla polizia. Lorenza non ha saputo rispondere. Di certo, la famiglia ha sofferto molto questa vicenda. La sorella Luciana, ragazza fragile, aveva imboccato la strada della malattia mentale, senza ritorno. Luciana, quel lunedì, era uscita di casa come di consueto: quel giorno si trovava in piazza Matteotti alle 9.00. Tuttavia, lei e il padre Oscar furono tra i primi indagati durante le fasi preliminari dell’inchiesta. Casa loro fu perquisita e i poliziotti trovarono due asciugamani con piccolissime tracce di sangue, oltre ai vestiti che Luciana indossava la mattina del 6 maggio. Dopo accertamenti e test del DNA, furono scagionati: il sangue sugli asciugamani era di Oscar, che si era ferito radendosi. Oggi in aula è stata discussa un’altra intercettazione tra Egle e Lorenza: uno sfogo di Egle nei confronti di una donna. “È una bastarda, lo fa apposta, questa ragazza ci vuole tormentare, è matta. Sarà mica stata lei ad ammazzare quella ragazza, però sporca di sangue non lo era.” Lorenza non è stata in grado di ricordare a chi fossero riferite queste parole forti. Si potrebbe ipotizzare che, spinta dal nervosismo, facesse riferimento alla sorella maggiore Luciana, ma non si esclude che si trattasse di una terza persona.

Sul pianerottolo – A parlare oggi, l’ex financiere Bucello che nel 1996 viveva con i genitori all’interno 6 dello stesso stabile in cui avvenne il delitto. Sua madre, aveva raccontato all’epoca di aver sentito ripetutamente scorrere l’acqua nello studio di Soracco la mattina dell’omicidio, poco dopo l’aggressione. Ha anche ricordato un altro episodio legato a sua madre. Il giorno dell’omicidio, dopo aver sentito i rumori dei soccorritori, la vicina era uscita sulle scale e aveva visto Nada Cella portata via con il sangue che le usciva copiosamente dalla testa. In quel momento si sarebbe trovata di fronte Marisa Bacchioni che puliva il sangue, alla quale avrebbe chiesto cosa fosse accaduto. Secondo il racconto di Buccello, Bacchioni avrebbe minimizzato la situazione, dicendo che non era successo nulla e invitandola a rientrare in casa e a “farsi gli affari suoi.” Questo episodio si aggiunge alle altre testimonianze raccolte nel processo, gettando nuova luce sul comportamento di Bacchioni nelle ore successive al delitto. La donna, oggi 93enne, è accusata di favoreggiamento insieme al figlio Marco Soracco.

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Lacune investigative – Dopo la riapertura del caso nel 2021, quasi 30 anni dopo il delitto, in aula si discute delle falle nelle indagini di allora: intercettazioni ignorate, prove trascurate e una pista che avrebbe potuto portare alla soluzione molto prima.Oggi vengono sentiti gli agenti dell’epoca, il primo a parlare è Ennio Scarso, ex poliziotto della mobile, ha testimoniato riguardo alle intercettazioni telefoniche dell’epoca, in particolare una conversazione tra Egle Signorini e la figlia Lorenza Sanguineti. Sebbene Scarso non ricordasse i dettagli, ha riconosciuto il verbale dell’intercettazione, che riguardava l’orario in cui Soracco entrò nello studio il giorno del delitto, pochi minuti dopo l’uscita di un’altra figlia di Egle. È stato poi sentito Andrea Tortorella, ex poliziotto della omicidi, chiamato a riferire su una trascrizione di un’intercettazione del 17 ottobre 1996. Il pm Dotto gli ha chiesto se ricordasse il contenuto: Tortorella ha confermato di ricordare che lo scopo di quelle intercettazioni era principalmente quello di stabilire con precisione gli orari degli spostamenti nell’ambito del condominio di via Marsala. mentre per il contenuto si è deciso di acquisire la trascrizione. L’avvocato Roffo ha poi sollevato dubbi sulla presenza di “omissis”, ricevendo la spiegazione che si trattava di parti estranee all’indagine. L’ex agente Fabio Farinata ha confermato che nel 1996 la polizia cercò senza successo il produttore del bottone trovato sulla scena del delitto, visitando una ventina di negozi e banchetti di mercato. Secondo una relazione dell’epoca, quel modello era largamente diffuso e non brevettato, il che ne aveva facilitato la commercializzazione su vasta scala. Già il 17 maggio 1996, poco dopo l’omicidio, la polizia aveva ottenuto un’informazione chiave: una fonte confidenziale aveva riferito di una “Anna che abita in corso Dante” vista sfrecciare in motorino con un’espressione sconvolta. Gli investigatori avevano individuato due donne con quel nome a Chiavari, una delle quali era proprio Anna Lucia Cecere. Tuttavia, su questa informazione non vennero svolti approfondimenti. Un’altra intercettazione mai analizzata è quella della cosiddetta “Signorina”, una donna che il 9 agosto 1996 chiamò Marisa Bacchioni, madre di Soracco, per riferire di aver visto Cecere “correre sporca” e infilare qualcosa nel motorino. Soracco consegnò la cassetta con la registrazione alla polizia il 15 agosto, ma la segnalazione venne considerata irrilevante e il nastro non fu mai ascoltato, almeno non dai testi presenti oggi in aula. Francesco Navarra, ex vicedirigente del commissariato di Chiavari, ha confermato che la polizia venne a conoscenza delle indagini su Cecere solo dopo che erano già state archiviate dai carabinieri. Un problema di comunicazione tra gli investigatori che, oggi, pesa come un macigno sull’intero caso. 

L’udienza di oggi ha messo nuovamente in evidenza le falle investigative che per quasi trent’anni hanno avvolto il caso di Nada Cella in un fitto mistero. La giustizia proverà a colmare quei vuoti, ma il tempo trascorso ha reso più difficile distinguere tra ricordi sbiaditi e verità rimaste sepolte. 

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