Dove sta l’Europa nel nuovo Risiko? Il punto

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Mettiamo la vecchia Europa al centro del tavolo da gioco. Carri armati e soldi, in questo gioco a metà strada fra Risiko e Monopoli, si muovono sullo scacchiere europeo ora, Con le regole imposte sempre più da Trump e da Putin, forse dalla Cina. Il Vecchio Continente, vestito da Unione Europea con l’aggiunta del Regno Unito,  si scopre militarmente fragile e politicamente inesistente. La lunga guerra di invasione russa dell’Ucraina ha smascherato l’inconsistenza europea, così come ha contribuito ad indebolire in modo forse definitivo l’Onu. Mentre le Nazioni Unite assistono impassibili e incapaci al proprio sfacelo, l’Unione cerca di rilanciarsi, rimettendo in piedi l’idea di poter avere un possibile profilo originale creando una forza armata comune. E’ la commissaria Ursula von der Leyen a formalizzare la proposta, presentando il “Piano per la rivitalizzazione della difesa del Vecchio Mondo”. Si tratta di 800miliardi di euro da mettere sul tavolo per riarmare il Continente e sganciarlo dalla dipendenza dagli Stati Uniti. “Viviamo in tempi pericolosi, la nostra sicurezza è minacciata in modo serio”, ha detto von der Leyen presentando il progetto. I soldi, tantissimi, dovrebbero arrivare da risorse nazionali, liberate dalla deroga al Patto di stabilità e da denari presi a prestito dall’esecutivo Ue sui mercati.

I leader delle varie nazioni si dicono d’accordo, I partiti dei vari Paesi e dell’Europarlamento molto meno. Il primo problema è che von der Leyen ha intenzione di far approvare il piano saltando le prassi parlamentari e democratiche. Per l’ennesima volta – questa l’osservazione – in nome della ”sicurezza” viene sacrificata la prassi democratica e la rappresentanza popolare. Poi, è la seconda ragione, si andrà in deroga al Patto di Stabilità non per migliorare la qualità della vita dei cittadini europei, investendo in Stato Sociale, ma per creare una macchina bellica potente. In molti, nei partiti, non sono d’accordo.

Insomma, sarà un cammino complesso, probabilmente destinato a spaccare l’Unione. Intanto, molti Capi di governo fanno capire di essere d’accordo con il Piano. Si inizia a discutere – proprio nelle giornate in cui a New York, al Palazzo di Vetro dell’Onu si parla dell’accordo sul nucleare TPNW – anche della deterrenza nucleare europea, immaginando un distacco completo dagli Stati Uniti. E’ la Francia, unica potenza nucleare dell’Unione Europea, con il Presidente Macron a spiegare di volere “un dibattito strategico sulla protezione del nostro deterrente nucleare dagli alleati europei. Per non dipendere più dalla deterrenza americana”.

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Insomma, il dado è tratto, sullo sfondo della per ora solo immaginata trattativa per la pace in Ucraina. Kiev, dopo il cointestato incontro a Washington del presidente Zelensky con il capo della Casa Bianca, Trump, sembra aver accettato le condizioni decise e poste da Washington. Quindi verrà firmato l’accordo da 500milardi di dollari sullo sfruttamento statunitense delle Terre Rare ucraine e Kiev accetterà di restare alla finestra mentre “ i grandi” decidono del suo destino. Un percorso, questo, che piace molto a Putin, che si vedrà assegnare definitivamente le terre conquistate armi in pugno e a Trump, che potrà riprendere gli affari con Mosca, riabilitando il capo del Cremlino.

Ad essere contraria è almeno parte dell’Unione Europea, I governi di Inghilterra e Francia continuano a spingere in direzione contraria, pur fingendosi felici dell’iniziativa di Trump. Il Premier britannico, Stamer, a conclusione del vertice euroatlantico a Londra, ha insistito sul piano di cessazione delle ostilità in Ucraina guidato da Londra e Parigi, con l’assenso di Kiev. Prevede una “coalizione di volenterosi” incaricati di dare garanzie di sicurezza all’Ucraina futura, schierando un contingente militare di pace per scoraggiare future mire russe. Un’idea, questa, che il Cremlino respinge come “provocazione”. A rilanciare è allora Parigi, annunciando che la Francia riunirà la prossima settimana i capi di Stato Maggiore dei Paesi che sono pronti a garantire la futura pace in Ucraina. Il Presidente Macron ha parlato della sua proposta di inviare militari europei in Ucraina dopo la pace con la Russia per garantire il cessate il fuoco. “Non andrebbero a combattere oggi – ha detto -, non andrebbero a combattere in prima linea, ma sarebbero invece lì, una volta firmata la pace, per garantirne il pieno rispetto”.

Tutto succede mentre si continua a combattere. Sul campo di battaglia ucraino è arrivato anche un nuovo contingente nordcoreano. E tutto, come ormai consueto, accade sulla testa della popolazione: dei cittadini europei, che non hanno votato alcun programma del genere e non sono coinvolti nel dibattito. Soprattutto, sulla testa degli ucraini, che rischiano di trovarsi in una Paese a sovranità limitata dopo tre durissimi e sanguinosi anni di guerra.

E lo stesso accade ai palestinesi, che non hanno più ruolo nella loro terra. Ci ha pensato – ancora una volta – il Presidente Trump a ricordarglielo, con un messaggio su X. Sul suo social network ha scritto che  i leader di Hamas hanno un’ultima possibilità di lasciare Gaza e rilasciare gli ostaggi: in caso contrario, ha minacciato, per loro “sarà l’inferno”. La copertura di Trump alle politiche di invasione ed espulsione di Netanyahu è totale. Ir Amim, una Ong israeliana, fa sapere che l’anno scorso Israele ha demolito un numero record di case palestinesi – 181 – nella Gerusalemme Est occupata. Secondo l’Ong, Israele sembra anche aver abbandonato una politica di lunga data, che vietava la demolizione di case durante il mese sacro musulmano del Ramadan, iniziato lo scorso fine settimana.

Intanto, martedì scorso, al Cairo, i leader arabi hanno approvato il Piano egiziano per la ricostruzione di Gaza, alternativo a quello turistico-balneare proposto da Trump, che prevede – ricordiamolo –  l’evacuazione forzata degli oltre due milioni di palestinesi che abitano la Striscia. Il progetto da 53miliardi di dollari approvato nella capitale egiziana permetterebbe alla popolazione di Gaza di rimanere nella propria terra. Il Presidente egiziano, al Sisi, ha parlato di “un piano che mira ad una soluzione completa e giusta della questione palestinese, che pone fine alle cause profonde del conflitto israelo-palestinese, che garantisce la sicurezza e la stabilità dei popoli della regione e che istituisce lo Stato palestinese”,

Una presa di posizione importante, che impegna il mondo arabo e che non potrà essere ignorata, pena lo smottamento degli equilibri politici dell’area. Equilibri che sembrano ancora assenti, invece, in un altro fronte della lunga guerra del Risiko mondiale: la Repubblica Democratica del Congo. I combattimenti fra forze ribelli dell’M23 ed esercito governativo continuano. La popolazione è in fuga e non si vede una soluzione all’orizzonte. Anche qui, il silenzio della diplomazia internazionale sta diventando più letale delle armi usate in battaglia.





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