Diritto del lavoro, Ichino ‘eretico di sinistra’: “Troppo tempo perso per difendere tabù sbagliati”

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Pietro Ichino, maestro giuslavorista chiamato da Italia Viva Liguria e Genova a presentare il suo volume riassuntivo di mezzo secolo di storia del diritto del lavoro, riassume non senza amarezza il destino dell’intellettuale non allineato. “Mi sono trovato alle prese con alcuni tabù della sinistra a cui pure appartenevo: ero sindacalista della CGIL ed eletto nel PCI. Mi sono sentito isolato nel mio mondo e tra i giuslavoristi non di sinistra”.

Platea – Ad ascoltare Ichino, nell’affollatissimo salone del BiBi Service di via XX, una platea eterodossa all’insegna del riformismo: oltre ai vertici del partito organizzatore (Raffaella Paita, Arianna Viscogliosi, Eugenio Musso e Giovanni Stagnaro), gli esponenti Pd Roberta Pinotti, Alberto Pandolfo, Simone D’Angelo e Armando Sanna, personaggi della storia del PSI come Fabrizio Moro e Tonino Bettanini, oltre ad Antonio Gozzi (in gioventù vicesindaco di Chiavari e allora candidato d’obbligo alla presidenza della relativa provincia, poi non istituita) e Luca Josi, figlio di Pino e ultimo segretario dei giovani PSI. Se c’è un argomento su cui le sinistre in Italia si sono divise, fra massimalismo e riformismo, questo è il diritto del lavoro.

Esperienza – Ricorda il giurista, a proposito della sua esperienza di eretico: “Il monopolio statale del collocamento era un tema centrale: era vietato mediare tra domanda e offerta di lavoro e la regola generale prevedeva l’avviamento su richiesta numerica. Io sostenni che fosse una regola assurda, che il sistema non funzionava e che, anzi, era criminogeno. Ma ero isolato nel mio pensiero. La DC gestiva il collocamento attraverso la corrente di Donat Cattin”.

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Consulta – “Scrissi “Il collocamento impossibile” e per questo persi il mio posto in Parlamento. La Corte Costituzionale, oltretutto, dichiarava che quelle regole erano costituzionalmente vincolate. Nel 1991, però, Gino Giugni, da ministro, abrogò quel meccanismo, cinque anni dopo la sentenza della Consulta. Il monopolio cadde nel 1997, anche grazie all’iniziativa europea, e il ministro Treu ci lavorò”.

Agenzie – “Altro tema critico: All’epoca non esistevano le agenzie di somministrazione del lavoro, e noi, insieme alla Grecia, eravamo gli unici a non averle. Una parte della sinistra difendeva i tabù, parlando di caporalato istituzionalizzato, ma in realtà il sistema consentiva l’accesso al lavoro. Arrivammo a creare il sistema delle agenzie con la legge Biagi, ma il percorso non fu indolore, venne versato sangue come purtroppo ricordiamo. È la tecnica del tabù, della demonizzazione, che legittima poi l’emergere di forze impazzite. Oggi, però, nessuno si sognerebbe di abrogare il lavoro in somministrazione”.

Alfa vs Nissan – “Nel 2005 mi chiesi a cosa servisse il sindacato. La Fiat stava chiudendo Alfa Romeo di Arese, ma nello stesso momento la Nissan voleva insediare una fabbrica in Europa. Si candidarono la Francia, Erfurt in Turingia, Sunderland, ma Arese non si candidò. Lo chiesi sul Corriere, e mi risposero che in Italia non era possibile, perché le regole di Nissan non erano compatibili con il contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici. Alla fine, vinse Sunderland, grazie all’Eurotunnel, a una ferrovia dedicata e all’università dell’automobile, secondo un piano specifico governo inglese. Il sindacato inglese sposò il modello Nissan e quello stabilimento divenne il più produttivo al mondo, con salari doppi rispetto agli altri. Fu un altro tabù che portò la FIOM a rifiutare il piano del 2010 di Marchionne per la Fiat, che prevedeva tre deroghe al contratto. Alla fine, però, il sindacato firmò delle deroghe.”

Licenziamento – “Parliamo anche del tabù riguardo al licenziamento. L’Italia era l’unico paese a mantenere l’articolo 18, che si applicava al settore privato come al pubblico. Questo articolo si applicava a metà della forza lavoro, perché il sistema prevedeva che la flessibilità riguardasse le piccole aziende, i Cococo, i lavoratori a termine. Nel 2011, Trichet e Draghi chiedevano l’armonizzazione europea delle leggi sul lavoro, e Renzi, con il Jobs Act, cercò di attuare questa riforma. Anche questo tabù non verrà ripristinato, diventerà, come gli altri, un relitto storico di una anomalia italiana di cui ci libereremo”.

Gozzi – Nel suo intervento, Antonio Gozzi ha definito Ichino “un eretico del marxismo”: “Il libro contestualizza questioni storiche legate al diritto del lavoro, un campo che si è evoluto nel tempo. La figura di Ichino emerge come una costante eresia rispetto alla cultura marxista tradizionale, che ha sempre considerato certi argomenti come tabù. Sebbene i tabù siano “tigri di carta”, quanto tempo si è perso nel non affrontarli? Due muri si ergono contro le ipotesi partecipative: la CGIL e Confindustria. In molti casi, la parte debole nel rapporto di lavoro è l’impresa stessa. Sempre più frequentemente, il diritto del lavoro si avvicina al diritto civile, evolvendo verso un rapporto paritetico. L’attenzione verso i lavoratori e alla loro vita diventa uno strumento per fidelizzare la forza lavoro più qualificata. È fondamentale creare una “indispensabilità bilaterale” nei rapporti lavorativi.  “La cultura dell’antagonismo, tipica del Novecento, rispecchia una visione marxista tradizionale, dove l’imprenditore è visto come un nemico da cui sottrarre il mezzo di produzione. Anche la cultura del conflitto – conclude Gozzi – è ormai un relitto del passato”.

Josi – Luca Josi ha infine aperto il suo intervento con grandi tratti di ironia: “La mancanza di competenze specifiche rende le persone candidabili a qualsiasi cosa. Oggi ci sono più riformisti in giro che antifascisti, rispetto al periodo subito dopo la guerra”. “Io ero innamorato di Ichino – ricorda l’ex dirigente dei giovani socialisti – perché era un vero riformista: spericolato e sempre fuori dagli schemi, uso a scontrarsi con forme di abitudine consolidate. Molte delle cose che stanno accadendo non sono facili da comprendere. Il nuovo mondo è nato nell’anarchia totale come reazione all’IBM: un gruppo di geni hippie decise di fare tutto da sé. Oggi stanno ammassando nuove forme produttive, e negano alternative ai monopolî esistenti. Socialista e liberale sono concetti che vanno insieme. Il liberalismo è terrificante se non è addomesticato da una cultura sociale. Siamo in un momento di faglia e solo dall’alto si può capirlo. Per questo vorrei avere un professore come Ichino per i prossimi cinquant’anni”.

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