Dallo scorso anno in Italia è in atto il risiko bancario, con movimenti importanti nel capitale dei più grandi istituti di credito della nazione. In gioco c’è il consolidamento di un settore che negli anni è diventato sempre più solido ed è impegnato in una lotta per la supremazia non solo all’interno dei confini nazionali. Alcune operazioni vanno al di là dell’attività creditizia e della ricerca di sinergie e si estendono al risparmio gestito e al settore assicurativo. Di seguito, uno sguardo alle transazioni in corso per fare il punto della situazione.
Unicredit-Banco BPM
è la grande protagonista del risiko bancario in Italia, forte di un tesoretto di circa 10 miliardi di euro di liquidità da sfruttare per le acquisizioni. Dopo aver puntato la rivale tedesca Commerzbank salendo al 28% del capitale (attraverso contratti derivati), l’istituto guidato da Andrea Orcel è andato all’assalto di Banco BPM. Attualmente si parla della seconda e terza banca italiana e un’eventuale fusione darebbe vita al più grande polo finanziario nazionale per attivi scalzando dalla leadership Intesa Sanpaolo.
Unicredit ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) il 25 novembre, proponendo 17,5 azioni di Banco BPM per ogni azione Unicredit. Il rapporto di concambio valuta il titolo del Banco 6,657 euro, per un controvalore complessivo stimato in 10,1 miliardi di euro. Il prezzo offerto implica un premio pari a circa lo 0,5% rispetto ai prezzi ufficiali del 22 novembre 2024, ultimo giorno di quotazione in Borsa prima dell’offerta. Il Consiglio di amministrazione di Banco BPM ha respinto la proposta di Gae Aulenti, definendola inadeguata per il valore della banca. Così la strada da percorrere per Unicredit è quella di una scalata ostile. Per farla, però, deve scendere a patti prima di tutto con gli azionisti di peso, a partire da Crédit Agricole. L’istituto francese detiene una quota del 9,9%, che sale potenzialmente al 15,1% con operazioni sui derivati. Recentemente è spuntata fuori una partecipazione di Deutsche Bank del 5,04% per conto di un cliente importante che, secondo alcune indiscrezioni, potrebbe essere proprio Crédit Agricole. Per cedere il suo pacchetto a Unicredit, l’azienda guidata da Philippe Brassac vuole alcune cose in cambio che interessano il risparmio gestito attraverso l’asset manager Amundi, il credito al consumo tramite Agos Ducato e l’attività assicurativa per mezzo di Vera Assicurazioni.
Nel frattempo il Cda del Banco pensa a manovre di ostruzionismo per rendere la vita più difficile a Orcel, tenuto conto però della passivity rule legata all’Opa lanciata su Anima Holding. Il numero uno di Unicredit tuttavia non ha fretta. Il 27 marzo si riunirà l’assemblea dei soci per varare l’aumento di capitale al fine di sostenere l’offerta su Piazza Meda, ma il banchiere romano ha fatto intendere che i tempi dell’Ops potrebbero allungarsi fino a fine giugno. In realtà, Unicredit aspetta risposte su tre fronti:
- l’esito dell’Opa di Banco BPM su Anima, al via a fine marzo, che andrà a impattare sugli indici patrimoniali;
- il verdetto della Banca centrale europea sul Danish Compromise legato alla stessa Opa, che determinerà gli eventuali benefici sulla quota di capitale da accantonare;
- i risultati del primo trimestre 2025 di Banco BPM che verranno rilasciati il 7 maggio.
Banco BPM-Anima Holding
Poco prima che Unicredit partisse all’assalto di Banco BPM, l’istituto condotto da Giuseppe Castagna aveva lanciato un’Opa sul gestore patrimoniale Anima Holding. Il 6 novembre ha proposto l’acquisto totale delle azioni a un prezzo di 6,2 euro ciascuna, per un esborso di 1,58 miliardi di euro. Il corrispettivo incorpora un premio dell’8,5% rispetto al prezzo ufficiale delle azioni rilevato alla chiusura del 5 novembre 2024 (ultimo giorno di Borsa aperta prima della comunicazione). Nel frattempo, però, il valore delle azioni Anima Holding è balzato fino a oltre 7 euro, costringendo di fatto il Banco ad adeguare l’offerta.
A fine febbraio, l’assemblea degli azionisti di Piazza Meda ha approvato il rilancio da 6,2 a 7 euro per l’acquisizione delle azioni Anima. Al momento, può contare sull’adesione di Poste Italiane e FSI Sgr, che hanno un pacchetto rispettivamente del 10,32% e 9%. Questo si unisce al 20,62% detenuto dal Banco. Per il resto c’è da convincere l’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone, in possesso di una partecipazione del 5,29%, e lanciare l’offerta ai piccoli azionisti.
L’assemblea del Banco BPM ha anche rimosso le due condizioni limitanti per l’Ops, ossia il raggiungimento di una quota almeno del 66,67% nella scalata ad Anima e l’approvazione del Danish Compromise. Il 4 marzo è arrivato il nulla osta della Banca d’Italia per l’operazione. Con Anima, Castagna vuole intraprendere una doppia strategia: acquisire un campione nazionale dell’asset management nell’ottica di uno sviluppo stand alone e imporre un maggiore impegno economico a Unicredit nella speranza che si ritiri dall’offerta sul Banco.
Banca MPS-Mediobanca
L’operazione Unicredit-Banco BPM non è gradita al governo italiano, che vorrebbe sì un maggiore consolidamento nel settore bancario, ma creando un terzo polo alternativo a Intesa Sanpaolo e Unicredit. L’ideale sarebbe stato mettere insieme Banco BPM e Banca MPS. In questo modo, lo Stato avrebbe completato l’opera di uscita definitiva dal capitale della banca toscana dopo il salvataggio del 2017. Per Palazzo Chigi, però, il sogno si è rivelato di fatto irrealizzabile. Il risiko bancario ha riservato un’altra sorpresa: Rocca Salimbeni ha lanciato il 24 gennaio un’Ops su Mediobanca. Per ciascuna azione di Piazzetta Cuccia portata in adesione, MPS ha offerto un corrispettivo unitario di 2,3 azioni di nuova emissione. Il concambio valuta le azioni Mediobanca 15,992 euro, con un premio del 5% rispetto al prezzo ufficiale del 23 gennaio 2025. La transazione ha un valore di 13 miliardi di euro.
Dalla banca milanese, però, levata di scudi. Il Consiglio di amministrazione, pochi giorni dopo ha respinto l’offerta reputandola ostile e contraria agli interessi di Mediobanca. Recentemente è spuntato un fatto che potrebbe avere delle ripercussioni e coinvolge anche Generali. La compagnia di assicurazione di Trieste e Mediobanca starebbero valutando di presentare esposti a Consob e Bankitalia, per poi arrivare alla BCE, dimostrando che Caltagirone e Delfin – la holding della famiglia Del Vecchio – agiscono di concerto. Entrambi sono soci importanti sia di Generali che di Mediobanca, nonché di MPS. In caso di approvazione del ricorso, sempre ammesso che sia depositato, i due azionisti rischiano di dover lanciare un’Opa obbligatoria, il che avrebbe un costo elevato. In questo modo, la scalata di MPS a Mediobanca potrebbe essere ostacolata.
Bper-Banca Popolare di Sondrio
Nel risiko bancario è entrata anche Bper. La banca emiliana ha lanciato il 6 febbraio 2025 un’Ops totalitaria su Banco Popolare di Sondrio, offrendo 1,45 azioni ordinarie proprie per ogni azione dell’istituto lombardo. Il valore complessivo dell’operazione è di circa 4,3 miliardi di euro. Il prezzo implicito è di 9,53 euro, che comporta un premio del 6,6% rispetto al prezzo di chiusura del titolo della Popolare di Sondrio al 5 febbraio.
L’11 febbraio, il Cda dell’azienda di Piazza Garibaldi ha bocciato la proposta di Bper perché “non riflette il percorso di creazione di valore della banca in ottica stand alone“. Il 25 febbraio, tuttavia, il Cda ha nominato Bank of America e Morgan Stanley quali advisor finanziari e lo Studio Gatti Pavesi Bianchi Ludovici e Clifford Chance quali consulenti legali, per valutare l’Ops. Inoltre, monitorando l’andamento dei corsi azionari delle due banche nel periodo successivo all’annuncio dell’offerta, ha preso atto di uno sconto implicito rispetto al prezzo ufficiale di Borsa di circa il 3%.
Banca Ifis-Illimity
L’8 gennaio 2025 Banca Ifis ha lanciato un’offerta pubblica di acquisto e scambio (Opas) sulla totalità delle azioni Illimity Bank per una cifra complessiva di 298 milioni di euro. Secondo la proposta, l’istituto presieduto da Ernesto Fürstenberg Fassio pagherà 3,55 euro per azione, con un premio del 5,8% rispetto al prezzo di chiusura delle azioni Illimity del 7 gennaio. Il regolamento avverrà con 0,10 azioni Banca Ifis di nuova emissione per ogni azione Illimity e in parte attraverso un compenso in denaro di 1,414 euro per azione.
Secondo alcune indiscrezioni, Illimity sta esplorando diverse opzioni per difendersi dall’attacco del gruppo guidato da Frederik Geertman, quali: convincere il mercato di un maggior valore rispetto al prezzo di offerta; allearsi con una banca italiana o straniera; trovare fondi di private equity che lancino una contro offerta a prezzi più alti.
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