Livorno, «Spaccio dentro la casa occupata»: giovane condannato a quattro anni e mezzo

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LIVORNO. Insieme a un suo connazionale aveva occupato abusivamente un appartamento di piazza Garibaldi, all’interno del quale la polizia municipale aveva trovato e sequestrato 180,25 grammi di hashish, 4,17 di marijuana, 43 di cocaina, 6.530 euro in contanti, oltre a 17 fra cellulari e smartphone rubati, un iPad e un monopattino, anch’essi denunciati per furto. È stato condannato in rito abbreviato a quattro anni e mezzo di reclusione per spaccio di droga, ricettazione e invasione di edifici il ventunenne tunisino Elyes Ayari, domiciliato a Livorno, ma attualmente in carcere a Prato, difeso dall’avvocata Alessandra Natale. Il tribunale, inoltre, per lui ha stabilito il pagamento di 20.000 euro di multa, delle spese processuali e di quelle del mantenimento nel penitenziario. La pena, in virtù del rito giudiziario più veloce, risulta automaticamente ridotta di un terzo.

I fatti

Ayari, il 29 maggio del 2023, era stato fermato nell’abitazione sopra al ristorante “Il Tegolo” dagli agenti delle sezioni specializzate della polizia municipale, diretti dall’ispettore superiore Marco Vaccai. Un blitz messo a punto dopo le numerose segnalazioni dei proprietari, che attraverso il loro avvocato avevano lamentato sia dell’occupazione abusiva sia dello spaccio che sarebbe andato avanti nel tempo in quella casa, un tempo affittata a una persona alla quale era stato intimato lo sfratto. Con il ventunenne c’era l’allora diciottenne, oggi ventenne, Alaa Yahaoui: al momento il giovane risulta irreperibile e per questo l’iter giudiziario è fermo al palo. Una terza persona, con loro, riuscì a scappare dai vigili lanciandosi dal primo piano, fuggendo nonostante il dolore e le ferite. Ayari e Yahaoui, invece, furono arrestati e quest’ultimo, durante l’udienza di convalida dell’arresto, ammise di essere entrato lì tre giorni prima e che all’interno «c’erano altri extracomunitari». Gli investigatori, nel loro blitz, avevano documentato un immobile completamente devastato, con danni anche al bagno e sporcizia ovunque. È possibile che, nel corso dei mesi, là dentro si fosse alternate anche altre persone.

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Le motivazioni

«Nella casa – scrive il giudice – c’era la considerevole somma di 6.530 euro e temuto conto della condizione di illegalità nella quale si muoveva Ayari, scarcerato 40 giorni prima e senza fonti di reddito tracciabili, è piuttosto verosimile ipotizzare che traesse i mezzi di sostentamento proprio da quel tipo di attività (lo spaccio e la ricettazione ndr). Anche ipotizzando una cessione di cocaina al prezzo di 40 euro al grammo, la somma ricavata sarebbe compatibile con la cessione di più di 150 grami di cocaina, in aggiunta alle sostanze già sequestrate. Egli non ha, inoltre, indicato chi lo avesse effettivamente autorizzato a introdursi e a vivere, sia pure per un arco di tempo non superiore ai 40 giorni, in quell’abitazione. In genere, quando si entra in una casa e ci si stabilizza, è opportuno essere nelle condizioni di poter indicare chi sia stato il soggetto ad aver autorizzato l’ingresso e la permanenza lì. Sul punto, invece, l’imputato è stato generico. L’esistenza di una relazione tra l’ambiente nel quale era stato sorpreso e l’imputato – prosegue il giudice per le indagini preliminari nelle motivazioni della pronuncia di primo grado – giustifica anche l’attribuzione dello stupefacente: un conto è, infatti, se una persona si trovi occasionalmente in un luogo (e in tal caso appare ragionevole il dubbio che quanto eventualmente presente in quel luogo non sia riconducibile a chi vi si trovi casualmente o di passaggio), altro conto è se la persona fermata abbia una relazione piuttosto stabile con il luogo nel quale è stata sorpresa, in tal caso l’attribuzione delle sostanze stupefacenti non appare una forzatura, né tale appare la relazione tra il denaro rinvenuto (6.530 euro ndr), del quale non è stata fornita alcuna indicazione, e le persona arrestata». «Provata» – secondo il tribunale – anche la provenienza illecita degli oggetti ritrovati all’interno dell’immobile, poi restituiti ai proprietari. Per queste ragioni Ayari, all’epoca dei fatti diciannovenne, è stato condannato a quattro anni e mezzo di reclusione.

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