Intelligenza Artificiale, la metà dei lavoratori la utilizza per inviare le candidature

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Sono i dati condivisi dal Politecnico di Milano a rivelare che il 26% di coloro che si propongono per una posizione lavorativa aperta utilizza l’intelligenza artificiale per ottimizzare le proprie candidature e, nello specifico, quasi 6 su 10 lavoratori della Gen Z – il 57% – la userebbe per inviare candidature, elaborare curriculum vitae e lettere di presentazione personalizzate, seguiti dai Millennials – 40%.

«L’AI sta rivoluzionando il recruiting con un utilizzo in crescita sia tra i candidati che tra le aziende. Secondo McKinsey (2024), circa il 60% delle imprese globali usa l’AI per scremare CV, mentre un report di Deloitte evidenzia che il 35% dei candidati utilizza tool AI per ottimizzare i propri profili, come suggerimenti per migliorare il CV o simulazioni di colloqui. Chi cerca lavoro sfrutta l’AI anche per identificare offerte mirate tramite motori intelligenti e prepararsi a domande frequenti, mentre le aziende la impiegano per analisi predittive sulle competenze, rendendo il processo più rapido e scalabile» spiega Anna Valenti, Founding Partner di Clutch, startup attiva nel mondo dell’head-hunting.

Tuttavia, quando si parla di AI sono frequenti gli interrogativi sui temi riguardo l’autenticità, personalizzazione ed etica. In merito è l’esperta a spiegare brevemente i pro e i contro: «Tra i pro sicuramente c’è l’efficienza: si stima che l’AI riduca del 70% i tempi di ricerca di una qualsiasi informazione. Inoltre la personalizzazione mirata di contenuti, l’accesso a insight di mercato aggiornati e la preparazione strategica ai colloqui dove l’AI diventa un vero e proprio “allenatore”. I contro sono sicuramente un rischio di standardizzazione eccessiva delle candidature, una tendenza alla dipendenza tecnologica che può compromettere l’autenticità delle candidature e inibire una certa proattività. Inoltre, il rischio di bias è concreto. Se gli algoritmi di selezione sono addestrati su dati non diversificati, potrebbero discriminare inconsapevolmente alcuni profili, riducendo le opportunità per candidati con background meno convenzionali».

E se dal punto di vista aziendale la scelta di un’adozione sempre più massiccia dell’AI è spinta dal bisogno di gestire un volume di candidature costantemente in aumento risultando uno strumento fondamentale per consentire ai recruiter di focalizzarsi su attività più qualitative, per i candidati, invece, una delle motivazioni principali è l’ansia da performance nei processi selettivi: quindi cercano nell’AI uno strumento utile per aumentare la fiducia nelle proprie possibilità di superare i vari step delle selezioni sfruttando i tool come un vero e proprio preparatore ai colloqui. Inoltre, se la ricerca del lavoro attraverso metodi tradizionali richiede mediamente dai 4 ai 6 mesi, l’AI permetterebbe addirittura di dimezzare i tempi.

«Chi la usa per la ricerca di lavoro o per il recruiting dovrebbe concentrarsi su un aspetto fondamentale: la qualità delle istruzioni che fornisce all’AI, ovvero i prompt. Un errore comune è fare richieste generiche che portano a risposte superficiali. Se un candidato vuole simulare un colloquio anziché scrivere “Preparami per un colloquio per un lavoro nel marketing”, dovrebbe essere molto più specifico digitando una richiesta dettagliata come “Simula un colloquio per una posizione di Digital Marketing Manager in una multinazionale. Fammi cinque domande tecniche sui dati e sulla performance delle campagne, e valutami come farebbe un recruiter esperto. Poi dammi un feedback sulle mie risposte e suggeriscimi miglioramenti”» consiglia Valenti e conclude «Lo stesso vale per un recruiter che utilizza l’intelligenza artificiale per la selezione: se sta cercando di contattare un candidato, invece di un prompt generico come “Scrivimi un’email per un candidato”, dovrebbe affinare la richiesta con contesto e tono come, ad esempio, “Scrivi un’email di primo contatto per un candidato con esperienza di cinque anni in Data Science, sottolineando l’opportunità di lavorare in una startup innovativa con tecnologie avanzate. Usa un tono professionale, ma coinvolgente, e concludi con una call to action chiara”. Infine, da non sottovalutare è il controllo umano poiché l’AI può fornire suggerimenti e analisi, ma non deve mai sostituire il giudizio critico e la personalizzazione. Un recruiter dovrebbe sempre rivedere le valutazioni fatte dall’AI per evitare bias o interpretazioni errate. Allo stesso modo, un candidato dovrebbe sempre adattare le indicazioni dell’AI per mantenere autenticità e personalità».



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