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Fare ristorazione, imprendere, aprire un locale fuori città o sposare un progetto ambizioso: le combinazioni per chi vuole avvicinarsi e intraprendere un percorso di successo nel mondo dell’enogastronomia sono sempre più numerose e imprevedibili. Nonostante le variabili per la buona riuscita di un progetto cambino a seconda delle geografie, dei business plan, delle modalità di comunicazione e delle capacità manageriali di chi vi sta a capo, i giovani che scelgono questo ambiente sono ancora tanti. La ventesima edizione di Identità Milano è stata l’occasione per guardare al futuro e dare voce ad alcuni dei protagonisti della scena professionale italiana, che con energie personali e passione portano avanti nuovi modelli di vita e carriera.
In un momento storico in cui sono in molti a domandarsi che fine farà il fine dining (o che fine ha fatto), i punti di vista sul tema sono molteplici e contrastanti. Impossibile trovarne uno che metta d’accordo tutti e anzi, a seconda delle situazioni vissute dai singoli individui, le considerazioni e le argomentazioni evolvono e si adattano.
Davide Marzullo, chef e volto di Trattoria Contemporanea, racconta l’esperimento di successo che fonde in un unico luogo un campus creativo, un ristorante stellato, un’agenzia di comunicazione, uno studio grafico oltre che un progetto di recupero industriale di periferia estremamente riuscito. In un ex cotonificio a Lomazzo, già verso Como, Trattoria Contemporanea si compone oggi di un team di quattordici ragazzi di circa ventitré anni, per i quali il percorso di crescita del singolo individuo è direttamente e strettamente legato alla crescita del team. «Il fine dining è super-vivo per quello che ci riguarda. In media a pranzo riusciamo a superare i trentacinque coperti mentre la sera siamo sempre si di un numero variabile tra i trenta e i trentasei. I ragazzi hanno due giorni e mezzo di riposo, cinque settimane di ferie all’anno e siamo aperti pranzo e cena sei giorni su sette. Questo non per dire che siamo i più bravi, anzi, ma per sottolineare quanto ogni progetto necessiti di trovare nuovi equilibri di sostenibilità e di lavoro, un’identità forte e un legame effettivo con il presente. A maggior ragione quando si parla di fine dining».
Il dibattito nello spazio Arena
Affine come pensiero, ma con una posizione che lo vede imprenditore in prima persona, Richard Abou Zaki racconta la sua esperienza di provincia nel Centro-Sud. Under 40, lo chef italo-rumeno possiede quattro diversi ristoranti tra Porto San Giorgio e Lido di Fermo insieme al suo socio Pierpaolo Ferracuti. Un’avventura iniziata praticamente in pandemia e senza grandi strutture e proseguita con grandissimo successo nonostante le piccole dimensioni della città e una mentalità sicuramente meno aperta a una ristorazione innovativa e dinamica. Retroscena, ristorante premiato con una stella Michelin, si compone di pochi coperti e un rapporto numero dipendenti/fatturato sicuramente sbilanciato, ma di cui Abou Zaki e il socio sono perfettamente consapevoli. «Il nostro modello di business comprende non a caso più realtà sul territorio cittadino, abbiamo deciso volutamente di aprirci alla città fin da subito andando a ricreare un marketing mix molto ampio delle nostre proposte, con fasce di prezzo diverse e format comprensibili. Negli ultimi tempi ho capito che le persone non hanno né interesse, né tempo, né risorse per assecondare l’ego autoriferito di molti chef. Anche chi sceglie una cena al fine dining cerca concretezza, verità, sostanza. Per questo il nostro lavoro deve tornare ad essere meno fumoso – passatemi il termine – e più amorevole nei confronti di chi ci sceglie».
La parola a Enrico Croatti
Diversa la condizione di Enrico Croatti, executive chef per Moebius Milano e Lubna, il nuovo progetto appena inaugurato in zona Fondazione Prada. Qui i presupposti sono totalmente diversi, con una variabile legata alla tipologia di format, fascia di prezzo e posizionamento che sono determinanti in città. «Il nostro percorso è partito ponendoci obiettivi precisi e (possiamo dirlo) ambiziosi. Codificare una proposta di alta ristorazione all’interno di uno spazio come Moebius non è mai stato facile ma il tempo ci ha premiato. Qui coesistono due diverse proposte, una decisamente comfort e conviviale, con qualche contaminazione dal mondo, che ben si presta a soddisfare le esigenze del cocktail and lounge bar, e poi il ristorante sperimentale. Per la nuova apertura invece ho voluto proporre una cucina di fuoco e immediata. Parliamo di brace ma non nell’accezione creativa contemporanea, ma di fuoco quasi primordiale, del bbq delle cucine da casa con i piatti della tradizionale». Da qui un menu di pochi antipasti e crudi, una selezione di piatti totalmente o parzialmente passati a carbone e la speciale lasagna alla brace proposta, come è giusto che sia, solo la domenica. A riprova delle diverse e soggettive interpretazioni che si possono avere oggi di una cucina che non ha più senso definire alta o bassa, ma che deve necessariamente farci stare bene portando a casa un ricordo felice e lo stomaco sazio.
Ancora differente la storia di Christian Milone, deus ex machina della Trattoria Zappatori di Pinerolo (Torino), un’attività ereditata dai genitori e che lo vede protagonista dal 2006, dopo aver abbandonato una carriera da ciclista professionista. «Nel mio caso, non avevo bisogno di creare qualcosa di nuovo ma semplicemente di evolvere qualcosa di storico e di attualizzarlo. Avevamo un locale spartano e semplice, nel 2021 lo abbiamo totalmente rinnovato per rendere l’atmosfera più invitante e premiante per l’ospite. In cucina ci sono sempre io, come ai tempi c’era mio papà, e seguiamo un doppio filone. Quello inevitabilmente legato alla tradizione, con piatti caratteristici come vitello tonnato, i plin, l’insalata russa, che abbiamo in ogni caso reinterpretato; e un menu creativo. Il secondo è legato al mercato e al prodotto, lasciamo al cliente la possibilità di scegliere uno o due ingredienti su cui sarà mia cura andare a disegnare un percorso che interpreti al meglio quella materia prima».
E pertanto, quale modello sarà quello vincente? Diversi approcci, diversi gradi ed esempi di sostenibilità economica con l’impegno (che arriva a cavallo tra la richiesta e il suggerimento da parte del pubblico così come della critica) di doversi necessariamente costruire una personale identità culinaria. Senza avere fretta, ma con determinazione e costanza, c’è ancora grande spazio nel settore per i professionisti con visioni solide e voglia di mettersi in gioco.
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