la sinistra vuole il Quirinale, ma Elly Schlein è una zavorra – Libero Quotidiano

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A sinistra vincere la partita per il Quirinale non è importante: è l’unica cosa che conta. È il motivo per cui già ora si prepara al 3 febbraio del 2029, termine del mandato di Sergio Mattarella. Non è troppo presto: sarà il prossimo parlamento a eleggere il tredicesimo Capo dello Stato, e dunque pensare a quella data vuol dire preoccuparsi dell’ottobre del 2027, quando finirà l’attuale legislatura. O del maggio di quell’anno, se si vorrà cancellare l’anomalia del voto autunnale. Due anni da qui, insomma. Al netto di traumi politici oggi non prevedibili, ma in Italia sempre possibili, che potrebbero accorciare i tempi. Così, a sinistra, il problema se lo stanno ponendo adesso. E per molti di loro il problema ha un nome e cognome stampati su tre passaporti: Elly Schlein.

Dentro al primo partito dell’opposizione c’è un partito folto e silenzioso che considera la segretaria una zavorra. Con una così al comando, incapace di togliere voti al centrodestra, ogni speranza è già persa. Basta vedere la media dei sondaggi: il Pd è al 22,9% e da quanto lei è arrivata, due anni fa, ha guadagnato tre punti, tutti presi al M5S (che nel frattempo ne ha persi quattro). Intanto Fdi è sopra al 30%, al suo massimo storico, e la coalizione di governo è data per la prima volta sopra al 49%. Se si continua così, è la conclusione che si tira nel Pd, il Quirinale se lo prendono “loro”, quelli di destra.

 

 

 

Un cataclisma come quello che ha travolto i democratici statunitensi, con la differenza che qui gli anni di penitenza sarebbero sette. Per questo vogliono creare una “Forza Italia di sinistra”, una sigla che attiri gli italiani, cattolici e non, che mai voterebbero un partito che parla solo di diritti civili e immigrati, guidato da una segretaria woke. Il pellegrinaggio nelle parrocchie italiane che sta compiendo Ernesto Maria Ruffini, ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, dovrebbe servire proprio a questo: pochi elettori, ma “pesanti”. Simili sforzi, però, sarebbero vanificati se il candidato premier, cioè il volto elettorale dell’alleanza, fosse Schlein.
A dire certe cose in privato, anche nel Pd, sono tanti. Cercano il modo di farlo capire all’interessata, ma senza creare sconquassi e compromettere le loro candidature. Facile, per Elly, ignorarli. Anche il sindaco Giuseppe Sala, sinora, si era guardato dal fare simili considerazioni in pubblico. Avrebbe continuato così, se il Pd nazionale non avesse dichiarato guerra alla sua giunta bloccando in Senato il disegno di legge “salva Milano”.

Ora Sala si sente libero di parlare. E la cosa più interessante che il sindaco nerazzurro dice nell’intervista uscita ieri sul Foglio è proprio quell’imperativo bonipertiano: «Ciò che conta deve essere l’obiettivo: come vincere le prossime elezioni e, di conseguenza, come prepararsi all’elezione del prossimo presidente della Repubblica». Interrompere l’ascesa della destra prima che arrivi al Quirinale è anche l’ossessione che ispira il nuovo interventismo di Romano Prodi, come Libero ha spiegato il 19 gennaio.

 

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Ogni mossa deve essere finalizzata a questo obiettivo, e neutralizzare la “minaccia Schlein”, o almeno limitarne la portata e dunque i danni, è il primo quadratino da spuntare. Sala ha smesso di girarci attorno. Gli chiedono se la segretaria del Pd potrà essere la federatrice del centrosinistra, ruolo cui potrebbe ambire in quanto leader del primo partito dell’alleanza, e lui risponde che «non ci sono automatismi, bisogna avere il coraggio di uscire dagli schemi». Si dice convinto che «una politica fatta solo di diritti, e non di doveri, non vada da nessuna parte», accusa la cultura woke di aver «creato una visione distorta di cosa vuol dire essere liberi», difende il Jobs Act, contesta la scelta di fare la battaglia per il salario minimo (perché «bisogna pensare a far crescere i salari per tutti») e rimprovera a Schlein di avere «creato spaccature all’interno del Pd» su questi temi. Non parla solo per sé. Dietro di lui c’è un mondo, come c’è un mondo dietro Prodi. Sono quelli che hanno deciso di far capire a Schlein che la sinistra può perdere tutto, ma non il posto sul Colle. La segretaria è invitata a contenere le proprie ambizioni, che sono troppo grandi per le sue capacità e mettono in pericolo l’unica cosa che conta.

 

 

 

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