Che cosa si intende per micromanagement
Articolo scritto in collaborazione con inTHERAPY 4 business
Micromanagement è un termine che si riferisce a uno stile manageriale di gestione dei propri collaboratori caratterizzato da un’eccessiva supervisione e controllo; uno stile che porta con sé notevoli conseguenze negative a diversi livelli: in termini di efficacia, produttività, fiducia, distress e malcontento all’interno di un team di lavoro. Generalmente viene vissuto in modo negativo da chi lo subisce come un controllo intrusivo, e viene poco riconosciuto da chi più o meno consapevolmente si trova ad agirlo all’interno di un ambiente lavorativo o di una cultura organizzativa.
Il micromanagement è caratterizzato da un controllo esagerato sui dettagli, sui compiti e sui processi degli altri membri del team e da una marcata difficoltà alla delega di compiti e decisioni. La tendenza è quindi quella di non promuovere l’autonomia dei membri del team, con gradi di monitoraggio e di controllo elevati.
Da dove nasce questo stile di rapportarsi con i collaboratori? Il controllo eccessivo che è tipico del micromanagement è spesso indotto e mantenuto dal perfezionismo: supervisionando attentamente e dettagliatamente in prima persona, il micromanager ha la convinzione di evitare gli errori e di assicurarsi la correttezza del lavoro ai limiti di aspettative perfezionistiche.
Come riconoscerlo in concreto? Alcuni indizi di micromanagement possono essere: difficoltà a delegare pienamente e soffermarsi in maniera eccessiva sul controllo dei dettagli, continue richieste di approvazione da parte dei collaboratori, ossessione per gli aggiornamenti e per il controllo degli scambi comunicativi all’interno del team e verso l’esterno, complicazione e frammentazione eccessiva delle procedure.
Le conseguenze del micromanagement
Il micromanager non è in grado di delegare in maniera reale ed efficace: nei casi in cui delega, esercita comunque un monitoraggio molto stretto, sopprimendo qualsiasi grado di libertà decisionale anche riguardo a questioni marginali, svuotando dunque la delega dei suoi elementi essenziali.
Questa modalità di gestione mina l’empowerment di un team e dei suoi componenti, generando una serie di circoli viziosi negativi in cui scarsa fiducia e scarsa autonomia contribuiscono a minori livelli di efficacia, creatività e risk-taking. Deprivando i collaboratori di autonomia e ambiti dove testare le proprie capacità di problem solving, il micromanagement mina alla radice le possibilità di crescita professionale. Il clima lavorativo è inoltre caratterizzato da sensazione di oppressione ed eccessiva sorveglianza.
Agire secondo uno stile di micromanagement è inutilmente time-consuming, sia per il manager che per il team: si trascorre molto tempo a mostrare come ci si aspetta che un lavoro venga svolto, analizzando in modo rigido le procedure nei dettagli e impiegando ulteriore tempo nel controllare quanto eseguito dai collaboratori per rispondere a un’esigenza di supervisione non realmente necessaria, che sottrae tempo a un lavoro di qualità rischiando di trascurare le proprie reali responsabilità.
In questa ottica, il micromanagement è doppiamente nocivo: lo è per chi controlla (perché perde tempo nelle attività di controllo e non investe in attività a reale valore aggiunto per l’azienda o per la comunità), ma anche per chi lo subisce, perché si traduce in insoddisfazione lavorativa, elevato turn-over, riduzione della produttività e del pensiero creativo.
Micormanagement e rischio di burnout
A riprova di ciò, alcuni studi (Collins, Collins, 2002) evidenziano che il micromanagement aumenta il rischio di burnout sia per il manager che per i suoi collaboratori, entrambi hanno maggiori probabilità di lavorare per una quantità di ore eccessive, con maggiori livelli di stress e ansia. E similmente, altre ricerche (Park, Searcy, 2012) hanno evidenziato che elevati livelli di autonomia nel lavoro si correlano a migliori condizioni di salute mentale nei lavoratori che risultano anche più soddisfatti lavorativamente e più coinvolti.
Il micromanagement non risulta adattivo e funzionale nemmeno quando nel team sono presenti collaboratori non adeguatamente formati e non competenti, e/o scarsamente motivati a fare bene. Anche in questo caso il micromanagement appare una scorciatoia compensatoria accompagnata da molteplici svantaggi: iper-caricarsi di lavoro e di iper-controllo non affronta il problema alle sue radici.
Il difficile equilibrio tra autonomia, supporto e controllo
Evitare il micromanagement di fronte a un team non ancora totalmente competente significa affrontare la necessità di maggior formazione per il miglioramento di capacità e competenze della persona e lavorare in termini motivazionali con i propri collaboratori; in una certa misura, quindi, si traduce nel dare fiducia durante i processi di apprendimento del team.
In alcune condizioni estreme, il micromanagement può essere inevitabile in emergenza a brevissimo termine, in risposta a situazioni in cui si osserva elevata inettitudine e/o incapacità che possono comportare significative conseguenze negative altamente rischiose.
Uno stile di gestione efficace, quindi, risiede in una modalità equilibrata tra controllo e autonomia: monitorare le performance senza essere eccessivamente critici e predisponendo contesti in cui i collaboratori possano sperimentare la libertà di commettere errori e imparare da essi. In tal senso, sarà più probabile innescare circoli virtuosi al cui centro si trova la costruzione di fiducia, che passa attraverso la delega, la responsabilizzazione e la promozione di autonomia e di autoefficacia nei collaboratori e nel team. Lasciando da parte la tendenza a un controllo eccessivo e l’intolleranza dell’errore.
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