L’amministrazione Trump ha approvato l’invio di armi per 4 miliardi di dollari a Israele

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Sullo sfondo di un cessate il fuoco sempre più instabile, gli Stati Uniti hanno approvato l’invio di armi per 4 miliardi di dollari a Israele. A dare il via libera è stato il segretario di Stato Marco Rubio, che ha dichiarato di aver firmato una dichiarazione per accelerare la consegna delle armi, facendo ricorso a misure di emergenza. Non è ancora noto il contenuto preciso del nuovo pacchetto, ma secondo una lista diffusa venerdì 28 febbraio che parla di una vendita di armi per circa 3 miliardi, a Tel Aviv potrebbero arrivare diverse tipologie di bombe, tra cui più di 35.000 bombe da 2.000 libbre. Non è chiaro se i due pacchetti siano correlati. L’approvazione della vendita di armamenti coincide con il blocco dell’entrata di aiuti umanitari nella Striscia da parte delle autorità israeliane e con l’interruzione dei colloqui per l’avvio della seconda fase del cessate il fuoco a Gaza. Il presidente Trump ha detto di appoggiare la scelta di Netanyahu e ha spesso affermato che Israele ha il suo lasciapassare per un’eventuale riapertura del conflitto.

Il nuovo pacchetto di aiuti è stato approvato d’emergenza sabato 1° marzo ed è stato reso noto ieri. Per approvarlo, il segretario di Stato ha firmato una dichiarazione di emergenza, che permette di oltrepassare il normale iter di approvazione delle vendite, che in via ordinaria dovrebbe passare per un voto del Congresso. Il contenuto di quest’ultima vendita rimane ancora ignoto. La nota, tuttavia, parla di una scelta opposta all’«embargo parziale sulle armi» dell’amministrazione Biden; in verità, Biden non aveva imposto alcun reale embargo a Israele, ma si era limitato a diffondere un memorandum che ricordava gli obblighi legali degli USA, i quali impediscono al Paese di trasferire armi quando è «più probabile di quanto non lo sia» che esse vengano utilizzate per commettere o facilitare il compimento di atti che violano i diritti umanitari. Il documento, comunque, aveva causato un blocco indiretto dell’invio di bombe ad alto impatto distruttivo, come quelle da 2.000 libbre.

Venerdì, inoltre, il Pentagono ha annunciato l’approvazione di due distinti pacchetti di armamenti rispettivamente dal valore di 2,04 miliardi e 675,7 milioni. Il primo include 35.529 bombe MK 84 da 2.000 libbre o BLU-117 General Purpose da 2.000 libbre, o una combinazione di entrambe; 4.000 testate I-2000 Penetrator; e una serie di pezzi di ricambio, materiali di consumo, accessori, nonché supporto ingegneristico, tecnico e logistico, aiuti per riparazioni e resi, e sostegno al trasporto. Il secondo, invece, prevede l’invio di 201 bombe MK 83 MOD 4/MOD 5 da 1.000 libbre; 4.799 bombe BLU-110A/B da 1.000 libbre; 5.000 kit di guida per le bombe; e servizi di ingegneria, logistica e supporto tecnico. Malgrado entrambe le spedizioni dovrebbero iniziare nei prossimi anni (rispettivamente nel 2026 e nel 2028), la nota dell’amministrazione statunitense sottolinea che «il Segretario di Stato ha stabilito e fornito una giustificazione dettagliata dell’esistenza di un’emergenza che richiede la vendita immediata al governo di Israele dei suddetti articoli e servizi di difesa nell’interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti». Le armi, insomma, potrebbero essere inviate subito e potrebbero essere le stesse del pacchetto annunciato ieri da Rubio.

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Da quando è in carica, sottolinea l’ultima nota di Rubio, l’amministrazione Trump ha inviato armi a Israele per un totale di 12 miliardi di dollari. Quest’ultima vendita arriva in un momento particolarmente delicato in Medio Oriente, dove le autorità israeliane hanno bloccato l’avvio della seconda fase di cessate il fuoco, fermando inoltre l’entrata degli aiuti umanitari nella Striscia. Trump ha detto di appoggiare la scelta del governo Netanyahu, rilanciando il suo sostegno nel caso in cui Israele decidesse di riaccendere il conflitto. In generale, sin da prima della sua entrata in carica, Trump ha sempre affermato che avrebbe sostenuto il governo israeliano se avesse deciso di riprendere i bombardamenti, alludendo varie volte all’eventualità di una ripresa del conflitto e minacciando di «aprire le porte dell’Inferno» a Gaza. Da settimane, la sua classica risposta alle domande sul cessate il fuoco è «non so se terrà». Anche gli alleati di Netanyahu sembrano fremere per riprendere i massacri: dopo l’annuncio di Netanyahu, il ministro delle Finanze israeliano Belazel Smotrich ha parlato esplicitamente di interrompere il flusso degli aiuti «finché Hamas non sarà distrutto o si arrenderà completamente e tutti i nostri ostaggi non saranno restituiti». Smotrich ha poi aggiunto che è il momento di «aprire le porte dell’Inferno al crudele nemico il più rapidamente e mortalmente possibile, fino alla completa vittoria», riprendendo le parole di Trump.

[di Dario Lucisano]






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