Dopo la nostra anticipazione di qualche settimana fa arriva la conferma. Il commissario von der Leyen presenta il piano “ReArm Europe” e apre all’uso delle risorse di coesione come il Por Calabria: «Decidano gli stati membri»
Una risposta immediata per sostenere l’Ucraina e per riorganizzare una difesa paneuropea: dopo anni di pace, l’Europa sceglie la strada delle armi e lo fa nella maniera più difficile, trovando le risorse proprio in quei capitoli di spesa che servivano a sostenere i singoli territori e adesso invece verranno trasformate in droni, missili e strumenti di difesa e offesa.
Dopo tante indiscrezioni è arrivata l’ufficialità: l’Unione Europea riorganizzerà i suoi armamenti, le sue spese per gli equipaggiamenti militari e darà agli stati membri la possibilità di poter usare i fondi di coesione per poter sostenere l’extra budget. La novità però è che questa proposta, che verrà presentata al Consiglio Europeo di domani 6 marzo, sarà immediata: non si tratta di lavorare a partire dalle prossime programmazioni ma potranno essere ripianificati sin da subito, così come spiegato dalla stessa von der Leyen in una lettera ai capi di stato.
ReArm Europe, i fondi di coesione per comprare armi e missili
«Viviamo in un’epoca epocale e pericolosa – spiega il commissario europeo – non c’è bisogno di descrivere la grave natura delle minacce che dobbiamo affrontare. O le conseguenze devastanti che dovremo sopportare se tali minacce dovessero realizzarsi. Perché la questione non è più se la sicurezza dell’Europa sia minacciata in modo molto concreto. O se l’Europa debba assumersi maggiormente la responsabilità della propria sicurezza. In realtà, le risposte a queste domande le conosciamo da tempo. La vera domanda che abbiamo di fronte è se l’Europa è pronta ad agire con la stessa determinazione che la situazione impone».
In questa lettera, è la stessa von der Leyen a spiegare come funzionerà il piano ReArm Europe, un’attività in tre parti suddivisa tra prestiti, incrementi di spesa e riallocazione di risorse, come ad esempio con i fondi di coesione: «Proporremo a breve di attivare la clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità e crescita. Essa consentirà agli Stati membri di aumentare in modo significativo le spese per la difesa senza far scattare la procedura per i disavanzi eccessivi. Ad esempio: se gli Stati membri aumentassero la spesa per la difesa in media dell’1,5% del PIL, si potrebbe creare uno spazio fiscale di quasi 650 miliardi di euro in un periodo di quattro anni. La seconda proposta sarà un nuovo strumento. Fornirà 150 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri per investimenti nel settore della difesa. Si tratta fondamentalmente di spendere meglio – e di spendere insieme. Stiamo parlando di settori di capacità paneuropei. Ad esempio, la difesa aerea e missilistica, i sistemi di artiglieria, i missili e le munizioni, i droni e i sistemi anti-drone, ma anche altre esigenze, come la cibernetica e la mobilità militare. Aiuterà gli Stati membri a mettere in comune la domanda e ad acquistare insieme. Quindi, attrezzature militari immediate per l’Ucraina».
Fondi di coesione per i droni ucraini, nel mirino anche il Por Calabria
La terza via è quella che passa dai fondi di coesione, ciò che interessa in particolar modo le regioni a obiettivo convergenza, tra cui la Calabria, prime indiziate ai tagli in favore delle armi: «Possiamo fare molto in questo campo nel breve termine per indirizzare più fondi verso investimenti legati alla difesa. Per questo posso annunciare che proporremo ulteriori possibilità e incentivi per gli Stati membri che decideranno, se vogliono utilizzare i programmi della politica di coesione, di aumentare la spesa per la difesa». Poche righe ma chiarissime, che cambiano per sempre il paradigma della politica di coesione europea e spostano quei paletti, fissi, messi da sempre: l’Europa è un sogno di pace e la politica di coesione ha sempre sostenuto questo sogno di uguaglianza e di progresso. Adesso, però, quel sogno cambierà volto, con la possibilità che possa trasformarsi in una maschera di sangue.
Fondi di coesione per le armi, la parola passa al governo
Manca ancora il provvedimento legislativo, ma dalle prime indiscrezioni e dalla lettera presentata dal commissario è chiaro che tutto dipenderà dalle scelte dei singoli governi. Non essendoci una regolamentazione pronta, non essendoci una chiara indicazione, si apre alla possibilità che questo possa accadere e si lascia la scelta ai singoli governi. Quindi saranno il ministro Foti, responsabile del dicastero che ingloba la delega ai fondi comunitari, il ministro dell’economia Giorgetti e la premier Giorgia Meloni a capire dove reperire i fondi per la difesa comune.
Nelle scorse settimane gli uffici ministeriali avevano iniziato una ricognizione per capire quali programmi, nazionali e regionali, erano più in ritardo e quali risorse sarebbe stato possibile riallocare: è chiaro che regioni come la Calabria sono gli indiziati a subire i tagli maggiori, sia per i livelli di spesa che restano tra i più bassi in tutta l’Europa sia per il fatto che è tra i piani più economicamente cospicui. Certo è che, dopo i tagli dei fondi CIPESS e la riallocazione dell’FSC su altri progetti, come il Ponte sullo Stretto, quest’ennesima mannaia potrebbe essere un colpo davvero troppo duro.
Si attende adesso la risposta del governo: già nelle scorse settimane, dopo i nostri articoli, la deputata Elisa Scutellà del Movimento 5 Stelle aveva richiesto un’informativa urgente al ministro Foti: «Si moltiplicano le indiscrezioni sulla concreta possibilità che i soldi dei Fondi Coesione europei che non sono stati spesi dalle Regioni, a partire da quelli della mia regione Calabria, possano essere dirottati dai governi, su richiesta di Bruxelles, per la produzione di droni e altre tecnologie impiegabili anche a scopo militare. Soldi che le nostre regioni del Sud hanno ricevuto dall’Europa per costruire scuole e ospedali, strade e ponti, per l’innovazione la competitività, usati per finanziare l’industria militare. Pretendiamo che il ministro per gli Affari Europei e le Politiche di Coesione Tommaso Foti dia al più presto dei chiarimenti in merito».
Adesso, che non sono più indiscrezioni, le risposte saranno obbligatorie.
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