L’Italia tra i dazi di Trump, l’inerzia dell’UE e l’incognita dell’autonomia differenziata

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Nicola Silenti

Sballottata tra il decisionismo trumpiano e l’irrilevanza dell’Unione Europea, l’Italia cerca di capire quale strada percorrere. Da un lato, tenta di ritagliarsi un ruolo di ponte tra due giganti sempre più distanti, gli Stati Uniti e l’UE. Dall’altro, guarda verso una propria autonomia, sia geopolitica che interna, con la riforma dell’autonomia differenziata ormai prossima e ancora oggetto di dibattito.

A complicare ulteriormente lo scenario, la recente pronuncia della Corte Costituzionale, che ha chiesto al Parlamento di rivedere alcuni aspetti della normativa sull’autonomia differenziata sollevando, in particolare, dubbi sulla delega che il Parlamento ha concesso al Governo per la definizione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni), ossia i servizi minimi che lo Stato deve garantire su tutto il territorio nazionale in settori strategici. L’aggiornamento affidato al Governo, infatti, sottrarrebbe potere decisionale al Parlamento, ponendo interrogativi sulla legittimità della riforma.

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Questi temi sono stati al centro della puntata di “È l’Ora della Verità”del 27 febbraio 2025, trasmissione di approfondimento di ByoBlu TV, in cui esperti come Ugo Mattei (giurista), Mauro Sandri (avvocato), Marco Valle (giornalista), Francesco Sismondini (analista politico) e Daniele Trabucco (costituzionalista) hanno analizzato le conseguenze geopolitiche ed economiche di questi sviluppi.

Nel dibattito è emerso chiaramente come l’Italia si trovi in una posizione di debolezza: mentre gli Stati Uniti impongono nuove barriere commerciali e l’Unione Europea fatica a trovare una risposta adeguata, il nostro Paese rischia di essere spettatore passivo di decisioni prese altrove. Inoltre, la riforma dell’autonomia differenziata, se mal gestita, potrebbe aggravare la frammentazione del sistema economico nazionale, compromettendo la capacità di reazione dell’Italia a crisi globali come quella dei dazi USA. Come sottolineato dal nostro direttore Marco Valle, l’Italia si trova di fronte a una sfida esistenziale: restare vincolata ai meccanismi europei o cercare una maggiore indipendenza strategica, un percorso ancora tutto da definire.

In questo contesto di incertezza istituzionale, l’Italia deve anche fare i conti con il nuovo protezionismo statunitense. Il presidente Donald Trump ha annunciato l’introduzione di dazi del 25% su Canada e Messico e del 10% sulla Cina, con la concreta possibilità di estendere la misura anche all’Unione Europea. Se ciò dovesse avvenire, le esportazioni italiane verso gli USA – che nel 2023 hanno superato i 65 miliardi di euro – potrebbero subire un duro contraccolpo.

I settori più esposti sono la componentistica in quanto l’Italia fornisce componenti essenziali all’industria americana; agroalimentare, un pilastro del made in Italy, con esportazioni che spaziano dai vini ai prodotti caseari che potrebbe subire rincari e riduzione della competitività ed infine macchinari industriali e moda comparti trainanti del commercio con gli USA, che rischiano una flessione nelle vendite.

Se l’Unione Europea non riuscirà a negoziare un’esenzione per i propri prodotti, il danno per l’economia italiana potrebbe essere significativo, con effetti a catena su occupazione e crescita.

La Commissione Europea ha già dichiarato che reagirà con fermezza contro i nuovi dazi, ma l’esperienza insegna che Bruxelles fatica a rispondere rapidamente a sfide geopolitiche ed economiche. Il premier polacco Donald Tusk, attuale presidente di turno dell’UE, ha ribadito che l’Unione è nata per promuovere il commercio equo e non per danneggiare gli Stati Uniti, cercando di smorzare le tensioni tenuto conto che uno scontro commerciale tra USA ed Europa danneggerebbe entrambe le parti.

L’Italia, essendo uno dei maggiori esportatori, rischia di trovarsi nella situazione più delicata: senza un reale potere negoziale autonomo, deve affidarsi alla capacità dell’UE di trovare un compromesso. Ma se la risposta europea si rivelasse inefficace o tardiva, Roma potrebbe essere costretta a cercare una soluzione bilaterale con Washington, pur nei limiti imposti dai trattati comunitari.

Nel frattempo, il dibattito sull’autonomia differenziata aggiunge un ulteriore elemento di incertezza. Le regioni più produttive del Nord, come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, potrebbero ottenere maggiore indipendenza nella gestione economica e fiscale. Tuttavia, se i dazi USA colpissero duramente l’export italiano, la frammentazione delle competenze potrebbe rendere ancora più difficile una risposta efficace alla crisi.

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Infatti, se le competenze economiche fossero distribuite in modo più autonomo tra le Regioni, il rischio sarebbe quello di una reazione scoordinata a un’eventuale guerra commerciale con gli Stati Uniti. Alcune regioni potrebbero subire danni maggiori rispetto ad altre, senza che vi sia un intervento nazionale in grado di riequilibrare la situazione. Questo potrebbe creare disparità territoriali con un Nord penalizzato dall’export in difficoltà e un Sud ancora dipendente dai fondi statali e dai vincoli di spesa pubblica.

Di fronte a questo scenario complesso, l’Italia deve muoversi con decisione per evitare di trovarsi schiacciata tra la rigidità dell’UE e il protezionismo americano pretendendo un’azione immediata dall’UE per ottenere esenzioni dai dazi o misure compensative per le aziende colpite. Inoltre pur restando nei vincoli europei, Roma dovrebbe cercare un canale diplomatico con Washington per proteggere settori strategici e se i dazi  dovessero colpire duramente l’export, il governo dovrebbe varare incentivi fiscali e sostegni economici per le aziende più esposte ed infine se la riforma entrerà in vigore, sarà essenziale evitare una frammentazione che potrebbe indebolire la capacità di risposta economica del Paese.

Come ampiamente evidenziato nel sopracitato dibattito su ByoBlu, l’Italia si trova a un bivio: scegliere se restare un attore passivo nel contesto globale o iniziare a costruire una politica economica e geopolitica autonoma. La partita è aperta, ma il tempo per agire si fa sempre più breve.


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