Questo giornale ha più volte tentato di creare un ponte tra informazione e formazione, tra quotidiano locale e scuola. L’incontro non c’è mai ancora stato, non per cattiva volontà di una delle parti quanto piuttosto per la circostanza che l’uno e l’altro polo sono quotidianamente assorbiti da eventi e scadenze impellenti. Ma, manzonianamente, affermiamo che, mai come ora, “Questo matrimonio s’ha da fare!”. Naturalmente, nel nostro caso, non c’è un Don Rodrigo a minacciare un Don Abbondio timoroso. Ad imporre la necessità del matrimonio è uno scenario globale e uno locale, per la lettura dei quali ci vuole contemporaneamente la cultura della scuola e l’intuito e l’immediatezza giornalistica. Il mondo attraversa una fase di instabilità, frammentazione, navigazione verso un rivolgimento degli equilibri consolidati in decenni e l’isola in cui viviamo è, parimenti, in una fase di “decrescita infelice”, deprivata di qualunque senso di orientamento. Per uscire da questo cul de sac, non basta l’informazione (stampata o televisiva), ci vuole anche una profonda conoscenza della storia, della filosofia, dell’economia, della geografia, delle professioni emergenti. Abbiamo già reso noto e pubblicato un Manifesto Isolano per la Difesa della Democrazia e della Libertà, sottoscritto da soggetti culturalmente e politicamente qualificati, ai quali continuiamo ad aggiungere altre adesioni, per contribuire a creare nell’isola un nocciolo duro, un’anima, un sentire comune che, partendo dalla difesa della democrazia nel mondo contro un’autocrazia crescente; dall’idea di pace duratura (come la teorizzò il grande filosofo Immanuel Kant, secondo cui essa non è uno stato naturale, ma da costruire tenacemente per renderla eterna); da una pace che non consista nella mortificazione e resa incondizionata di paesi sovrani invasi; dalla condanna della rapina (e spartizione) delle risorse di terre rare; dall’imposizione di dazi contro ogni regola di economia internazionale, che porterà impazzimento dei prezzi e miseria crescente; dal riconoscimento di valori occidentali oppure orientali, del sud e del nord, dell’est e dell’ovest del mondo; partendo da tutto ciò, si deve affermare una coscienza che consideri ogni uomo, ogni paese, ogni comunità degni di vivere e convivere in pace e nella giustizia sociale.
In tutto questo attuale disordine mondiale, che preclude ad un nuovo odioso ordine internazionale a tre (Stati Uniti, Russia e Cina) e ad un’emarginazione e spappolamento dell’Europa e al saccheggio del resto del Mondo, la Scuola deve tener conto che non ci sono in ballo solo aspetti politici ed economici. Ciò che maggiormente richiama l’attenzione della Scuola è l’attacco trumpiano ad ogni principio di scienza. Trump è contro la transizione ecologica, è climatoscettico, frena i tribunali nelle cause contro gli inquinatori, tanto che per il 7 marzo il mondo scientifico americano si vede costretto a organizzare una marcia per la scienza e contro l’oscurantismo. Può la scuola ignorare questa deriva? Possono permetterlo i Presidi, i professori, gli studenti? In attesa che questi concetti possano essere condivisi e introiettati da giovani e meno giovani a Ischia, in occasione dell’Assemblea che i promotori del Manifesto indiranno, è necessario che Presidi scolastici, che già si sono dimostrati aperti, democratici, colloquianti con la società civile locale, come i Presidi Barbieri, Di Guida, Sironi ed altri, facciano sentire la loro autorevole voce su tutti e due i fronti: quello internazionale e quello locale. Mai, come oggi, necessita essere “glocal”, globali e locali. Presidi e professori devono far capire ai giovani, al di là di schieramenti partitici, che esistono valori profondi che la storia ha consolidato per la coesistenza umana e che ogni qualvolta qualche autocrate, dittatore ha cercato di cancellare, ha provocato disastri enormi. Nessuna presunta modernità tecnocratica, nessun “ salvatore della propria patria” a spese di altre patrie, ha mai costruito nulla di buono. E l’isola, parimenti, deve capire che è finita l’epoca dell’atomizzazione degli interessi, della difesa del proprio orticello. C’è sempre un interesse collettivo da difendere, c’è sempre una necessità di cooperazione, di responsabilità sociale da tenere presente. E se oggi c’è, a Ischia, chi se se la passa più che bene, per trasmissione ereditaria di ricchezza, di status sociale, contemporaneamente c’è chi deve ricorrere alla Caritas, chi non ha casa, o chi ce l’aveva e non ce l’ha più (per calamità naturale, per abusivismo sanzionato da abbattimento, per indebitamento). Dobbiamo far capire ai giovani il senso vero di “ turismo” che non è solo apportatore di ricchezza materiale, ma lo è, se ben esercitato, maggiormente dal punto di vista culturale, di osmosi tra ospite e ospitante, di scambio di usi, costumi, tradizioni, religioni, filosofia di vita. Facciamo capire quanto distante siamo da questo o quel ministro, questo o quel magnate, che vede nel turismo solo l’ostentazione di una ricchezza sguaiata ed arrogante.
Il Manifesto per l’isola è e vuole essere un modello di comportamento e di vita di un’isola che ha il dovere di continuare il fil rouge che la storia, dai Greci in poi, ha steso sul nostro cammino. E’ di questi giorni la sottolineatura storica che Ischia, nell’antichità, era cosmopolita, al centro di un intreccio di varie civiltà che ne hanno esaltato l’evoluzione .Rendiamoci degni di questa centralità.
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