Mafia ed estorsioni, 9 arresti nell’operazione “Old horse”

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Su delega della Procura distrettuale della Repubblica di Catania – Direzione distrettuale antimafia – i militari del Comando Provinciale Carabinieri di Catania, supportati dalla Compagnia di intervento operativo del XII Reggimento “Sicilia”, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale etneo, nei confronti di 9 persone (tutte in carcere) indagate per “associazione a delinquere di stampo mafioso a carattere armato, estorsione, acquisto, detenzione e cessione di stupefacenti aggravate dal metodo mafioso”.

Si tratta di Alfio Caruso, di 57 anni; Alfio Currao, di 58; Alessandro De Luca, di 50; Angelo Di Stefano, di 64; Santo Laudani, di 57; Daniele Licciardello, di 52; Paolo Daniele Nicolosi, di 40 anni; Orazio Giuseppe Santonocito, di 72; Barbaro Stimoli, di 47.

L’ indagine, condotta dal Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Gravina di Catania da marzo 2021 ad aprile 2023, col coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, trae origine dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia nonché dalle risultanze investigative emerse da precedenti operazioni denominate” Sotto Scacco” e “Black Lotus” (eseguite nel 2021 e 2019, che avevano consentito di disvelare l’organigramma dei gruppi criminali affiliati alla famiglia Santapaola-Ercolano operanti, per conto di essa, in alcuni comuni della provincia etnea in particolare, tra gli altri Belpasso e San Pietro Clarenza). Gli ulteriori accertamenti, svolti anche attraverso attività tecniche, avrebbero permesso di acquisire  gravi elementi indiziari in ordine alla sussistenza ed operatività, nonché l’egemonia, della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano nei territori di San Pietro Clarenza e Belpasso, operante in particolar modo nel settore delle estorsioni e dello spaccio di sostanze stupefacenti.

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In particolare, è stata ricostruita sulla base degli indizi raccolti l’organizzazione del gruppo, identificandone i vertici, i ruoli e la struttura gerarchica. Il gruppo, oltre a gestire le proprie attività, sarebbe stato in grado anche di mantenere rapporti con altre organizzazioni criminali, ricorrendo ad azioni intimidatorie e violente per affermare la propria egemonia sul territorio.

Il gruppo, seguendo il tipico modus operandi delle organizzazioni mafiose, avrebbe alimentato una cassa comune destinata anche al sostegno degli affiliati detenuti. In questa cassa confluivano i proventi delle estorsioni e del traffico di stupefacenti.

Il nome dell’operazione “Old Horse” (vecchio cavallo) deriva dall’attività lavorativa di Orazio Giuseppe Santonocito, principale indagato dell’indagine, titolare di una macelleria equina a San Pietro Clarenza. Le indagini hanno rivelato che, già dal 2016, l’uomo ricopriva il ruolo di responsabile della famiglia catanese di Cosa nostra per i comuni di San Pietro Clarenza e Belpasso. La macelleria, oltre a essere la sua attività commerciale, sarebbe stato anche il luogo in cui si riuniva con gli affiliati per pianificare le attività criminali e convocare le vittime di estorsione.

II “macellaio di San Pietro Clarenza”, così come lo chiamavano gli affiliati del clan durante le azioni estorsive, veniva spesso citato per evocare il potere del vertice santapaoliano e intimidire le vittime, costringendole a cedere alle richieste illecite. Santonocito si sarebbe occupato in prima persona di attività estorsive incentrate principalmente sul recupero crediti intervenendo nelle vicende che coinvolgevano gli imprenditori che richiedevano il suo intervento svolgendo indebitamente funzioni “paragiurisdizionali”, avvalendosi di metodi intimidatori e a volte ricorrendo direttamente all’uso della violenza. Nei diversi episodi estorsivi allo stato contestati agli indagati nel contesto della mediazione mafiosa relativa al pagamento dei debiti, sarebbe emerso il conseguimento per il sodalizio di indebite utilità consistite non solo in somme di denaro ma anche nella consegna di beni, ad esempio generi alimentari, da destinare agli affiliati detenuti.

Lo spaccio della marijuana invece, seppure non attività prevalente del gruppo, sarebbe stato esercitato dall’indagato Alfio Caruso, ritenuto, sulla base degli indizi raccolti, braccio destro del Santonocito, anche al fine di impedire l’ingresso di altri gruppi criminali nel territorio di San Pietro Clarenza e Belpasso. A sostegno del quadro indiziario sono stati eseguiti, nel corso delle indagini, 3 arresti in flagranza di reato, per “estorsione aggravata dal metodo mafioso”, con la contestuale cessazione dell’attività estorsiva nei confronti di un imprenditore locale (nel relativo procedimento è già intervenuta sentenza di condanna in primo grado nei confronti degli imputati, tra cui proprio il Santonocito e il Caruso). Per tale estorsione, sono state contestate agli indagati ulteriori condotte poste in essere ai danni della vittima e non contestate in occasione dell’arresto in flagranza.





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