Gli ultimi dati, a partire dall’analisi della Svimez, confermano che il Sud è in crescita, anzi traina l’Italia. E proprio del futuro del Sud si parlerà domani con l’appuntamento “La questione meridionale oggi”, convegno organizzato dal Pd durante il quale si confronteranno sindacati, imprese, politica e stampa cittadina. All’appuntamento ci sarà anche Giovanni Sgambati, segretario generale della Uil Napoli e Campania. «È vero, i dati economici del Sud sono positivi. Ma bisogna direzionare bene la crescita. Lo stesso rapporto Svimez fornisce dati in chiaroscuro. La disoccupazione è ancora molto elevata. Ci sono ritardi ancora molto importanti per quanto riguarda l’occupazione femminile e quella giovanile. E troppi sono ancora i ragazzi che vanno via. Un elemento che insieme alla denalità è allarmante. Per questo è necessario che questa crescita abbia una giusta direzione».
Si riferisce in particolare alla necessità di migliorare le condizioni di lavoro?
«Ovviamente sì. E su due fronti. L’Istat pochi giorni fa ha evidenziato che il divario tra Nord e Sud per quanto riguarda i redditi è aumentato. Anche la crescita dell’occupazione, quindi, va analizzata bene: salgono i livelli di lavoro povero e precario. Sono elementi su cui bisogna intervenire al più presto. Per non parlare del lavoro in nero che ancora è un elemento troppo presente. Proprio per questo faremo presto un’iniziativa anche a Napoli perché questi nodi sono presenti in maniera massiccia nell’area metropolitana».
Cioè?
«Porteremo in piazza Mercato la “carovana Uil” che sta girando in tutta Italia. Il 10 e l’11 marzo ci confronteremo con le istituzioni per parlare delle diverse facce del precariato nel mondo del lavoro. Non solo in riferimento a quell’occupazione povera a cui accennavo, ma anche a quei lavoratori particolarmente fragili. Penso ad esempio ai tanti immigrati che lavorano senza tutele nel settore agricolo ma anche ai tanti napoletani impiegati nel settore dei servizi. Soprattutto per quanto riguarda il turismo, è necessario superare la precarietà e il troppo lavoro nero presente. Il terziario può essere un volano di sviluppo per la nostra regione ma è necessario, come per tutti gli altri settori, che questa crescita sia regolamentata soprattutto per quanto riguarda il mercato del lavoro».
Quali sono, quindi, le richieste alle istituzioni?
«Bisogna lavorare tutti insieme affinché la crescita economica che sta vivendo il Mezzogiorno sia davvero diffusa nella società. E questo succede se migliorano le condizioni di lavoro e i livelli di retribuzione. Per far ciò che questa accada è necessaria innanzitutto una rivalutazione dei salari e una detestazione degli aumenti contrattuali. Anche perché, ad esempio, il fenomeno turistico crea anche un aumento del caro vita per lavoratori, studenti e famiglie. Senza parlare del tema della crisi abitativa soprattutto per tanti giovani studenti e lavoratori».
Cos’altro?
«È necessaria una maggiore collaborazione istituzionale. Bisogna fare squadra per il bene del territorio. Non bisogna guardare al proprio fortino ma c’è bisogno di più sinergia tra i vari livelli istituzionali».
È auspicabile, ad esempio, per evitare che vada in porto l’idea dell’Unione europea di utilizzare i fondi di coesione per il programma di riarmo.
«Assolutamente sì. È vero che serve un’Europa più unita e che è necessaria la costruzione di una difesa europea. Ma una cosa è il coordinamento, altra è un aumento delle spese militari. E non solo. Sicuramente sarebbe sbagliato utilizzare le risorse dei fondi di coesione. Significherebbe condannare le aree arretrate a restare tali. Già le risorse presenti non sono sufficienti. Così l’Europa farebbe un passo indietro».
Ieri a Roma avete festeggiato i 75 anni della Uil.
«Sì, da tre quarti di secolo restiamo ancorati a quei principi di pragmatismo che ci hanno sempre animato. E proprio per quello chiediamo una riforma nel mondo sindacale. È ora di pensare a un election day nel settore privato, come accade nel pubblico. E poi c’è bisogno di una reale certificazione della rappresentanza sia per le associazioni datoriali che per quelle sindacali».
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