L’AI aiuterà più i junior o gli esperti? Dipende dal lavoro

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Conto e carta

difficile da pignorare

 


“L’AI sarà il cambiamento più profondo delle nostre vite”, ha dichiarato Sundar Pichai, CEO di Alphabet.

Dario Amodei, amministratore delegato di Anthropic, ha affermato che porterà alla “più grande trasformazione del mercato del lavoro globale nella storia dell’umanità”.

In un post sul blog, Sam Altman di OpenAI ha scritto che, grazie all’intelligenza artificiale, “tra un decennio forse ogni persona sulla Terra sarà in grado di fare più di quanto oggi possa fare la persona più influente.”

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Intelligenza artificiale: uno scenario pieno di hype ma difficile da decifrare

La previsione di Altman si inserisce in una corrente di pensiero consolidata. Quando i grandi modelli linguistici hanno iniziato a guadagnare popolarità nei primi anni 2020, economisti e imprenditori erano fiduciosi che questi strumenti e altre tecnologie basate sull’AI avrebbero livellato il campo da gioco, favorendo in particolare i lavoratori meno qualificati. Software in grado di gestire compiti come il ripiegamento delle proteine o la scrittura poetica sembravano destinati a democratizzare le opportunità. Jensen Huang, CEO di Nvidia, immaginava un futuro in cui i lavoratori sarebbero “tutti amministratori delegati di agenti AI”.

Scoperte più recenti hanno messo in dubbio questa visione. Al contrario, suggeriscono un futuro in cui i più brillanti saliranno ancora più in alto, mentre gli altri rimarranno indietro.

In compiti complessi come la ricerca e la gestione, nuove evidenze indicano che i lavoratori con le migliori performance sono i più avvantaggiati nell’interazione con l’AI. Valutare l’output dei modelli richiede esperienza e buon giudizio. Piuttosto che ridurre le disparità, l’AI probabilmente accentuerà le divisioni nel mondo del lavoro, proprio come è accaduto con le precedenti rivoluzioni tecnologiche. L’idea che l’AI potesse essere un equalizzatore era supportata da studi che mostravano come questa tecnologia migliorasse maggiormente le performance dei lavoratori meno esperti.

AI, da facilitatore a rischio di impoverimento del processo cognitivo

Uno studio del 2023 condotto da Erik Brynjolfsson (Stanford), Danielle Li e Lindsey Raymond (MIT)[1] ha analizzato l’impatto dell’intelligenza artificiale generativa nel mondo del lavoro, con particolare attenzione ai servizi di customer support. I risultati mostrano che l’AI aumenta la produttività media del 14%, con un impatto straordinario per i lavoratori meno esperti (+34%), che grazie all’AI riescono a raggiungere in pochi mesi le prestazioni di colleghi con maggiore esperienza.

Per i lavoratori più qualificati, l’AI offrirebbe benefici minimi e in alcuni casi può ridurre la qualità delle interazioni, suggerendo risposte standardizzate che sostituiscono il loro giudizio personale.

Lo studio evidenziava inoltre il fatto che l’AI facilitava l’apprendimento continuo: anche quando il sistema non è disponibile, gli operatori mantengono livelli di produttività più alti rispetto a prima, dimostrando un trasferimento effettivo di competenze.

L’utilizzo dell’AI aveva inoltre migliorato l’esperienza lavorativa, riducendo il turnover e migliorando le interazioni con i clienti, che hanno mostrato un atteggiamento più positivo verso gli operatori. Infine, ricercatori sottolineavano che l’AI potrebbe ampliare le disuguaglianze nel mondo del lavoro: mentre i lavoratori meno esperti accelerano il loro sviluppo, quelli più qualificati non vedono grandi vantaggi, portando a un divario crescente tra chi migliora grazie alla tecnologia e chi resta sostanzialmente invariato. Tutto il contrario di ciò che appare negli ultimissimi studi.

Non tutto è così lineare, anche le recenti innovazioni di cui abbiamo scritto[2] lasciano spazi a doverose riflessioni sul futuro del lavoro, anche per il più complesso e creativo lavoro come può essere quello del ricercatore scientifico. Ad esempio, l’entusiasmo di alcuni per Deep Research di OpenAI [3] , il nuovo strumento progettato per condurre ricerche multi-step, sta crescendo tra economisti e accademici, ma emergono già i primi segnali d’allarme.

Microcredito

per le aziende

 

AI, vantaggi e limiti nella ricerca

Se da un lato l’AI è in grado di generare paper su qualsiasi argomento in pochi minuti, dall’altro presenta limiti significativi. Il modello privilegia le idee più discusse rispetto a quelle più innovative, rischiando di amplificare la “tirannia della maggioranza” e rendere il pensiero accademico più conformista. Inoltre, sebbene Deep Research migliori la produttività, spinge gli utenti a prendere scorciatoie intellettuali, riducendo le occasioni di sviluppare intuizioni originali. La tecnologia potrà evolversi e diventare sempre più avanzata, ma per ora il rischio principale non è che sostituisca gli assistenti di ricerca, bensì che renda i ricercatori meno capaci di pensare in modo critico e autonomo. A questo proposito vale la pena di citare uno studio[4] condotto da Hao-Ping Lee e Microsoft Research che ha analizzato 319 lavoratori della conoscenza in diversi Paesi, rivelando che maggiore è la fiducia nell’AI, minore è l’attivazione del pensiero critico. Un’altra ricerca di Michael Gerlich[5] ha confermato il fenomeno: i giovani che usano l’AI con maggiore frequenza ottengono punteggi inferiori nei test cognitivi, con una correlazione negativa significativa tra uso dell’AI e capacità critiche. Il rischio di dipendenza dagli strumenti digitali e la necessità di mantenere un approccio consapevole sono al centro del dibattito scientifico.

Gli utilizzi pratici dell’AI generativa nel lavoro

L’intelligenza artificiale generativa sta trasformando il mondo del lavoro, riducendo tempi e sforzi nella produzione di contenuti scritti, ma sollevando interrogativi sul futuro delle competenze umane. Uno studio del MIT del 2023, condotto da Shakked Noy e Whitney Zhang[6], ha dimostrato che ChatGPT aumenta la produttività del 37%, migliorando la qualità del lavoro e riducendo le disparità tra lavoratori meno e più esperti. Ma l’AI non si limita a supportare i professionisti: spesso sostituisce direttamente lo sforzo umano, con il 68% degli utenti che accetta il primo output generato senza modificarlo. Il tempo dedicato alla scrittura si è dimezzato, mentre quello per la revisione è raddoppiato, segnando un cambiamento nella natura del lavoro. Se da un lato l’uso dell’AI ha aumentato la soddisfazione lavorativa e la fiducia nelle proprie capacità, dall’altro ha alimentato preoccupazioni sulla crescente automazione dei processi. Lo studio conferma che l’adozione dell’AI è destinata a persistere: due settimane dopo l’esperimento, un terzo dei partecipanti continuava a utilizzare ChatGPT nel proprio lavoro. Il rischio? Un mercato del lavoro in cui la creatività e l’elaborazione originale lasciano sempre più spazio alla revisione dell’output generato dalle macchine.

L’intelligenza artificiale nelle attività economiche: cosa emerge dalle conversazioni con Claude?

Uno recente studio condotto da Anthropic[7]ha analizzato oltre 4 milioni di conversazioni su Claude.ai per comprendere come l’AI viene effettivamente utilizzata nelle attività economiche. I risultati mostrano che l’AI viene impiegata soprattutto in programmazione (37.2%), scrittura e creazione di contenuti (10.3%), analisi dati e supporto decisionale (15.0%), automazione di task aziendali (12.5%) e apprendimento e formazione (10.0%). L’uso dell’AI si divide tra supporto al lavoro umano (57%), come iterazione su testi o debugging di codice, e automazione di compiti specifici (43%), come la generazione di report o la scrittura di email professionali. Questi dati suggeriscono che l’AI non sta ancora sostituendo intere professioni, ma si sta integrando nei processi lavorativi per ottimizzare produttività ed efficienza, in particolare nei settori digitali e creativi. L’analisi di conversazioni reali fornisce un’importante base empirica per comprendere l’evoluzione dell’AI nel mondo del lavoro e anticipare i futuri trend di adozione.

I diversi utilizzi dell’AI nel lavoro

Un lavoro può essere visto come un insieme di compiti, che la tecnologia può sia automatizzare completamente sia supportare. Per i controllori di volo, la tecnologia rappresenta un’assistenza: elabora i dati dei voli ma lascia le decisioni agli esseri umani, mantenendo alti i salari. Al contrario, i sistemi di self-checkout semplificano il ruolo dei cassieri, automatizzando attività come il calcolo del resto.

Questo riduce la necessità di competenze, causando la stagnazione dei salari. Di conseguenza, nonostante l’ottimismo iniziale, gli operatori del servizio clienti e altri lavoratori poco qualificati potrebbero avere un futuro simile a quello dei cassieri. I loro compiti ripetitivi sono particolarmente vulnerabili all’automazione.

Amit Zavery, dirigente della società di software aziendale ServiceNow, stima che per alcuni clienti oltre l’85% delle richieste di assistenza clienti non richieda più l’intervento umano. Con il progredire dell’AI, questa percentuale è destinata ad aumentare, lasciando a un numero sempre più ridotto di operatori solo la gestione dei casi più complessi. Sebbene inizialmente l’AI possa migliorare la produttività, il suo impatto a lungo termine sarà quello di standardizzare le competenze e automatizzare le mansioni.

A differenza delle precedenti ondate di automazione, che hanno sostituito lavori routinari come quelli nelle catene di montaggio o nella contabilità, l’AI potrebbe estendere la sua portata anche a mansioni non ripetitive e creative. È in grado di apprendere in modo implicito, riconoscere schemi e fare previsioni senza istruzioni esplicite; in futuro, potrebbe persino scrivere sceneggiature coinvolgenti o progettare prodotti innovativi. Per il momento, però, sembra che nei settori ad alto salario siano i lavoratori junior i più vulnerabili all’automazione.

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Nello studio legale A&O Shearman, ad esempio, gli strumenti di AI ora gestiscono gran parte del lavoro di routine che un tempo era svolto da associati o paralegali. Il software dell’azienda è in grado di analizzare contratti, confrontarli con accordi precedenti e suggerire revisioni in meno di 30 secondi. I professionisti di alto livello sono quelli che sfruttano meglio la tecnologia per prendere decisioni strategiche, afferma David Wakeling, responsabile AI dello studio legale.

L’impatto dell’IA nella ricerca scientifica: cosa possiamo aspettarci

Le ultime ricerche economiche confermano questa osservazione. Se gli studi iniziali suggerivano che i lavoratori meno qualificati potessero trarre beneficio semplicemente copiando gli output dell’AI, le ricerche più recenti si concentrano su compiti più complessi, come la ricerca scientifica, la gestione aziendale e gli investimenti finanziari. In questi ambiti, i lavoratori più performanti ottengono vantaggi molto maggiori rispetto ai colleghi meno produttivi. In alcuni casi, questi ultimi non solo non migliorano, ma vedono addirittura peggiorare le loro prestazioni.

L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando anche il mondo della ricerca scientifica, ma non senza conseguenze inaspettate. Uno studio condotto da Aidan Toner-Rodgers[8] del MIT ha dimostrato che l’uso di strumenti di AI nella scoperta di nuovi materiali ha aumentato del 44% la produttività dei ricercatori, portando a un incremento significativo nei brevetti e nell’innovazione di prodotto. I benefici non sono distribuiti equamente: mentre gli scienziati più esperti riescono a selezionare con precisione le migliori proposte dell’AI, quelli meno esperti faticano a distinguere i risultati utili dai falsi positivi. Inoltre, nonostante l’efficienza dell’R&D sia migliorata del 15%, il lato umano della ricerca ne risente: l’82% dei ricercatori intervistati riferisce un calo della soddisfazione lavorativa, attribuendolo a una riduzione della creatività e a un ruolo più passivo nella generazione di nuove idee. Se da un lato l’AI accelera il ritmo dell’innovazione e introduce scoperte più radicali, dall’altro sta ridefinendo il lavoro scientifico, sollevando interrogativi sul futuro delle competenze e sulla motivazione dei ricercatori.

L’impatto dell’AI nel mondo dell’imprenditoria

L’intelligenza artificiale generativa promette di rivoluzionare l’imprenditoria, ma i suoi effetti non sono uguali per tutti. Uno studio condotto da Nicholas Otis[9] dell’Università della California, Berkeley, ha analizzato l’impatto di un assistente AI su 640 piccoli imprenditori in Kenya, rivelando un divario netto tra vincitori e vinti. Gli imprenditori più capaci hanno aumentato i loro profitti del 15%, adattando strategicamente i suggerimenti dell’AI alle loro esigenze, come trovare nuove fonti di energia durante i blackout. Al contrario, i meno esperti hanno registrato un calo dell’8%, affidandosi passivamente a consigli generici, spesso inefficaci. Questo studio dimostra che l’AI non è un equalizzatore naturale, ma piuttosto uno strumento che amplifica il talento esistente: chi sa usarla strategicamente ne trae vantaggio, mentre chi si limita a seguirla alla lettera rischia di peggiorare le proprie performance.

Benefici e limiti dell’AI nelle decisioni di investimento

L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando anche le decisioni di investimento, ma i suoi benefici non sono uguali per tutti. Uno studio della University of Chicago e MIT[10] ha rivelato che, sebbene l’AI possa migliorare la capacità previsionale degli investitori, il suo impatto dipende fortemente dal livello di competenza finanziaria di chi la utilizza. Gli investitori esperti che hanno usato l’AI per analizzare le chiamate sugli utili hanno ottenuto rendimenti superiori del 9,6%, mentre quelli meno sofisticati hanno registrato un incremento modesto dell’1,7%. La chiave del successo? La capacità di interpretare le informazioni generate dall’AI e tradurle in decisioni strategiche. Quando i suggerimenti dell’AI non sono adeguati al livello di esperienza dell’utente, il suo effetto diventa nullo o persino negativo. Questo studio evidenzia un rischio crescente: l’AI, invece di livellare le opportunità, potrebbe amplificare il divario tra investitori esperti e meno preparati, rendendo il vantaggio competitivo sempre più esclusivo.

AI e lavoro: previsioni di breve termine sulla base delle lezioni apprese dal passato

Man mano che l’AI ridefinisce il mondo del lavoro stanno emergendo nuovi compiti. Rajeev Rajan di Atlassian, azienda specializzata in software per l’ufficio, afferma che gli strumenti di AI liberano un paio di ore a settimana per gli ingegneri, permettendo loro di concentrarsi su attività creative. I giovani avvocati dedicano meno tempo a mansioni ripetitive e più tempo ai clienti. “Le persone davvero brillanti, che magari si annoiano ad analizzare i soliti report sugli utili, saranno quelle che ne trarranno il massimo beneficio”, afferma un dirigente di una grande società di investimento. “Nel breve termine, la competenza più preziosa sarà l’immaginazione nel trovare modi creativi per sfruttare l’AI.” Il lavoro più ripetitivo in questi settori sta venendo automatizzato, consentendo ai dipendenti junior di affrontare incarichi avanzati prima del previsto nelle loro carriere.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Negli ultimi ottant’anni, il mercato del lavoro è stato ridefinito dall’emergere di nuove professioni, spesso in risposta all’innovazione tecnologica. Uno studio[11] condotto da David Autor (MIT), Caroline Chin (MIT), Anna Salomons (Utrecht University) e Bryan Seegmiller (Northwestern University) ha rivelato che oltre il 60% dei lavori attuali negli Stati Uniti non esisteva prima del 1940, con un’evoluzione che ha favorito inizialmente ruoli di produzione e amministrativi a medio salario, per poi spostarsi dal 1980 in avanti verso professioni altamente qualificate e, in misura minore, lavori nei servizi a basso reddito. Tuttavia, mentre in passato la tecnologia ha bilanciato automazione e creazione di nuovi ruoli, negli ultimi decenni questo equilibrio si è rotto: l’automazione ha accelerato, mentre la nascita di nuove opportunità lavorative ha rallentato. La ricerca evidenzia che le innovazioni che amplificano le capacità umane (augmentation) favoriscono la creazione di nuovi ruoli, mentre quelle che automatizzano i processi (automation) riducono la domanda di lavoro. Dal 1980, però, il processo si è sbilanciato a favore dell’automazione, con un impatto negativo sulla crescita occupazionale, soprattutto nei settori esposti alla globalizzazione e alla delocalizzazione. Il rischio attuale non è solo la scomparsa di alcuni lavori, ma un progressivo rallentamento nella creazione di quelli nuovi, mettendo in discussione la sostenibilità a lungo termine del mercato del lavoro e la necessità di politiche che incentivino l’innovazione senza distruggere opportunità.

AI: un potenziatore per chi sa usarla bene e un ostacolo per chi la subisce passivamente

L’AI non sta livellando il campo da gioco, ma piuttosto amplificando le differenze tra chi è in grado di sfruttarla e chi rimane indietro. Gli studi analizzati dimostrano che la tecnologia premia coloro che possiedono già competenze avanzate e capacità di adattamento, mentre rischia di rendere obsoleti i ruoli più ripetitivi e meno qualificati. Dai ricercatori agli imprenditori, dagli investitori agli operatori del customer service, emerge una tendenza chiara: l’AI è un potenziatore per chi sa usarla bene e un ostacolo per chi la subisce passivamente. Se il futuro del lavoro sarà sempre più basato sulla capacità di integrare strategicamente l’AI, allora la grande sfida non sarà solo l’adozione della tecnologia, ma anche l’acquisizione di competenze critiche per navigare questa trasformazione senza esserne travolti.

Oltre agli impatti economici e occupazionali, emerge una preoccupazione più profonda: l’AI sta trasformando non solo cosa facciamo, ma come pensiamo. L’aumento della produttività è innegabile, ma diversi studi mostrano che un uso massiccio dell’AI può ridurre la capacità di pensiero critico e analitico.

La dipendenza da strumenti di generazione automatica di contenuti rischia di standardizzare la conoscenza, favorendo la ripetizione di idee consolidate a scapito dell’innovazione. Il caso di Deep Research di OpenAI è emblematico: mentre velocizza la produzione di paper accademici, tende a favorire la “tirannia della maggioranza”, ripetendo teorie dominanti e limitando la scoperta di prospettive alternative. Se il lavoro del futuro sarà sempre più dominato da assistenti AI, sarà cruciale mantenere un equilibrio tra automazione ed esercizio del pensiero autonomo, evitando di trasformare l’intelligenza umana in un semplice correttore dell’output generato dalle macchine.

Se c’è una certezza che emerge dagli studi analizzati, è che l’AI non distribuirà in modo equo i suoi benefici. Per alcuni, sarà un acceleratore di carriera e creatività, liberando tempo per compiti ad alto valore aggiunto; per altri, potrebbe significare marginalizzazione e perdita di rilevanza. Le precedenti rivoluzioni tecnologiche hanno sempre favorito i lavoratori con competenze avanzate, l’AI non farà eccezione. Chi possiede esperienza e capacità di giudizio sarà in grado di usare l’AI come leva per decisioni strategiche, mentre chi si limita ad affidarsi ciecamente agli strumenti digitali rischia di perdere terreno. La vera sfida non è se l’AI sostituirà i lavoratori, ma chi saprà adattarsi e chi resterà indietro. In un mondo in cui le macchine elaborano informazioni sempre più velocemente, l’unico vero vantaggio competitivo rimarrà la capacità umana di porre domande migliori.

Adottare una strategia equilibrata per affrontare l’impatto asimmetrico dell’AI

Affrontare la trasformazione del lavoro nell’era dell’intelligenza artificiale richiede un approccio multidimensionale che combini governance, formazione, innovazione e consapevolezza sociale. La regolamentazione deve garantire un uso trasparente e non discriminatorio dell’AI, attraverso test di equità nei modelli di addestramento e nella distribuzione della tecnologia. Contestualmente, l’introduzione di una tassa sulle macchine potrebbe finanziare programmi di riqualificazione per quei lavoratori sostituiti dall’automazione, creando un fondo dedicato all’istruzione continua e alla riconversione professionale.

Il settore dell’education deve adattarsi a questa trasformazione, integrando nei curricula competenze chiave legate all’AI, dall’analisi dei dati al pensiero computazionale, per preparare le nuove generazioni a un mercato del lavoro in cui la collaborazione con la tecnologia sarà essenziale.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

La creazione di licenze e certificazioni per i lavori ad alta intensità di AI permetterebbe di garantire che le competenze restino aggiornate con l’evoluzione tecnologica, favorendo una forza lavoro agile e adattabile. Parallelamente, è essenziale promuovere un uso dell’AI che supporti la creatività e la capacità decisionale umana piuttosto che sostituirle, incentivando progetti di ricerca interdisciplinari che esplorino l’interazione tra intelligenza artificiale e pensiero critico.

L’apprendimento permanente diventa cruciale: piattaforme pubbliche e private devono offrire formazione continua su competenze ad alta domanda, come cybersecurity, gestione dei dati e robotica, mentre programmi di mentoring possono facilitare il trasferimento di competenze tra generazioni di lavoratori, preservando il sapere non codificabile nei sistemi AI. Anche la regolamentazione dell’automazione nei lavori ripetitivi richiede attenzione, con limiti legali che impediscano la completa eliminazione di ruoli fondamentali per l’equilibrio sociale.

L’adozione di tecnologie che favoriscano una collaborazione uomo-macchina, invece della loro sostituzione, potrebbe offrire un modello più sostenibile per l’integrazione dell’AI nei processi produttivi. Affinché questa transizione sia inclusiva, è necessaria una maggiore consapevolezza pubblica sulle implicazioni dell’AI, attraverso campagne di sensibilizzazione che evitino la dipendenza passiva dalla tecnologia e incentivino un uso critico e consapevole degli strumenti digitali. Tavoli di dialogo tra esperti di diverse discipline, dall’etica alla scienza fino all’industria, potrebbero contribuire a delineare una visione condivisa sugli effetti sociali dell’AI. Allo stesso tempo, investimenti mirati nella ricerca e sviluppo di un’AI inclusiva possono garantire che la tecnologia sia accessibile anche a realtà socioeconomiche meno avanzate.

La creazione di laboratori ad accesso aperto e il finanziamento di studi sulla cognizione umana potrebbero favorire lo sviluppo di soluzioni che integrino l’AI nel processo decisionale umano, anziché sostituirlo. L’obiettivo non è rallentare il progresso dell’intelligenza artificiale, ma orientarlo verso un modello di sviluppo in cui la tecnologia sia uno strumento di inclusione e crescita, e non un fattore di esclusione. La sfida è far sì che l’AI diventi un amplificatore del potenziale umano, anziché un meccanismo che accresce le disparità tra chi la domina e chi la subisce passivamente.

Note


[1] https://www.nber.org/system/files/working_papers/w31161/w31161.pdf

[2] https://www.agendadigitale.eu/industry-4-0/produttivita-aziendale-lai-che-ragiona-e-moltiplica-i-risultati/

[3] https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/deep-research-il-futuro-della-ricerca-e-autonomo/

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

[4] https://www.microsoft.com/en-us/research/uploads/prod/2025/01/lee_2025_ai_critical_thinking_survey.pdf?ref=404media.co

[5] https://www.researchgate.net/publication/387789230_The_Human_Factor_of_AI_Implications_for_Critical_Thinking_and_Societal_Anxieties

[6] https://economics.mit.edu/sites/default/files/inline-files/Noy_Zhang_1_0.pdf

[7] https://assets.anthropic.com/m/2e23255f1e84ca97/original/Economic_Tasks_AI_Paper.pdf

[8] https://aidantr.github.io/files/AI_innovation.pdf

[9] https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=4671369

[10] https://bfi.uchicago.edu/wp-content/uploads/2025/01/BFI_WP_2025-02.pdf

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

[11] https://economics.mit.edu/sites/default/files/2022-11/ACSS-NewFrontiers-20220814.pdf



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link