E’ finita la settimana della moda? Perché era cominciata, non me ne ero accorta. La moda é bollita. K-Way festeggia i suoi primi 60 anni. Hui, L’Arabesque e Anteprima dettano tendenze e still life – Foto 1 di 14

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Se la Men Fashion Week aveva già registrato un calo di quasi il 6%, è andata  peggio con la Woman Fashion week.

Per quanto ci concerne possiamo anche chiamarla la Women Month Week ( il mese della moda) ma la sostanza non cambia. La settimana di fatto si è striminzita  a cinque giorni. Come un abito messo in lavatrice al lavaggio sbagliato. 

E come ha titolato il saggista Antonio Galdo, ideatore del sito “Non sprecare” e autore del volume “Il mito infranto. Come la falsa sostenibilità ha reso il mondo più ingiusto” (Codice Edizioni). Prezzi triplicati e vendite in calo. L’etichetta del green e della sostenibilità appiccicata ovunque, anche a sproposito. E alla fine è arrivato il conto: dal lusso al  fast fashion, è in depressione. Rifarsi la veste per aprirsi a nuovi mercati. E tentare l’assalto a quella  roccaforte che è diventata Parigi. Ma venti di turbamento soffiano anche li’.

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La settimana della moda era cominciata bene: con il super party di K- Way che festeggiava i suoi primi 60 anni, con una ritrovata vitalità. All’inizio era un imperbiabilino portatile da infilare in borsa inventato durante una piovosa giornata parigina. Nel 1986 Castelbajac disegnava una collezione già molto fashion. Poi é arrivato Marco Boglione, lungimirante proprietario di Kappa ( e di altri marchi) per garantirne la continuità e la funzionalità. I capispalla a guscio, arricchiti da strati in jersey di lana, il layering, i colori iconici di K-Way, la zip tricolore, tasche pratiche e capienti, uniscono tradizione e innovazione. Il blouson K Way imbottito  sfila anche sul tacco a spillo tra su una pedana sospesa sull’acqua. 

Si cambia scenario:  Villa Mozart sembrava il set di “ Eyes Wide Shot” per il Ballo Masqué organizzato dalla promoter event Alessandra Ianzito, spumeggiante come bollicine, e borse e clutch della griffe storica Serapian luccicavano su piramidi di bicchieri di cristallo. Dress code black and White, come l’iconico ballo di Truman Capote al Hotel Plaza di New York. Invitato il jet set mondiale.

E tiro fuori dall’armadio un meraviglioso vintage couture di Giorgio Armani, ha l’età di mio figlio, 26 anni, lungo, nero, con corsetto di jais ricamato.  

Armani non vende, non venderà, é un’altra certezza che ci consola in tempi bui per il made in Italy. Sabato Sarno, invece, direttore creativo di Gucci é stato licenziato in tronco, la griffe era ai minimi storici di vendite. Ma la moda fa giri immensi e poi ritorna da dove era partita. Versace non trova pace, venduta agli americani é in trattative molto avanti con Prada. Da parte sua Miuccia Prada si è limitata a dire che il dossier «è sul tavolo di tutti”. Dunque anche sul suo. 

 Lo stile timeless di Emporio Armani ha aperto con Emporio Armani e ha chiuso con Armani Couture. Tutti in piedi, sembra di essere alla serata degli Oscar. Ogni stagione un tema, quest’anno era il “Mettersi in gioco”, e Armani lo fa ancora a 91 anni. E cosi’ le carte da gioco ricorrono come dettaglio, intarsio e stampa. 

Ermanno Scervino (  Toni é il suo pilastro  che non vuole mai essere menzionato) sfila il savoir faire artigianale della celebre maison fiorentina: grossi maglioni tricotè indossati su abiti chiffon, il cappotto/vestaglia di montone sopra sottovesti punteggiate di cristalli mentre le alte cinture da corsetteria per esaltare il punto vita ( anche di chi non ce l’ha più). Il parterre sembrava quello di Sanremo: entra Tony Effe, ancora assonnato, bersagliato dai flash, che se la tira neanche fosse Simon Le Bon dei tempi d’oro. 

L’Arabesque é un cult store, in Largo Agusto, che stupisce appena metti piede, ti rapisce la sua Library con titoli di design che trovi solo qui,  un café/ristorante da costellazione di stelle, e una boutique/archivio specializzata nel vintage, quei cappellini in piume di struzzo sembrano usciti da una Grande Prima scaligera. L’inventrice del multi/concept, “palestra” di creatività,  é Chichi Meroni, stilista e designer, ha girato il mondo, e ha trasferito le sue visioni di un life style minimalista/chic dal Giappone a qui. Il risultato é uno caledoscopio di tendenze sotto le volte di un soffitto “ispirato” al surrealismo di Dali e Piccaso. Tutto custom made dall’abito icona “Robe Noir” ai gioielli 3D in resina, non solo rivolte alle top spender cosmopolite.

Incontro fra moda e arte per Anteprima, disegnata dalla stilista giapponese  Izumi Ogino  con l’artista

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giap Izumi Kato.  Per lei ogni abito é una vera e propria opera d’arte che  prende vita con chi la indossa. Silhouette oversize e unisex sono al centro della collezione. Maglione in misto alpaca con motivi delle opere di Kato, come anatre mandarine e volti alieni, blazer in lana doppia con giacca trapuntata in nylon, arricchiti da ricami ispirati a Kato.

Ancora Giappone anche se Hui é cinese e innamorata dell’Italia.  Fa couture , vive un po’ qui, un po’ in Cina é la sua moda vuole essere un ponte tra le due culture. Il punto di partenza é sempre la rivisitazione  etniche e culturali della Cina  Sfilano negli opulenti saloni tra broccati e damaschi  dei saloni di Palazzo Clerici gilet trapuntati che ricordano quelli anti/proiettili dei soldati e abiti di paillettes un po’ stile Balenciaga. All’ingresso due signorine in costume tradizionale invitano a riallacciare con un filo rosso pezzi frantumati di ceramica stesi su un tappeto tondo. Sembra un mandala. Addio allo scarponcino carrarmato sostituito da uno stivaletto affusolato, un po’ pugile, un po’ aviatore. Decisamente più donate. Bellissimo il bicolore, arancione e marrone. Lo voglio!.





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