Il Consiglio straordinario europeo che ha messo i 27 capi di Stato intorno a un tavolo ha trovato un accordo di massima e unitario sul piano di “riarmo europeo”. Non è così per la posizione comune nei confronti dell’Ucraina. Il leader ungherese Viktor Orbàn si chiama fuori. Così l’unico meccanismo possibile è quello di un documento dei 26 Paesi aderenti. Ma andiamo con ordine.
Il piano di riarmo
Arriva la luce verde per la proposta della presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Ma è solo il primo passo, perché la ratifica della decisione dovrà essere presa nel prossimo Consiglio europeo convocato per il 20 e 21 marzo. Al di là dei dettagli (è già chiaro che la possibilità di usare per la difesa i fondi di coesione non spesi, circa 350 miliardi, sarà decisione di ogni singola capitale), Berlino ha ottenuto un passaggio in cui si chiede di esplorare “ulteriori misure” – garantendo al contempo la “sostenibilità del debito” – per “facilitare una spesa significativa per la difesa a livello nazionale in tutti gli stati membri”. Persino riaprendo il patto di stabilità per avere margini maggiori, come piacerebbe anche all’Italia. Non si escludono passi ulteriori sullo strumento di investimento comune, magari arrivando a sussidi con eurobond oltre che ai prestiti. Le idee non mancano.
EU consiglio, 06 marzo 2025 (ap)
La difesa dell’Ucraina e il documento a 26
Se per la difesa comune sono tutti d’accordo (compreso il premier ungherese Viktor Orbàn), non è così per la parte delle conclusioni dedicate all’Ucraina. Si è arrivati ad un sostegno rinnovato all’Ucraina con la definizione di cinque principi cardine per la pace.
- Non ci possono essere negoziati sull’ucraina senza l’Ucraina;
- non ci possono essere negoziati che incidano sulla sicurezza europea senza il coinvolgimento dell’Europa poiché la sicurezza dell’Ucraina, dell’Europa, transatlantica e globale sono intrecciate:
- qualsiasi tregua o cessate il fuoco può avvenire solo come parte del processo che porta a un accordo di pace globale;
- qualsiasi accordo di questo tipo deve essere accompagnato da garanzie di sicurezza solide e credibili per l’Ucraina che contribuiscano a scoraggiare future aggressioni russe;
- la pace deve rispettare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina.
Il leader magiaro ha puntato i piedi e non ha voluto sentire ragioni. L’escamotage allora è stata la dichiarazione del presidente del Consiglio europeo Costa controfirmata dai 26 aderenti, dimostrazione plastica della spaccatura. Nella pratica cambia poco ma nel lessico europeo suona molto male. E la prassi ora potrebbe persino estendersi ad altre iniziative.
“Non abbiamo più tempo. È sempre più difficile superare il blocco di Budapest, ecco perché nella mia proposta per dare un aiuto militare extra all’Ucraina c’è la possibilità di formare una coalizione in modo che un Paese non fermi gli altri”, ha dichiarato l’alto rappresentante Ue Kaja Kallas Alta rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri. “Puntiamo all’unità ma se non c’è, l’Ungheria parla per sé”.
C’è fretta. Volodymyr Zelensky, che ha partecipato alle dichiarazioni finali a fianco di von der Leyen e Costa, d’altra parte, aveva ammonito i 27: “Entro 5 anni Mosca potrà schierare “300 brigate”. Ovvero dai 900mila soldati fino a un milione e mezzo.
Viktor Orbàn non ha sottoscritto i cinque principi cardine per la Pace in Ucraina (Rainews24)
Le discussioni – a tratti segretissime, con solo i leader in sala senza assistenti e cellulari – hanno toccato l’ampio spettro delle opzioni da seguire: rafforzare l’Ucraina con nuovi aiuti militari (almeno 30 miliardi per il 2025); esplorare le dinamiche della possibile coalizione dei volenterosi disponibile a mettere gli scarponi sul terreno una volta raggiunta la pace; coinvolgere Kiev nel piano di riarmo europeo, aprendole la via degli appalti congiunti incentivati dal nuovo fondo da 150 miliardi.
La “coalizione dei volenterosi” e le coperture all’operazione
I francesi hanno chiarito che la “coalizione dei volenterosi” è aperta a tutti ma al momento è ancora “prematuro” immaginare le modalità della missione. Alla coalizione sta lavorando, dall’esterno dell’Ue, anche il premier britannico che da mercoledì ha avviato rapporti con paesi europei e altri aderenti al Commonwealth. Ma per chiedere la copertura american all’operazione – il cosiddetto “backstop” – prima gli europei devono capire che cosa offrire. Una richiesta che può essere avanzata se la decisione riguarda una forza di peacekeeping a difesa di un eventuale cessate il fuoco.
Proposta che, al momento, viene rifiutata da parte della Russia. Il ragionamento del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov è semplice: “Non è possibile immaginare un cessate il fuoco mentre ci sono Paesi che finanziano il riarmo ucraino e, contemporaneamente, sono gli stessi che si propongono come forza di pace”.
Per gli stessi motivi immaginare la copertura da parte degli Stati Uniti – che stanno gestendo i negoziati con Mosca – non sembra davvero possibile.
A questo punto l’eco della proposta di Emmanuel Macron sulla condivisione dello scudo atomico francese ha fatto irruzione nei corridoi – il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito la sua lealtà all’ombrello Nato, dunque Usa, mentre per il polacco Donald Tusk “vale la pena” prenderla in considerazione: ma non è stata discussa al tavolo dei leader. Anche lì, prematuro.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link