Un viaggio “goloso” tra i dolci di Carnevale

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LA CUCINA DELL’ANIMA Codogno, Lodi e Paullo: le tradizionali frittelle e tante altre curiosità per il palato

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Ogni lancio di coriandoli, un dolce. Ogni stella filante, un dessert. Ogni suono di trombetta, una fetta di torta. E ogni mascherina un cucchiaio di crema pasticceria, possibilmente, se non è troppo chiedere, chantilly.

Ah, i dolci di Carnevale: non dovrebbero mai essere troppo vincolati ad un ristretto calendario di giorni. Un vero peccato limitarne il loro uso: quelle frittelle, da cui schizza il morbido della crema pasticcera, restano l’utopia di ogni mio desiderio gastronomico.

La prima tappa di questo percorso non può che partire dalla pasticceria Cornali di Codogno; per Carlo Cornali è stato un periodo intenso, cominciato sotto la festa di San Biagio con la torta dedicata al santo patrono e approdato al giorno di San Valentino: «In questa romantica occasione abbiamo proposto il dolce amor, un dessert a forma di quadrifoglio: una montata di burro e zucchero, con un’aggiunta di uova e di farine di mais e di grano, una leggera raspatura di limone e un’essenza di vaniglia, con alla fine un lieve spargimento di spezie e di polvere di mandorle. Ne abbiamo preparati quel giorno una quarantina, e sono andati immediatamente esauriti».

Ma ovviamente i dolci per antonomasia del Carnevale sono quelli della tradizione: «Nel passato, parlo di cinquant’anni fa, in questo periodo c’erano esclusivamente due dolci: le chiacchiere e le castagnole. Successivamente, l’offerta si è ampliata. Noi le frittelle le facciamo di diversi tipi, una decina di varianti almeno. Poi ci sono le chiacchiere al forno o fritte o variegate al cioccolato; quindi le castagnole, fritte con le uvetta oppure con le mele, oppure con panna e limone. Mentre è proprio durante il fine settimana del Carnevale che la maggiore richiesta si concentra sui bignè classici ripieni di crema».

Ma accanto alle proposte tradizionali, alla pasticceria Cornali c’è un dolce che rappresenta una vera originalità: «Si tratta – racconta sempre il signor Carlo – dei tortelli di pasta frolla cotti al forno con ripieno di mostarda e cacao. Mi creda: sono buonissimi. Lo trova un abbinamento strano? In ogni caso è molto apprezzato dalla nostra clientela: come sapore prevale il gusto della mostarda, ma poiché è di suo piccante, il cacao funge da calmierante».

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Infine la pasticceria Cornali espone in vetrina una torta di Carnevale, con una mascherina di zucchero colorata al centro della proposta e che affascina i tanti bambini a passeggio sul corso: una decina di torte sono in pronta vendita, anche queste vanno immediatamente esaurite.

Anche nella pasticceria Sapori di Sicilia, nel pieno cuore di Lodi, le chiacchiere sono esposte sul bancone, ma c’è un segreto e a spiegarmelo sono Angela Mannalà ed il pasticcerie Lorenzo: vi sono, infatti, quelle lodigiane, cosparse del velo di zucchero, quelle screziate di cioccolato, ma nel laboratorio se ne preparano altre, che costituiscono appunto una variante tutta siciliana: «Sono le chiacchiere agli agrumi – precisa Lorenzo – con una dose realizzata da 6 arance e 6 limoni, grazie al cui succo e alla cui scorza realizziamo l’impasto di queste chiacchiere differenti; vanno forte da noi ad inizio del Carnevale e durante i giorni di festa, mentre quelle tradizionali cominciano e resistono anche al di là del periodo strettamente carnevalesco».

Ma su un banco a parte c’è un altro dolce, che richiama la mia attenzione e che già nei colori echeggia l’abito di Arlecchino: «Infatti – chiarisce sempre Lorenzo – già il nome è indicativo: si tratta del biscotto coriandolo, perché muta di colore secondo l’ingrediente che usiamo: con il giallo avremo il dolcetto al limone, von il marrone avremo quello al cioccolato o al cacao, con il rosso sarà ovviamente alle fragole, e col verde useremo il pistacchio, e così via per tutti gli altri colori. Hanno una loro croccantezza all’esterno per la glassa zuccherosa, ma internamente invece sono molto, molto morbidi».

Come dice poi Angela Mannalà il Carnevale è anche un periodo di preparazione ad un festeggiamento successivo, quello legato alla celebrazione di San Giuseppe e della festa del papà: «Ad esempio, le zeppole, che appunto andranno forte a marzo, ma che già prepariamo: ci sono quelle classiche, alla napoletana, con crema e amarena. Ma qui noi proponiamo quella denominata sfincia palermitana: si tratta di un impasto al cui interno, e che per abbondanza fuoriesce anche sulla parte superiore, riponiamo la tradizionale ricotta del cannolo, con i candidati sulla superficie, granella di pistacchio e scaglie di cioccolatto».

La sfincia è un dolce di pasta choux fritta, rigorosamente informe, e quindi ciascuno è diverso dall’altro, e il peso varia dai 200 ai 250 grammi: a Palermo è una sorta di patrimonio nazionale, valorizzato dalle politiche agricole ministeriali che l’hanno catalogato ufficialmente come prodotto agroalimentare della tradizione.

Un locale dove sui dolci di Carnevale si riprendono tradizioni di origini secolari è quello dello chef pugliese Peppino Cusmai, titolare dell’Osteria La Luna Piena di Paullo; la cucina di chef Peppino è conosciutissima e molto apprezzata: una rivisitazione in chiave moderna di piatti storici, ingiustamente destinati all’oblio del tempo, e da lui ripresi con saggia pazienza e senso della cultura: «Sarebbe giusto sdoganare i dolci da una loro specifica temporalità: mia figlia Elena, che qui è la pasticciera, ha un elenco infinito di proposte, ogni tanto riprendiamo un dessert fuori stagione proprio perché relegare il loro gusto a un ristretto pugno di giorni è davvero limitativo».

L’osteria La Luna Piena aderisce al programma Gustariso 2025 è già in questa iniziativa, promossa con entusiasmo dal Comune di Paullo, propone uno dei dolci della tradizione carnevalesca: «È la torta al Chiaro di Luna – chiarisce Peppino – legata alla tradizione più lontana di Paullo: fu il primo pasticcerie del paese a dedicarla al compositore francese Claude Debussy e che io ho riscoperto simile alla cultura gastronomica pugliese. Si tratta di una torta con mandorle, uvetta, e una farcitura di albicocche; c’è chi vi aggiunge del cioccolato bianco, facendone una variante; uno spruzzo potrebbe non dispiacere, ma io sono fedele alla tradizione più genuina, quindi non farei alcuna aggiunta».

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Carnevale è la festa dell’abbondanza anche per i dolci: «Questa festa riprende alcuni temi già presenti in occasione delle celebrazioni pagane romane dei Saturnali: quindi i dolci sono spesso fritti, cotti nel grasso del maiale e nel miele; ad esempio, io amo fare le frittele cotte nello strutto, con pecorino e miele, e sopra un composto di fichi, datteri, uvetta e semi di papavero».

Ma anche i tortelli sono un dolce che lo chef Peppino e sua figlia Elena amano fare: «Hanno origini venete, e noi li prepariamo in modo tradizionale; se, invece, si vuole una particolarità ci sono le dita degli apostoli, cioè delle crepes ripiene di ricotta e cioccolato, prima arrotolate, e poi tagliate come a ricavarne dei cannelloni, e la loro diversità di lunghezza sarà appunto simile alla lunghezze delle dita di una mano». Riprese nei giorni di carnevale anche la cartellate, specialità natalizia ma che viene valorizzata anche in questo periodo: «Si tratta di rosette di farina bianca, impastate con vino bianco, e passate al miele, cosparse si zucchero a velo». Ma certo, il dolce si mangia alla fine, nel cuore enogastronomico della Puglia, seppure a Paullo, un bel piatto di orecchiette sarebbe perfetto: dite pure allo chef Peppino che vi manda il vecchio Eugenio. Non so se vi farà uno sconto, ma un sorriso, quello è sicuro.

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