Nella Striscia di Gaza situazione umanitaria al collasso, rischio epidemie

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Secondo l’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale “è entrato appena il 30% degli aiuti che era pattuito e in particolar modo non sono entrate le case mobili che dovevano dare almeno un riparo”. Fermi alcuni desalinizzatori e iniziano ad esserci problemi nella fornitura di energia elettrica. Ad oggi, il 90% delle popolazione a Gaza è sfollata. Azione contro la fame: difficile fornire pasti e alimentazione adeguati

Alessandro Guarasci – Città del Vaticano

Dopo il blocco degli aiuti verso la Striscia di Gaza, la situazione umanitaria per migliaia di palestinesi rischia di aggravarsi. Alfio Nicotra, dell’esecutivo Aoi, l’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale, racconta di una situazione vicina al collasso. “Nella Striscia di Gaza – spiega – il blocco è totale e in questo momento si stanno verificando anche dei blocchi nell’erogazione dell’energia elettrica. Hanno smesso di funzionare alcuni desalinizzatori e questo chiaramente crea allarme nella popolazione civile. Israele sostiene che in questi quarantadue giorni (da quando è scattata la tregua, ndr) sono stati forniti aiuti a sufficienza per la popolazione di Gaza. A noi non risulta che sia così. Secondo le Nazioni Unite è entrato appena il 30% di quello che era pattuito e in particolar modo non sono arrivate le case mobili che dovevano dare almeno un riparo. Si tratterebbe di un conforto per la popolazione civile che non ha più una propria casa e vive in tende di fortuna”. Aoi aveva organizzato un anno fa una spedizione al valico di Rafah in Egitto per chiedere l’aumento del flusso di aiuti umanitari verso la Striscia.

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Ascolta l’intervista ad Alfio Nicotra

Migliaia di tende in attesa di essere consegnate

Le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative associate hanno portato circa 100.000 tende, mentre centinaia di migliaia di palestinesi cercavano di tornare alle loro case, spesso distrutte o troppo danneggiate per viverci. Ma i progressi umanitari si basano sulla continuità del flusso di aiuti. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha ora 22.500 tende nei suoi magazzini in Giordania, dopo che i camion di rifornimento hanno riportato il loro carico non consegnato una volta che l’ingresso alla Striscia è stato bloccato, dichiara Karl Baker, coordinatore regionale dell’agenzia per le crisi. L’International Rescue Commission ha tutt’ora 6,7 tonnellate di medicinali e forniture mediche in attesa di entrare a Gaza.

Rischio epidemie, prezzi alle stelle a Gaza

Proprio il tema di dove far alloggiare i palestinesi che stanno rientrando nel nord della Striscia di Gaza è tra i più difficili da affrontare. “I bagni chimici – sottolinea ancora Nicotra – sono fondamentali perché non potendo ripristinare la rete fognaria, la rete idrica, il rischio è che con l’arrivo della stagione più calda si diffonda, come già avvenuto quest’estate, il colera e il tifo o altre malattie che colpiscono specialmente la popolazione più fragile dopo la fine della prima fase della tregua. Noi siamo presenti ovviamente con i nostri partner nella Striscia di Gaza, ma anche in Cisgiordania, dove ci sono continue tensioni tra coloni e popolazione residente. Ci appelliamo quindi al diritto internazionale, perché è una bandiera di civiltà che caratterizza la comunità internazionale rispetto alla barbarie della guerra”. Ad oggi, a Gaza il 90% della popolazione è sfollata, il 60% delle infrastrutture sono danneggiate, dei 37 ospedali presenti prima della guerra oggi ne funzionano in pieno non più di una decina. C’è da aggiungere che con lo scoppio delle ostilità, i prezzi di alcuni generi alimentari sono anche triplicati, ad esempio un chilo di pollo due anni fa costava 5 dollari e ora invece ne costa 14. E questo sta facendo crescendo a ritmo esponenziale i casi di malnutrizione.

A rischio la vita di migliaia di palestinesi

Per l’organizzazione Azione contro la fame, la sospensione degli aiuti umanitari a Gaza minaccia di invertire i progressi raggiunti finora, mettendo a rischio le vite di milioni di palestinesi a Gaza e il lavoro delle organizzazioni umanitarie. “Dal momento in cui è iniziata la tregua a Gaza, in media quasi 300 camion al giorno sono entrati attraverso i valichi disponibili, ma questo non è ancora sufficiente rispetto alle necessità attuali della popolazione e molto al di sotto di quanto concordato nella tregua”, dice un comunicato. Natalia Anguera, responsabile delle operazioni in Medio Oriente, aggiunge: “Prima di domenica, era consentito l’ingresso a Gaza di una quantità maggiore di beni alimentari e questo ci aveva permesso di intervenire in modo più adeguato e rafforzare il nostro contributo dove non potevamo accedere prima. In Azione Contro la Fame, stavamo programmando di inviare aiuti alimentari a Gaza la prossima settimana per sostenere una cucina comunitaria con sede a Gaza che avrebbe assistito oltre 4.000 persone durante il mese del Ramadan, ma la restrizione attuale ci impedisce di farlo”.



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