Negozi sfitti, perse 137 attività commerciali in dieci anni nel centro storico di Rovigo

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ROVIGO – Il declino del commercio nel centro storico sembra inarrestabile. Secondo una recente indagine di Confesercenti, nel 2024 in Italia sono stati chiusi 61mila negozi e ne sono stati aperti 23 mila. È stato l’anno peggiore dal 2014, e Rovigo non fa eccezione. Ogni giorno in Italia 27 negozi chiudono le serrande per non alzarle mai più: un fenomeno generalizzato e inarrestabile. Fra il 2013 e il 2023, la città di Rovigo ha perso 137 esercizi commerciali, con un trend di chiusure annuali in continua crescita. Una realtà che ha trasformato anche il cuore della città in tante strade deserte, con saracinesche abbassate e locali sfitti e che trova le sue ragioni principalmente in cambiamenti nelle abitudini di consumo, nello sviluppo del commercio on line, nell’aumento dei costi energetici e di gestione, nella mancanza di un ricambio generazionale.
 


L’allarme

Si parlerà anche di questo nell’assemblea dei soci dell’Associazione della Proprietà Edilizia di Rovigo, che si terrà il 13.3.2025 alle 17.30 in prima convocazione e alle 18.30 in seconda convocazione, al Seminario Vescovile di Rovigo (sala Pio X, via Pascoli 51). Quattro i punti all’ordine del giorno: esame ed approvazione del bilancio consuntivo 2024 e del bilancio preventivo 2025; nomina di un consigliere e modifiche allo Statuto. «I proprietari degli immobili commerciali del centro storico – denuncia il presidente Paolo Mercuri – si trovano ad affrontare, ormai da anni, una situazione critica e sempre più difficile. La chiusura delle attività commerciali comporta una perdita di reddito derivante dagli affitti, mentre il capitale immobiliare viene eroso dalla patrimoniale Imu, dalle spese condominiali, e dalla diminuzione di valore degli immobili stessi derivante dalla scarsa commerciabilità e dalla carenza della domanda, anche a fronte di una riduzione dei prezzi. Inoltre, la presenza di locali sfitti contribuisce al degrado urbano, rendendo le aree abbandonate meno attraenti per potenziali nuovi inquilini o investitori, con un futuro che si prospetta sempre più difficile».
 

Il richiamo 

Dito puntato contro la politica disinteressata a questo fenomeno, con le locazioni commerciali ancora disciplinate da leggi anacronistiche e sottoposte a una disciplina fiscale che non si è adeguata al mutamento del mercato e molto più sfavorevole rispetto a quella delle locazioni abitative. «Per tentare di invertire questa tendenza negativa, si potrebbero ipotizzare alcune strategie che coinvolgano le istituzioni, i proprietari immobiliari e gli operatori del settore – propongono dall’associazione -. In attesa di una riforma del settore e della auspicabile estensione della cedolare secca anche alle locazioni commerciali – che consentirebbe di ridurre i canoni di locazione – sarebbe utile individuare incentivi a livello locale per favorire l’apertura o la riapertura dei negozi. L’amministrazione potrebbe introdurre agevolazioni fiscali, come l’esenzione da Imu e Tari per i proprietari di negozi che decidono di avviare nuove attività nel centro o una rimodulazione di imposta e tariffe differenziandole da quelle dei negozi ubicati nei centri commerciali. 
 

La proposta

«Occorre stabilire una duratura partnership tra Comune, associazioni di categoria e proprietari immobiliari per sviluppare progetti condivisi di riqualificazione urbana, promozione del territorio e sviluppo del commercio». Le associazioni di categoria potrebbero organizzare corsi di formazione e attività di consulenza per facilitare il passaggio generazionale e il trasferimento delle attività a nuovi imprenditori, garantendo la continuità delle realtà commerciali storiche. I locali commerciali sfitti potrebbero diventare poi spazi multifunzionali, come coworking, gallerie d’arte o centri culturali, per attrarre diverse tipologie di utenti e rivitalizzare l’area. Una trasformazione supportata dalla creazione di una Cabina di regia fra Comune, Camera di commercio, associazioni del commercio e quelle dei proprietari per i creare un modello innovativo e stabile di gestione, rilancio e sviluppo dell’hub urbano».





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