Il lavoro è un diritto a intermittenza. La crisi economica rende il raggiungimento di un’occupazione stabile sempre più utopico, ma oltre i fattori di rischio e gli imprevisti dettati dallo stallo del mercato del lavoro, in Italia c’è anche un ulteriore aspetto poco conosciuto in grado di rendere la ricerca di un impiego un enigma senza risposta. Si tratta della mancanza di conoscenze di base, in special modo nel mercato editoriale, in merito all’assunzione di personale con disabilità: un settore in crisi come l’editoria e l’informazione può rilanciarsi grazie all’impiego di professionisti con disabilità in azienda.
Uomini e donne pronte a lavorare, con i requisiti giusti, che non vengono presi in considerazione perché non esiste, a oggi, chiarezza per quanto riguarda l’accesso al mercato del lavoro per le categorie protette.
Qualche numero per descrivere una situazione profondamente precaria in stallo da anni. La mancanza di personale con disabilità, soprattutto in qualità di giornalisti e giornaliste, è un dato di fatto che prescinde l’attuale congiuntura economica, ma diventa rilevante nel momento in cui è necessario trovare una via d’uscita per far quadrare i conti dal punto di vista economico e assolvere i propri doveri sul piano etico e sociale.
La Legge 68/99 obbliga le aziende pubbliche e private ad assumere personale con disabilità nel proprio organico in percentuale al numero dei dipendenti in azienda: nello specifico le aziende che hanno tra i 15 e i 35 dipendenti devono assumere al loro interno almeno un lavoratore o una lavoratrice con disabilità. Se, invece il personale è composto da 36 a 50 unità, le persone con disabilità assunte devono essere almeno 2. Un’azienda con il numero dipendenti superiore a 50 deve avere almeno il 7% del totale in organico con disabilità. Questo afferma la Legge 68/99 che mira all’inclusione sociale e alla realizzazione lavorativa delle persone con disabilità.
Su questo tema l’Italia è molto indietro, le recenti statistiche confermano che il tasso di occupati (coloro che hanno un impiego) tra le persone con disabilità è pari al 35,8%.
Le donne con disabilità che hanno un lavoro stabile sono appena il 26,7% del totale, mentre il 17% ha meno di 40 anni. C’è dunque un disavanzo del 64,2%: centinaia di migliaia di persone con disabilità, abili però nel lavoro, che sono senza impiego pur essendo qualificate. Colpa del pregiudizio? Non sempre, spesso è una questione di mancati strumenti. Veniamo, infatti, nello specifico alle politiche di assunzione vigenti nell’editoria e nell’informazione. Le nuove frontiere del giornalismo hanno aperto le porte anche ai cronisti e le croniste con disabilità. Gli strumenti non mancano, così come le referenze, ma – statistiche alla mano – i cronisti con disabilità (regolarmente riconosciuti) sono il 10%. Nel Lazio si attestano sotto al 5%. Percentuali irrisorie che, però, rappresentano centinaia di persone in cerca di lavoro che, nella maggior parte dei casi, si ritrovano a collaborare da freelance (quando va bene) o addirittura a essere ignorati nonostante il regolare tesserino e un curriculum qualificato. Questo vuol dire che l’assunzione di una persona con disabilità può giovare anche nelle redazioni giornalistiche e nelle realtà editoriali? La risposta è sì. È sufficiente mettere in contatto le persone con i canali più idonei.
A questo potrebbe e dovrebbe servire il Disability Job Supporter: una figura professionale che, anche nell’editoria, sia in grado di gestire l’intero percorso che porta al processo di inclusione lavorativa.
Un vero e proprio esperto qualificato che sia in grado di seguire la persona con disabilità fino all’inserimento in redazione. È chiaro, infatti, da testimonianze acclarate, che gli editori sono a conoscenza soltanto parzialmente (nella maggior parte dei casi) degli sgravi fiscali che una redazione giornalistica o realtà editoriale acquisisce se assume personale con disabilità. Vale anche per gli uffici stampa. Si arriva a ottenere agevolazioni, sul piano fiscale ed economico, fino all’80% del reddito. Vuol dire che una persona con disabilità, assunta, a conti fatti, costa meno – in termini di erogazione stipendio – e può garantire la professionalità necessaria a veicolare un nuovo tipo di informazione: plurale, condivisa e inclusiva. Gli sgravi fiscali, questo va ricordato in ambito di colloquio, scattano soltanto se la persona con disabilità è iscritta al collocamento mirato. Andel (Agenzia Nazionale Disabilità e Lavoro) attraverso i canali di riferimento spiega nel dettaglio come attivare le procedure di iscrizione, per quanto riguarda invece il mercato del lavoro l’attività editoriale e giornalistica per i cronisti con disabilità sembra essere in stallo: il ricambio nelle redazioni appare lento e non solo per il periodo di crisi che attraversa il settore, ma anche per la mancata presenza di redazioni giornalistiche agli eventi dedicati.
Al Diversity Day di Roma, il career day dedicato alle persone con disabilità, tenutosi alla LUISS Guido Carli lo scorso 5 dicembre non era presente alcuna redazione giornalistica o realtà editoriale.
Questa tendenza deve cambiare: anche le regioni, in particolare il Lazio, devono poter mettere in contatto l’editoria con il capitale umano con disabilità. I prospetti informativi SILD presentano ancora troppe lacune in ambito editoriale. Proprio per colmare questa distanza è necessario un impegno comune, che coinvolga anche l’Ordine e il Sindacato dei Giornalisti. Siamo ancora in tempo per un’informazione a misura di tutti, sulle orme di Franco Bomprezzi: “La disabilità è negli occhi di chi la guarda”. Per questo occorre vederci lungo. Più di pregiudizi, stereotipi e negligenza. Attraverso la giusta dose di inclusione, perché l’emancipazione passa anche dal riconoscimento del proprio lavoro.
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