Noémie Roten è la direttrice dell’associazione Service Citoyen. Qui mostra il foglio delle firme per la sua iniziativa popolare. Mentre coordinava la raccolta delle firme, Roten ha notato molte firme sospette.
Keystone / Anthony Anex
I dubbi sulla possibile falsificazione delle firme per le iniziative popolari hanno rafforzato la spinta verso la raccolta digitale. L’esperienza della California mostra l’importanza della fiducia popolare nella digitalizzazione della democrazia diretta.
Noémie Roten ha l’allure di una paladina della cittadinanza partecipativa. Ha reso pubblico uno scandalo epocale sul funzionamento delle istituzioni democratiche svizzere, e col senno di poi oggi commenta: “Persino nelle più avanzate democrazie del mondo possono verificarsi incidenti di percorso”.
Questo genere di “scosse”, dice, è salutare. Perché ricorda a cittadini e cittadine l’importanza di tenere sotto controllo l’operato dello Stato. E si tratta d’altronde di un buon segno, sottolinea, quando le istituzioni si mettono in discussione.
I retroscena della “truffa delle firme”
Ma cosa è successo, esattamente? L’associazione Service Citoyen (servizio cittadino), fondata da Roten nel 2023, ha depositato una denuncia penale dopo essersi resa conto che molte delle firme raccolte da un’azienda specializzata nel settore sarebbero false.
In un primo momento, la vicenda non è diventata di dominio pubblico. La musica è cambiata un anno dopo, grazie alla pubblicazione di un’inchiesta giornalistica sui quotidiani del gruppo Tamedia.
Tale inchiesta ha concluso che molte firme sono presumibilmente false, e che il fenomeno riguarda tutti gli schieramenti politici e le iniziative di ogni genere, da quante chiedono un maggiore impegno per la protezione dell’ambiente, a quelle contro l’immigrazione. Sospettata numero uno: una specifica ditta attiva nel settore.
Abbiamo votato un’iniziativa che non doveva arrivare alle urne?
Un alto dirigente del Canton Vaud ha dichiarato a Tamedia di ritenere che un numero elevato di firme false non sia emerso. Un consulente di campagne politiche si è da parte sua detto addirittura sicuro che “alcune” iniziative popolari non sarebbero arrivate alle urne, se non fosse stato per le firme false. Accuse pesanti che hanno lasciato il segno, per un sistema politico che ha da sempre goduto di un’eccellente reputazione.
Quello che non si sapeva, e che si è scoperto solo grazie all’inchiesta di Tamedia, è che già nel 2022 la Cancelleria federale svizzera aveva depositato una denuncia penale per delle firme sospette. All’inizio del 2025, la stessa Cancelleria ha annunciato di averne presentata una seconda su 21’000 firme probabilmente falseCollegamento esterno, parte delle quali raccolte quando lo scandalo era già diventato di dominio pubblico.
Nella Svizzera di lingua tedesca, “truffa delle firme” (Unterschriften-Bschiss) è stata incoronata parola del 2024. L’anno in cui d’altronde per la prima volta sono stati annullati i risultati di un’elezione tenutasi in un Paese dell’Unione Europea. È avvenuto in Romania, su iniziativa della Corte costituzionale, a causa di una presunta ingerenza straniera sui risultati elettorali.
In Svizzera, è comune trovare per le strade persone che raccolgono le firme per iniziative popolari e referendum. Anche se raramente si travestono da Elvezia e Guglielmo Tell, come qui nel 2014 durante una campagna per l’iniziativa “Moneta intera”.
Keystone/Gian Ehrenzeller
Nello scandalo svizzero, l’incertezza non riguarda i risultati delle votazioni, quanto una domanda fondamentale: la cittadinanza è stata chiamata a esprimersi su un quesito, senza che ci fosse a monte il numero legale di firme per portarlo alle urne?
“In ogni caso, la votazione c’è stata”, sottolinea Noémie Roten, che non sembra affatto turbata dai risultati della consultazione popolare.
Una democrazia-modello e la “guerra dell’informazione”
Ma è la portata del caso, a fare una certa impressione. Nel contesto internazionale, si guarda alla Svizzera come a una stabile democrazia-modello. Secondo Roten, non va inoltre dimenticato che viviamo in tempi di “guerra dell’informazione” e che notizie come questa possono essere sfruttate per “mettere in discussione la credibilità delle istituzioni democratiche”.
Roten si dice ottimista che la Svizzera trarrà insegnamenti importanti da questo scandalo, ma al tempo stesso ritiene imperativo che tutta la nazione elvetica lo faccia.
In molti Paesi, per arrivare alle urne, chi si candida deve presentare un certo numero di firme a sostegno. Di conseguenza, a livello internazionale vi è una moltitudine di casi in cui siano stati sollevati dubbi sulla genuinità delle firme raccolte. Come, per esempio, è avvenuto nel 2023 in IrlandaCollegamento esterno, nel 2024 in SudafricaCollegamento esterno e poco tempo prima in MichiganCollegamento esterno, dove ben cinque candidature al Governatorato sono state sospese a causa di migliaia di firme risultate false.
Firme sospetta: cosa può fare la Svizzera
Il primo dubbio, racconta Roten, è sorto osservando l’aumento di firme dubbie nel sistema digitale semiautomatico che è utilizzato dai comitati per registrare le firme raccolte. Il sistema ha così “avuto la funzione di primo campanello d’allarme”, dice, perché ha consentito di identificare da dove venissero le firme sospette. Nonostante questo, il lavoro di indagine si è rivelato molto impegnativo per una piccola associazione come Service Citoyen.
In Svizzera, la falsificazione delle firme è un reato penale. In seguito allo scandalo, è stata introdotta una piattaforma digitale attraverso la quale i Comuni possono segnalare firme non valide, o sospette. In risposta alle domande inviate da SWI swissinfo.ch, la Cancelleria federale spiega che la piattaforma consente di “avere una fotografia in tempo reale e completa della situazione” e di individuare tendenze regionali. Le informazioni così ottenute vengono poi aggiunte a quelle contenute nelle denunce già depositate.
La Cancelleria sottolinea, inoltre, di aver introdotto tutta una serie di strumenti, fra i quali una tavola rotonda con le istanze coinvolte per la rielaborazione delle linee guida e lo scambio con chi nel mondo scientifico è competente nella materia.
Quello che però secondo Noémie Roten ancora manca, è una “piattaforma per whistleblower”, nonché risorse per sollevare i comitati dal lavoro di indagine.
Una firma può costare anche 30 dollari negli USA
In Svizzera, una manciata di aziende specializzate caratterizza un mercato di dimensioni limitate. Tutt’altra musica negli Stati Uniti, con un mercato decisamente più ampio. Da un lato, in virtù dell’esigenza di raccogliere firme per le candidature; dall’altro, per quelle necessarie a portare alle urne votazioni popolari negli Stati in cui ci sono elementi di democrazia diretta. Secondo la National Public RadioCollegamento esterno, negli Stati Uniti una firma può costare anche 30 dollari.
Di conseguenza, anche oltreoceano si discuteCollegamento esterno dell’effetto sulla democrazia della raccolta commerciale di firme.
In Svizzera, i prezzi sono più bassi. Ma dopo l’era Covid sarebbero aumentati, fino a raggiungere 7,50 franchi a firma. Una cifra che resta tutto sommato contenuta, considerando che un comitato potrebbe così spendere da 10’000 a 20’000 franchi per raccogliere le 100’000 firme necessarie. Costo modesto, soprattutto se paragonato a quello della successiva campagna per il voto.
Proibire la raccolta commerciale danneggerebbe le piccole realtà?
“Io stessa ho raccolto 1’000 firme per quesiti che ci interessavano come associazione”, racconta Noémie Roten. Ma è chiaro che una piccola organizzazione che non abbia alle spalle un grande partito o un soggetto di peso, può riuscire a portare un tema alle urne solo se può contare su persone che mettano il loro tempo libero a disposizione della campagna.
Per questo, Roten ritiene che la raccolta commerciale non dovrebbe essere proibita, perché “significherebbe escludere una parte della popolazione, quella che non si può permettere di mettere in campo tanto lavoro volontario”, commenta.
Al Parlamento federale, in questo momento si moltiplicano le richieste di informazione e le proposte su come affrontare il problema delle firme false. Una delle opzioni in discussione è passare alla raccolta digitale. D’altronde da tempo, in Svizzera vi sono gruppi che insistentemente ne chiedono l’introduzione.
La “truffa delle firme” ha inevitabilmente lasciato la sensazione che quelle fisiche non siano affidabili, fornendo quindi nuovi argomenti a chi da tempo spinge per la digitalizzazione.
A SWI swissinfo.ch, la Cancelleria federale ha confermato che sta ragionando sulle “basi indispensabili per condurre esperimenti limitati e puntuali” per la raccolta digitale, anche detta “E-Collecting”. Ma ci sarebbero nuove “domande aperte” su come “prevenire gli abusi”.
E-Collecting: poca esperienza a livello internazionale
A chinarsi sulla questione, si potrebbe pensare che sul tema la Svizzera sia rimasta indietro rispetto al contesto internazionale. In verità, anche altrove la cautela vige sovrana.
Se per esempio nell’Unione Europea è possibile sottoscrivere in forma digitale un’iniziativa che parta dalla cittadinanza, questo strumento politico è talmente vulnerabile, che ancora oggi stenta a mostrare sufficiente efficacia secondo uno studioCollegamento esterno. E di fatto solo nello Stato americano dell’Utah è consentito raccogliere firme attraverso una piattaforma digitaleCollegamento esterno.
In California non si arriva alle urne senza raccolta commerciale
Svizzera a parte, a livello mondiale solo in California si vota su così tante iniziative popolari. Un paio d’anni orsono, un’iniziativa per introdurre l’E-Collecting è fallita proprio nella fase iniziale di raccolta delle firme a sostegno della proposta. “È paradossale, non c’è dubbio. Ed è parte del circolo vizioso sulla questione”, conferma Emily Schultheis, che per Politico si occupa proprio di democrazia diretta in California.
Emily Schultheis è una giornalista di Politico che si occupa dei referendum in California.
Thomas Trutschel / Photothek.de
Nello Stato americano, è praticamente impossibile raccogliere le firme necessarie per un’iniziativa senza affidarsi ai servizi a pagamento di aziende specializzate del settore. “E questa è probabilmente la differenza principale rispetto alla Svizzera”, dice Schultheis.
Il numero di firme richiesto, infatti, è in proporzione alla popolazione circa due volte e mezzo quello della Svizzera, e il tempo per raccoglierle è più breve di un terzo: se in Svizzera si hanno 18 mesi, in California parliamo di appena 180 giorni.
La giornalista conferma che anche nello Stato americano molte persone guardano con scetticismo alla genuinità delle firme, nonostante non sia mai emerso uno scandalo comparabile al nostro. Ma aggiunge che, notoriamente, le aziende specializzate talvolta scompaiono nel nulla, all’improvviso, per riapparire sul mercato con un nuovo nome.
Raccolta firme: un budget da 8 a 10 milioni di dollari
Schultheis racconta che in California, molte persone sono a disagio quando si rendono conto che la raccolta non è effettuata da gruppi volontari, bensì da persone pagate per farlo.
I comitati d’iniziativa californiani mettono in preventivo per questo lavoro una cifra che va dagli otto ai dieci milioni di dollari. “La popolazione sembra amare questo aspetto referendario della democrazia diretta, ma ritiene che sia costoso, poco trasparente, e che nel complesso sia complicato parteciparvi “.
La sua personale opinione sul tema? Schultheis crede che l’E-Collecting potrebbe pur sempre rappresentare una possibilità per modificare positivamente la situazione. “L’obiettivo delle pratiche di democrazia diretta è dare la possibilità di scendere in campo in prima persona, di formulare proposte di riforma di legge e di orientare la discussione verso temi che siano ritenuti trascurati”, sottolinea. La raccolta digitale di firme potrebbe rispondere a queste esigenze.
I sindacati californiani di insegnanti, vigili del fuoco e infermieri esultano per il risultato del voto del 2005.
Keystone/AP Photo/Paul Sakuma
L’impatto della crisi di fiducia sull’E-Collecting
Detto ciò, Schultheis non è particolarmente ottimista sulla possibilità che l’E-Collecting venga introdotto in California. “Gli Stati Uniti in questo momento attraversano una profonda crisi di fiducia, a molti e diversi livelli”. Qualunque proposta verso una digitalizzazione della democrazia affronterebbe importanti resistenze.
“Le accuse di brogli elettorali sollevate dal nuovo presidente e dal suo circuito hanno fatto sì che oggi l’elettorato repubblicano abbia meno fiducia nel sistema, e ancora meno fiducia nelle modifiche che un Governo democratico, come per esempio quello californiano, possa introdurre”, sottolinea Schultheis. Attualmente la popolazione californiana riceve le schede elettorali in forma cartacea, e su carta le firma. Ergo, la redattrice di Politico dubita che le cose possano cambiare nel prossimo futuro.
Resta il fatto che anche se le firme digitali venissero verificate da un’autorità centrale, molte persone oggi ancora si fidano di più della carta. La Cancelleria federale svizzera ci ha detto di non avere per ora informazioni su quale sarebbe l’effetto della raccolta digitale sulla fiducia del popolo elvetico. E conclude che lo scopriremo solo conducendo una sperimentazione.
A cura di David Eugster
Traduzione dal tedesco di Serena Tinari
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