- La pressione fiscale in Italia continua a salire, attestandosi al 42,6% nel 2024 considerando imposte dirette e indirette e i contributi sociali a confronto con il PIL del paese.
- L’anno scorso il Pil è cresciuto dello 0,7%, con un aumento degli investimenti e dei consumi da parte dei cittadini, anche se esigui, mentre salgono le esportazioni e diminuiscono le importazioni dall’estero.
- Buone notizie per ciò che riguarda le retribuzioni: nel 2024 sono aumentate del 5,2% considerando valori al lordo di imposte e contributi. Diminuiscono invece i valori nel settore agricolo.
Secondo i più recenti dati Istat, il prodotto interno lordo del paese è in aumento, segnando il +0,7% del 2024, a cui corrisponde nella pratica un incremento degli investimenti e dei consumi da parte dei cittadini, anche se in minima parte. Dopo diversi anni di crisi, segnati in primis dall’arrivo della pandemia, si possono registrare i primi segnali positivi di ripresa, anche se l’inflazione prosegue.
Nonostante questo, la pressione fiscale continua ad essere elevata in Italia, tant’è che per molte imprese diventa un vero e proprio ostacolo. I dati rilevano una pressione complessiva al 42,6%, in aumento rispetto al 41,4% dell’anno scorso. Questo andamento può essere ricondotto alla crescita delle entrate sia a livello di tasse che di contributi, rispetto all’anno precedente.
Tutto questo si traduce nella pratica in una lenta crescita economica che era stata prospettata gli scorsi mesi, nonostante le dinamiche geopolitiche e gli aumenti di prezzo che hanno coinvolto le materie prime nell’ultimo periodo. Vediamo tutti i numeri.
Pressione fiscale al 42,6%: l’aumento
La pressione fiscale è un indice che misura quanto lo Stato percepisce dai cittadini per sostenere l’amministrazione e i servizi pubblici al cittadino. Quando si parla di questo valore, si fa riferimento a tutte le imposte che i lavoratori, dipendenti e autonomi, o le imprese, versano a favore dello Stato, ma si tiene conto anche dei contributi sociali rapportati al valore del PIL.
Nel 2024 si registra un incremento della pressione fiscale dal 41,4% al 42,6%, con conseguenti entrate economiche aggiuntive per le amministrazioni pubbliche. Tra le diverse tasse che partecipano maggiormente all’incremento, vi sono l’IRPEF e l’IRES, ma anche l’IVA e l’IRAP.
L’Istat rileva inoltre nel suo ultimo report1 come siano scese le entrate in conto capitale (del -72,4%) a causa della riduzione dei contributi a fondo perduto erogati dall’Europa in merito al PNRR: la causa sarebbe un rallentamento negli investimenti realizzati dall’Italia.
Nella pratica, l’aumento della pressione fiscale è collegato sia alle modifiche alle tasse apportate dalle manovre fiscali, sia ad un maggiore gettito da parte dei cittadini, per ciò che riguarda i contributi e le imposte. Anche il MEF aveva delineato un andamento in crescita per ciò che riguarda le entrate tributarie, come indicato in un rapporto di aprile 20242: già nei primi quattro mesi dell’anno si è riscontrata una crescita di 18.045 milioni di euro (+7,4%).
Diversi fattori hanno inciso su questo andamento, a partire dall’aumento del numero di soggetti occupati, fino all’accisa sui prodotti energetici, ma anche la digitalizzazione ha favorito i versamenti spontanei di tasse e contributi. Allo stesso modo le entrate che riguardano i contributi INPS sono aumentate nel tempo, per medesime ragioni.
PIL in aumento dello 0,7%: i dati
Mentre aumenta la pressione fiscale, sale anche il PIL, rivelando un andamento economico favorevole per l’Italia. Nella pratica il volume di questo indice è aumentato nel 2024 dello 0,7%, con 2.192.182 milioni di euro a prezzi di mercato. Dopo il crollo disastroso del 2020, si è assistito ad una progressiva crescita, che continua tutt’ora.
A crescere in Italia sono le risorse disponibili, ma anche gli investimenti e le esportazioni di prodotti all’estero. Di contro, diminuiscono le importazioni. Aumenta quindi la spesa sia delle famiglie che delle pubbliche amministrazioni, come conseguenza diretta di un miglioramento economico progressivo.
Mentre il ministero dell’economia e delle finanze è soddisfatto di questo risultato3, se andiamo a vedere da vicino i consumi delle famiglie, il Codacons evidenzia l’impatto minimo di questa crescita4:
“La spesa per consumi finali delle famiglie residenti continua a registrare una crescita irrilevante, salendo nel 2024 dello 0,4% rispetto allo 0,3% nel 2023. Ma ciò che desta particolare preoccupazione è come le famiglie abbiano modificato i propri consumi: lo scorso anno per alimentari e bevande non alcoliche la spesa degli italiani è scesa secondo l’Istat del -0,3%, il che significa che i cittadini hanno apportato tagli a cibi e bevande in tavola.”
Le famiglie italiane avrebbero quindi tagliato le proprie spese soprattutto sui consumi alimentari, ma anche sulla salute (con un calo del -3,7%) e sullo svago (-1,6%). Il settore dell’abbigliamento risulta a rischio per la diminuzione degli acquisti, ma anche lo sport e la cultura ne risentono. Ci sarebbe quindi ancora margine di miglioramento, per cui si richiedono interventi mirati.
Impatto delle retribuzioni sull’economia
Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda l’impatto delle retribuzioni degli italiani nell’ultimo anno. Sono infatti aumentate le unità di lavoro impiegate del 2,2% (rispettivamente del 2,3% per la componente dipendente e dell’1,8% per la componente degli autonomi). Industria e costruzioni hanno registrato i maggiori aumenti del numero di occupati, ma anche le retribuzioni sono leggermente salite.
I redditi da lavoro dipendente mediamente sono aumentati del 5,2%, riguardando tutti i principali macro settori: dall’industria alle costruzioni, ai servizi. Il settore agricolo invece segna un valore in negativo, con -2,2% di retribuzione media.
Questo ambito è quello che negli ultimi anni sta attraversando le maggiori complessità dal punto di vista economico. Oltre al crollo della produzione riscontrato soprattutto in alcune regioni italiane, l’elevata volatilità dei prezzi ha portato a difficoltà non indifferenti anche sui consumi dei cittadini.
Ricordiamo infine che il debito pubblico continua a pesare sui conti italiani, con 2.965,7 miliardi di euro al 31 dicembre 2024, attestandosi al 135,3% contro il 134,6% del 2023. Al momento tale percentuale è comunque inferiore a quella prospettata inizialmente dal Mef, ma si attende di conoscere le previsioni per il 2025.
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