“Con la mafia non c’entro. Volevo solo difendere il buon nome di Brescello”

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“Respingo l’accusa di concorso esterno alla mafia, totalmente infondata e ingiusta e che ha travolto la mia vita. Non ho mai avuto rapporti con la ‘ndrangheta e non ho mai voluto ‘difendere’ Francesco Grande Aracri, bensì il buon nome di Brescello di cui ero sindaco”. A supporto, cita anche un dato preciso: “Sono stati esaminati i miei tabulati telefonici di sei anni: non emerge alcun contatto con contesti mafiosi”. Raggiunto al telefono, per la prima volta Marcello Coffrini parla del procedimento in cui figura imputato, insieme al collega ex primo cittadino Giuseppe Vezzani, per le presunte condotte come amministratori pubblici a sostegno della cosca. Affiancato dal suo codifensore Mario L’Insalata, Coffrini si dice vittima: “L’accusa è ingiusta e fumosa, perché correlata a opinioni che espressi: un reato di negazionismo”. Il riferimento è anche, ma non solo, all’intervista che lui rese a Elia Minari di Cortocircuito – associazione costituita parte civile – in cui definì Francesco Grande Aracri, già condannato allora per mafia e destinatario di sequestri di beni, “composto ed educato”.

A Bologna, nell’udienza preliminare, ieri Coffrini ha deciso di rendere l’interrogatorio, durato tre ore: per quasi tutto il tempo ha risposto ai suoi avvocati difensori Mario L’Insalata ed Eleonora Ciliberti, per poi sottoporsi ai quesiti del pubblico ministero della Dda Beatrice Ronchi e anche del giudice Roberta Malavasi. Poi il pm ha concluso insistendo sulla richiesta di rinvio a giudizio per i due ex sindaci, la cui posizione è confluita insieme ad altri dieci persone nel filone scaturito dall’operazione ‘Grimilde’ che hanno scelto riti alternativi. A Coffrini e Vezzani la Dda avanza una pesante contestazione: “Aver svolto il mandato tutelando gli interessi del sodalizio mafioso o di esponenti anche di vertice, rafforzando la consorteria a Brescello”. In che modo? Numerose le vicende, già emerse nell’iter che portò allo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose oppure da ‘Grimilde’.

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Tra i presunti favoritismi a membri della cosca o a loro parenti, si contestano l’appoggio alla variante per la costruzione del supermercato Famila e a quella per il piano regolatore sul quartiere di via Pirandello, lavori all’Avis dati senza bando, un alloggio popolare assegnato a un parente dei Grande Aracri senza titolo, una loro familiare assunta in municipio a tempo determinato.

ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA

Coffrini si è soffermato sulle questioni addebitate. “Rispondendo al mio difensore, ho affrontato nove punti che sono stati oggetto di ampia trattazione e di documentazione. Tutti gli atti amministrativi contestati sono irrilevanti per dimostrare il rafforzamento della cosca – premette l’ex sindaco –. Alla maggior parte non contribuii in alcun modo perché non rivestivo ancora un ruolo politico e se ne occuparono altri uffici; altri invece, per ragioni di funzionalità, erano di competenza dei dirigenti comunali. Non intendo dire in alcun modo che questi ultimi siano responsabili, ma che c’è stato un errore di attribuzione giuridica”, dichiara Coffrini.

LA FRASE CONTESTATA

Il pm Ronchi ha incalzato Coffrini sul caso dell’intervista resa a Cortocircuito, in un botta e risposta acceso. La difesa si è rifatta a relazioni dei carabinieri secondo cui Grande Aracri, precedenti condanne a parte, a Brescello non aveva dato adito a contestazioni. Spiega l’avvocato L’Insalata: “Coffrini non voleva dire che Grande Aracri non fosse implicato con la mafia, cosa che tutti sapevano, ma riferirsi su un piano strettamente umano e comportamentale al fatto che lui non aveva avuto attriti o commesso reati in paese come estorsioni o minacce”. In particolare, “l’intento era di dire che non era corretto identificare un intero paese con la ‘ndrangheta: Coffrini voleva solo difendere il buon nome della comunità”. Su un altro punto la difesa ha dato battaglia: “Gli viene contestato di aver detto che le misure interdittive sono utili ma vanno usate con cautela: un concetto che espresse pure il procuratore capo di Bologna in un’intervista che abbiamo depositato”.

E conclude: “Emerge la totale inconsistenza delle accuse – tuona L’Insalata – che sono infamanti”. L’ex sindaco parla dell’impatto su di lui delle vicende brescellesi: “A livello fisico e psicologico ne ho risentito: negli ultimi dieci anni la mia vita è peggiorata drasticamente”.



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