L’edilizia rappresenta il 40% delle emissioni di CO2 legate all’energia. Il carbonio operativo, cioè le emissioni strettamente legate alla fase di utilizzo di un edificio come ad esempio riscaldamento, raffreddamento e alimentazione sono state al centro degli sforzi di decarbonizzazione degli ultimi anni. Ma, come rivela il rapporto “Zero-carbon buildings in cities. A whole life-cycle approach” pubblicato il 20 febbraio dall’Ocse, questo non è più sufficiente. Per dare una risposta concreta ai cambiamenti climatici non possiamo limitarci alla costruzione di edifici a risparmio energetico, ma dobbiamo considerare le emissioni degli edifici durante il loro intero ciclo di vita, dalla costruzione fino all’eventuale demolizione. Dobbiamo valutare le emissioni di quello che tecnicamente viene definito carbonio incorporato, che include serie di fasi tra cui l’estrazione dei materiali, il trasporto al produttore, la fase di produzione (ad esempio del calcestruzzo) e il trasporto al cantiere.
Lo scenario
A causa dei progressi compiuti nel miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, sottolinea il Rapporto, entro il 2050 si prevede che le emissioni di carbonio incorporato, comprese quelle legate alla demolizione, rappresenteranno la metà dell’impronta di carbonio dei nuovi edifici. In un recente sondaggio dell’Ocse, quasi il 90% dei Paesi intervistati ha dichiarato di aver introdotto codici obbligatori di efficienza energetica, più del 60% l’obbligo di certificazione energetica, ma solo il 21% dei Paesi ha adottato normative per misurare l’impronta di carbonio durante il ciclo di vita degli edifici.
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Come si muovono i Paesi Ue
In risposta a questa sfida crescente, l’Ocse ha condotto un’indagine globale sul carbonio incorporato coinvolgendo e raccogliendo dati da 15 Paesi e città, rappresentativi di diversi contesti economici, geografici e governance. A livello internazionale esistono approcci diversi che comprendono rendicontazioni obbligatorie delle emissioni di carbonio per l’intero ciclo di vita, protocolli di certificazione o l’introduzione di valori limite per le emissioni di carbonio.
In Svezia, per ottenere l’autorizzazione a costruire, gli sviluppatori devono presentare un report obbligatorio al National board of housing, building and planning che segnala le emissioni di carbonio dalla fase di prodotto a quella di costruzione. In Inghilterra è stato implementato l’obbligo di valutare e rendicontare le emissioni degli edifici prima e dopo la realizzazione. Dopo il completamento del progetto, i richiedenti devono confrontare le emissioni effettive post-costruzione con quelle teoriche iniziali e qualsiasi discrepanza deve essere motivata nel documento di rendicontazione. La Germania ha introdotto la valutazione obbligatoria delle emissioni per alcuni progetti edilizi federali, sotto forma di un sistema di valutazione per l’edilizia sostenibile. L’obbligo è stato poi esteso a tutte le principali misure edilizie civili federali. Cinque le categorie esaminate: qualità ecologica, economica, socioculturale, tecnica e di processo. In base ai risultati ottenuti viene assegnato uno standard di qualità che può essere oro, argento o bronzo. I progetti di edilizia civile devono raggiungere almeno lo standard di qualità “argento”.
Un altro caso interessante è la Danimarca, che ha fissato il limite massimo delle emissioni di un edificio, espresso in kgCO2 eq/m2 o in kgCO2 eq/m2/anno. Una misura che può fungere da motore per l’innovazione dei prodotti e progetti a basse emissioni di carbonio. In Francia è stata recentemente introdotta la normativa ambientale per le nuove costruzioni (RE2020) che, rispetto alla precedente allarga l’area di interesse alla riduzione dell’impronta di carbonio complessivo. Il progetto pilota “Positive energy, carbon reduction” (E+C) si basa su un modello di governance collaborativa, che riunisce le parti principali del settore delle costruzioni per sviluppare e implementare un metodo standard per calcolare l’impatto ambientale di un edificio. Come parte del progetto, è stato introdotto l’Energy-carbon reference model, che descrive in dettaglio gli indicatori ambientali ed energetici chiave, i metodi di calcolo, i dati richiesti e le fasi del ciclo di vita rilevanti per un LCA completo.
Il carbonio incorporato, conclude il Rapporto, ha rappresentato un “punto cieco” nella politica climatica globale, almeno sino a poco tempo fa. La riduzione delle emissioni incorporate può migliorare l’efficienza delle risorse, promuovere la circolarità dei materiali e guidare l’innovazione nelle pratiche edilizie future.
di Tommaso Tautonico
Copertina: Unsplash
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