Tra i disperati del ponte Nord

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Giacigli realizzati con coperte e cartoni, carrelli della spesa, rifiuti accumulati, materassi, scatoloni. Le strutture, molto precarie, legate con fili o attaccate con lo scotch ai piloni della parte esterna del ponte. Decine di persone, perlopiù lavoratori, continuano a vivere nella struttura del ponte Nord, l’enorme cattedrale del deserto mai completata che negli ultimi anni è diventata simbolo del degrado e del malgoverno locale.

Chi non ha casa, non può permettersela o semplicemente non trova un affitto perchè è straniero – e abbiamo visto quando possa essere poco accogliente la nostra città da questo punto di vista – non ha molte alternative. Se non trova posto nei dormitori cittadini può entrare in una casa abbandonata o diroccata, dormire al parco oppure accamparsi, in maniera più o meno temporanea, nell’area esterna del ponte Nord. 

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Ghulam è un ragazzo afgano che, dopo aver passato mesi all’interno dell’abitazione di un connazionale, ha deciso di spostarsi al ponte Nord, dove dorme in un giaciglio di fortuna. “Sono stato per mesi ospitato da alcuni connazionali” sottolinea il giovane di circa 20 anni. “Pagavo l’affitto in nero, non era una situazione regolare e non mi sentivo a mio agio. Lavoro e alla fine del turno torno qui, cercando di resistere fino a mattina”.

Ghulam è qui da tre mesi, ha trascorso dicembre e gennaio dormendo tra queste coperte. Una situazione inimmaginabile se non la si vede con i propri occhi. Cosa vuol dire vivere qui? “Vuol dire alzarsi la mattina alle cinque per andare al lavoro, trovare le forze di prendere la bicicletta per andare in magazzino. Mi aiuta il fatto che si sono altri ragazzi, che ritrovo lungo il percorso. Lavorare per nove/dieci ore e poi tornare qui. Cercare qualcosa da mangiare per cena e, per quanto possibile, provare a cucinare proprio qui davanti”. Alzarsi, vestirsi, farsi una doccia calda, andare al lavoro, tornare, prepararsi la cena. Per noi sono azioni quotidiane, automatiche. Per chi vive qui non lo sono. 

Oltre a chi lavora e non trova una stanza in affitto, se non quella a nero dai connazionali, c’è anche chi ha problemi di dipendenza dalla droga. E’ difficile parlare con loro. Molti arrivano al ponte appena scende il buio, ci raccontano alcuni ragazzi che hanno messo le tende qui, sembrano in preda ad un’alterazione, dovuta alle sostanze. Nella vicina via Brennero i residenti lamentano, quasi quotidianamente, la presenza di tossicodipendenti che consumano soprattutto crack, ma non solo. Si trovano anche in altre zone del San Leonardo, in mattinata o nel pomeriggio. Poi alla sera arrivano al ponte Nord. Anche loro, come gli altri, non hanno un posto dove vivere e si rifugiano qui. 

Ciac: “Aumenta il numero di persone senza alcun alloggio” 

“ll numero di persone senza alcuna sistemazione alloggiativa dignitosa e sicura, e adeguatamente riscaldata sta aumentando di giorno in giorno. Le ragioni sono diverse, così come i profili delle persone che si trovano a subire questa grave violazione del diritto fondamentale alla casa: c’è chi è italiano e chi è privo della cittadinanza, chi viene da lunghe esperienze di grave marginalità e chi si trova per la prima volta a vivere in questa condizione, chi ha problematiche anche gravi di salute (pregresse o causate proprio dalla vita di strada), chi ha un permesso di soggiorno solido e chi è irregolare, c’è persino chi un lavoro e un reddito ce l’ha ma non riesce a trovare nessuno che gli affitti una stanza o un appartamento. 

A questi si aggiungono le tantissime persone che vivono in situazioni abitative estremamente precarie: ospitati da amici e/o connazionali in appartamenti sovraffollati, a volte a titolo gratuito, a volte dovendo corrispondere cifre anche molto elevate pur di non finire all’addiaccio; altri che non riescono ad avere un regolare contratto di affitto perché il proprietario “preferisce” percepire molti più  soldi non tassati, in nero, senza considerare non solo la violazione della legge ma anche le gravi ripercussioni che questo ha sull’ottenimento o il mantenimento dei documenti per chi è straniero”. 

La lista d’attesa unificata conta 94 persone con necessità di accoglienza. Di queste: 5 hanno problematiche sanitarie gravi, altri 11 con problematiche sanitarie più leggere, 4 hanno condizioni di disagio mentale. I richiedenti asilo sono 46, 21 dei quali senza fissa dimora e 18 in accoglienza informale (che significa ospitati provvisoriamente da connazionali, in qualche caso da italiani ma senza possibilità di stabilire la residenza o di essere accolti in modo formale e permanente)” 

 

Con i 25 milioni di euro del ponte Nord alloggio dignitoso garantito a mille famiglie

Ora provate a pensare a cosa un’Amministrazione Comunale o un altro Ente pubblico potrebbe fare con 25 milioni di euro. Se con 9 milioni di euro, stanziati dalla Regione Emilia-Romagna, sarà possibile riqualificare 182 alloggi di edilizia popolare tra Parma, Montechiarugolo, Roccabianca, Fidenza e Salsomaggiore lasciamo a voi i calcoli. Con 25 milioni se ne potrebbero riqualificare più del triplo sul territorio provinciale. E ciò vorrebbe dire poter mettere a disposizione questi alloggi per le tante famiglie e persone che si trovano in difficoltà abitative, una delle emergenze permanenti del nostro territorio.

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Ponte Nord, la cattedrale nel deserto da 39 milioni di euro

Trentanove milioni di euro, di cui venticinque di fondi pubblici, centosessanta metri di lunghezza, trentatré di larghezza e quindici di altezza, tre livelli e una superficie complessiva di quasi 4 mila metri quadrati, undici lunghi anni di abbandono e degrado. Il Ponte Nord è per tutti i parmigiani e le parmigiane una ferita aperta, il simbolo della mala gestione dei fondi pubblici e uno spazio ormai ‘fantasma’ a pochi passi dal centro storico. Una vera e propria cattedrale nel deserto. Come il vascello fantasma dell’opera di Wagner esiste ma è ormai invisibile agli occhi di tutti e tutte. 

Il progetto mastodontico, redatto dall’architetto Vittorio Guasti, ex senatore Pdl e ex vicesindaco di Parma – ideato nel 2010 e inaugurato nel 2012 grazie a 25 milioni di euro per la sede dell’Efsa e ai contributi degli industriali Pizzarotti e Codelfa (altri 14 milioni per un totale di 39 milioni di euro) – si è rivelato un flop totale. Nonostante la legge vietasse espressamente di costruire stabili con usi permanenti sugli alvei dei fiumi e dei torrenti il Ponte Nord fu progettato come ponte abitabile per spazi espositivi e commerciali. Inoltre, particolare non irrilevante, le uscite di sicurezza previste dal progetto non sono a norma, secondo quanto stabilito dai vigili del fuoco in diverse relazioni



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