L’informazione nell’era dell’intelligenza artificiale: una sfida da raccogliere ma la centralità del giornalista non si tocca

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Pubblichiamo estratti dell’intervento del Direttore di FIRSTonline al convegno di Bari del Corecom Puglia del 24 febbraio sul ruolo dell’Intelligenza artificiale nel mondo dell’informazione di oggi

Da un paio d’anni anche nel mondo dell’informazione si fa sempre più sentire la presenza, seducente ma insidiosa, dell’Intelligenza artificiale che dopo la pandemia e con l’arrivo del motore di ricerca ChatGPT ha compiuto un sensibile passo avanti. Ma sono stati soprattutto il lancio di DeepSeek e la sfida dell’intelligenza artificiale a basso costo lanciata dalla Cina al cuore dell’impero americano alla fine di gennaio a renderci più consapevoli di quale sia la posta in gioco nel confronto tra le grandi potenze del mondo e quanto centrale sia la frontiera tecnologica per l’egemonia sul futuro.

Cos’è l’intelligenza artificiale e come impatta il mondo dell’informazione?

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Ma che cos’è esattamente l’IA e quali sono le opportunità e rischi per il mondo dell’informazione? Come tutti ormai sanno, l’IA è una tecnologia che permette di velocizzare e semplificare il lavoro nelle redazioni giornalistiche, automatizzando l’operatività come le trascrizioni e le traduzioni e liberando i giornalisti dei compiti più ripetitivi. Come successe all’inizio di Internet, oggi nessuno sa esattamente cosa diventerà l’IA e quali saranno gli effetti delle sue applicazioni nei diversi campi della vita e in particolare nel mondo dell’informazione ma, per orientarci in un mondo inedito, affascinante ma al tempo stesso rischioso, vale la pena di fissare fin da ora alcuni punti fermi e alcuni criteri orientativi.

  1. Come tutte le novità della tecnologia, l’IA è una sfida fatta di opportunità e rischi ma che non possiamo non raccogliere: ignorare, snobbare o demonizzare l’IA sarebbe andare contro la storia e contro il progresso anche se i timori e le paure sono comprensibilissime. Ma come diceva il grande filosofo olandese Baruch Spinoza “non c’è paura senza speranza e non c’è speranza senza paura”.
  2. È essenziale raccogliere la sfida dell’IA ma volgerla a nostro vantaggio. Tutto ciò che può semplificare e velocizzare il lavoro nei giornali di carta o online merita di essere sperimentato ma con una discriminante non negoziabile: L’ULTIMA PAROLA DEVE INEQUIVOCABILMENTE ESSERE QUELLA DEL GIORNALISTA. L’IA non potrà MAI SOSTITUIRE L’INTELLIGENZA UMANA perché non ne è capace e non ha la sensibilità adeguata ma può alleggerire il lavoro giornalistico dei suoi aspetti più ripetitivi e noiosi lasciando più spazio al lavoro di qualità e alla creatività dei giornalisti ma anche al controllo dell’attendibilità delle informazioni.
  3. Con questi presupposti intangibili che ruotano attorno alla centralità del giornalista e non sapendo – nessuno lo sa – quale sarà l’evoluzione dell’IA, credo che in questa fase della nostra storia occorra sfruttare al massimo, con grande attenzione ma senza pregiudizi, tutte le possibilità di sperimentazione che l’IA può offrire e quelle che noi possiamo chiederle. Porto un esempio che deriva dalla mia personale esperienza di direttore del sito indipendente di economia e finanza FIRSTonline che ho contribuito a fondare e che dirigo da 14 anni. Con le reti neurali dell’intelligenza artificiale abbiamo creato una piattaforma MULTILANGUAGE che ci permette di tradurre in tempo reale e a costo zero per noi e per tutti gli utenti i testi del nostro sito. Possiamo tradurre i nostri testi nelle 16 lingue più parlate al mondo e non solo pertanto quelle europee ma lingue più difficili come l’arabo, il cinese, le varie parlate indiane, il giapponese e via dicendo. La qualità è infinitamente superiore a quella di Google Translate e il risultato è che la piattaforma multilanguage ha allargato notevolmente il nostro raggio d’azione e prodotto un aumento dei lettori che oscilla tra il 10 e il 15%. Per noi è un passo avanti di cui siamo molto soddisfatti e non rinunceremo a sperimentare altri usi dell’IA come quelli che ci suggeriscono come migliorare i titoli in ottica Seo e quando pubblicare un articolo per garantirci una maggiore diffusione. Una cosa però deve essere chiara: siamo aperti a tutti i suggerimenti ma la decisione finale è e resta del giornalista e se un consiglio dell’IA non ci soddisfa lo cestiniamo, ma certo non lo rifiutiamo a priori.

L’evoluzione della tecnologia e l’inesorabile declino dei giornali di carta

In questo mio sintetico intervento ho voluto partire subito dall’IA nel mondo dell’informazione perché questo è il tema di più grande attualità ed è il tema del convegno meritoriamente promosso dal Corecom della Puglia, ma mi rendo perfettamente conto che è un po’ come partire dalla coda. In realtà se quello dell’IA è il nuovo terreno di gioco, non si comprende la valenza della rivoluzione digitale dell’informazione se non si parte dalle origini e non si ha consapevolezza che nel mondo dei media c’è un prima e c’è un poi e che il vero spartiacque parte all’inizio del Duemila con l’arrivo di Internet che sfida il giornalismo tradizionale e avvia, a grandi passi, il declino irreversibile dei giornali di carta.

È da tempo che ci si chiede quando verrà stampata l’ultima copia dei giornali di carta? Fra un anno, fra 3 o fra cinque? Non lo sappiamo con precisione ma sappiamo che avverrà. Può dispiacere, soprattutto a chi ha passato la vita leggendo ogni giorno con curiosità i quotidiani, ma la sorte del giornale di carta è segnata e la sua esistenza finirà con la generazione dei sessantenni e settantenni, l’ultima che ogni giorno compera ancora i giornali di carta.

Quattro elementi segnano inesorabilmente la fine dei giornali di carta: le loro vendite sono da anni in caduta libera, i loro conti sono quasi tutti (con rare eccezioni) in profondo rosso, le edicole sono sempre meno e – ciò che più conta – le nuove generazioni non leggono più i giornali di carta e, se si informano, lo fanno solo online, sui siti o sui social. La velocità e la diffusa gratuità dell’informazione online hanno colpito al cuore i giornali di carta e non prevedono una via di ritorno.

Il futuro dell’informazione online

Il futuro è inevitabilmente dell’informazione online che ha già rivoluzionato la vecchia informazione con almeno quattro novità: 1) con la velocità che corona il sogno di ogni giornalista di vedere pubblicata una notizia il prima possibile e non il giorno dopo come sui giornali carta; 2) con la possibilità di correggere all’istante ogni refuso o di arricchire e integrare costantemente i testi; 3) con la possibilità di una documentazione online sempre a portata di mano e incomparabilmente più efficiente di quella cartacea, polverosamente contenuta nella vecchie cartelline; 4) con la possibilità di esportare in tutto il mondo i testi online e di farli durare nel tempo all’infinito.

Ma, pur con le enormi potenzialità che offre, l’informazione online ha ancora un deficit di affidabilità e qualità rispetto al vecchio giornalismo di carta che è di tutta evidenza. Come mai nei siti di origine cartacea o integralmente digitale non c’è nessun nuovo Scalfari e nessun nuovo Indro Montanelli? Non è casuale tutto questo ma è l’altra faccia della natura di Internet che porta con sé il pregio della velocità ma anche il difetto dell’approssimazione e della mancanza di controllo sulla veridicità delle notizie.

Il problema delle fake news e dell’affidabilità dell’informazione online

Tutto questo genera la diffusione abnorme delle Fake News – che però sono solo l’iceberg del problema – ma porta con sè anche la tendenza all’appiattimento, alla standardizzazione, all’omologazione, alla superficialità, al conformismo e alla scarsa affidabilità dell’informazione online a meno che non cambino radicalmente le attuali regole del gioco, che sono il vero tallone d’Achille dell’informazione online e che impediscono la democrazia digitale.

Ma, al netto delle ingerenze straniere frequenti soprattutto in periodi elettorali, da dove nascono le fake news e la bassa qualità e la scarsa affidabilità dell’informazione online? Nascono dai misteriosi e arbitrari algoritmi di Google, un motore privato di ricerca che gestisce in maniera pressoché monopolistica la pubblicità digitale e a cui è affidata la scelta sui contenuti da indicizzare o meno e dunque il destino di tutti i siti del pianeta. Il Seo è il campo di gioco che Google ha stabilito per l’informazione digitale ma la religione del Seo, che tutti i siti sono costretti a seguire se vogliono pubblicizzare sulla rete i propri testi, non è per nulla il paradigma del buon giornalismo, anzi spesso – nella sua ossessiva semplificazione di testi e titoli – è l’esatto opposto.

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Ma, oltre alla discutibile indicizzazione di Google che contraddice le regole più elementari del giornalismo perché privilegia le notizie del branco senza distinguere e valorizzare gli scoop e l’originalità dell’informazione digitale, c’è un altro aspetto che distorce il mercato ed è l’arbitraria contabilizzazione dei contatti che spesso spinge Google a far salire o scendere l’audience dei siti secondo criteri tutti suoi e per nulla trasparenti. Per non parlare della compravendita del traffico online che, anche se talvolta praticato da grandi testate, non fa onore a chi la usa.

IA e giornalismo: una rivoluzione da governare, non da subire

Le distorsioni che l’attuale regolamentazione provoca nell’informazione digitale colpiscono al cuore il mondo dell’online e il suo stesso modello di business perché, influenzando in modo arbitrario indicizzazioni e contabilizzazioni delle visite, finiscono per influenzare l’audience e la conseguente raccolta di pubblicità che è spesso una risorsa vitale per la sopravvivenza dei siti di tutto il mondo ma che è ipotecata dalla presenza monopolistica dei grandi motori di ricerca americani. Forse è arrivato il momento di bandire le ipocrisie e di prendere atto che, se l’informazione online sta soppiantando il giornalismo di carta, sarebbe ragionevole – a certe condizioni e nella piena trasparenza degli assetti proprietari – spostare dai giornali di carta ai siti online le provvidenze previste per l’editoria. L’indicizzazione e la contabilizzazione delle visite sui siti online e il modello di business che li sorregge non sono problemi tecnici ma i pilastri di una grande battaglia per la democrazia dell’informazione digitale che è parte integrante di una più generale battaglia per la democrazia e che sarebbe ora che si aprisse in tutte le sue dimensioni.

È in questo contesto dell’informazione – che reclama regole del gioco trasparenti e ben diverse da quelle imposte dal Far West che fa della Rete una vera giungla – che va dunque collocata la novità dirompente della IA, che, come ho detto prima, implica rischi e opportunità ma che è una sfida irrinunciabile. Certamente l’assunzione di compiti noiosi e ripetitivi da parte dalla IA, può lasciare più spazio alle redazioni per dedicarsi maggiormente alla qualità dell’informazione e al più rigoroso controllo sulla veridicità e sulla affidabilità delle notizie. Ma nelle redazioni l’IA può anche contribuire a sviluppare servizi nuovi che non sempre l’intelligenza umana è in grado di svolgere con la stessa efficienza. Tra l’America e l’Europa c’è una differenza di impostazione sull’IA: l’America vorrebbe la piena deregulation per lasciare più spazio all’innovazione mentre l’Europa esige nuove regole del gioco. Le regole giuste escludono l’eccesso di malsana burocrazia ma non l’innovazione e, dopo i disastri creati dai giganti di Internet della Silicon Valley che hanno non poco contribuito a minare la stessa democrazia, solo un cieco potrebbe pensare allo sviluppo dell’IA senza una regolamentazione adeguata.

L’IA nel giornalismo: alleata, non sostituta dell’intelligenza umana

Ben venga dunque la diffusione dell’IA nel giornalismo d’oggi ma – vale la pena di ripeterlo – a condizione che a nessuno venga in testa nemmeno lontanamente di sostituire la cultura, l’esperienza, la sensibilità e la professionalità dell’uomo con quella degli algoritmi dei robot. L’intelligenza artificiale può fare molto ed è giusto servirsene ma certo non può sostituire l’intelligenza umana. In questo campo c’è un discrimine non negoziabile che nessuna persona di buon senso potrebbe immaginare di valicare: l’IA artificiale deve essere al servizio del giornalista e non il contrario e l’ultima parola deve essere saldamente – sia oggi che domani – nelle mani del giornalista che la usa. Solo così l’IA non sarà una minaccia ma, al contrario, una grande opportunità per l’informazione di oggi e di domani con cui è inevitabile fare i conti.



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