Hezbollah a corto di soldi. E la svolta in Siria non aiuta

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Attualmente Hezbollah – che, ricordiamolo, è un’organizzazione classificata come terrorista in diversi paesi del Mondo, tra cui gli Usa e l’Italia ma non lo è, per esempio, in Svizzera, ed è anche un partito politico presente nel parlamento libanese – sta continuando a pagare gli stipendi dei suoi quadri, ma  la sostenibilità̀ a lungo termine di questa pratica appare sempre più̀ incerta. Il movimento, infatti, è messo di fronte a sempre maggiori difficoltà nel canalizzare i fondi iraniani. Insomma, i rubinetti dei soldi del Partito di Dio sono sempre più a secco, non ultimo anche a causa della chiusura degli impianti di produzione della “droga del terrorista”, il Captagon, in Siria

Il trasferimento dei fondi verso il Libano via terra attraverso la Siria è stato completamente bloccato dopo la caduta del regime sanguinario di Bashar Al-Assad e la presa di potere di Al Jolani, al secolo Aḥmad Ḥusayn al-Shara, mentre l’opzione aerea sta diventando sempre più̀ complicata a causa del divieto di atterraggio imposto alla flotta iraniana dalle autorità libanesi, dopo il – seppur fragile – cessate il fuoco con Israele e il ristabilimento delle normali funzioni del Parlamento a seguito della elezione del nuovo presidente della Repubblica, Joseph Aoun . Ma le cattive notizie per Hezbollah non finiscono qui, perché secondo quanto riportato dalla stampa locale, alcune banche libanesi si sarebbero rifiutate di accettare trasferimenti da simpatizzanti del movimento residenti all’estero, temendo di violare le sanzioni statunitensi sulle attività̀ finanziarie del partito di Dio, per non rischiare di  subire la stessa sorte della Jammal Trust Bank, costretta alla chiusura dalle sanzioni statunitensi nel 2019, accusata di “aiutare a finanziare” il movimento sciita libanese. I circoli del Partito di Dio hanno risposto alle crescenti difficolta economiche in cui versa il gruppo affermando che, anche se le rotte di rifornimento dirette dall’Iran venissero completamente interrotte, potrebbero utilizzare altri mezzi per trasportare fondi da Teheran, anche per via aerea attraverso paesi terzi. Ma l’affermazione sembra sempre di più ogni giorno che passa, l’ennesima spacconata di Hezbollah, più o meno come quando i suoi dirigenti gridavano alla vittoria su Israele da quel deserto di macerie in cui l’esercito di Tel Aviv ha trasformato i quartieri di Beirut sud,  una volta roccaforte del movimento. La verità è che in Siria, l’arteria economica di Hezbollah è paralizzata, almeno a sentire le dichiarazioni dei funzionari a Damasco e a Beirut .

In un rapporto intitolato In Siria, l’ex arteria economica di Hezbollah passa sotto il controllo delle autorità, il governo libanese ha riferito nei giorni scorsi che nella regione di Qousseir, situata nella provincia di Homs nella Siria orientale, le nuove autorità siriane hanno lanciato la scorsa settimana una campagna per combattere il contrabbando al confine tra Siria e Libano, un tratto di confine noto per essere molto “poroso”. L’accusa nei confronti del movimento terrorista è sempre quella nota: sponsorizzare reti di traffico di droga e armi. “Stiamo iniziando a rastrellare le fabbriche utilizzate da Hezbollah e dal precedente regime”, ha detto ai giornalisti il comandante Nadim Madkhaneh dal villaggio di Hawik, a poche centinaia di metri dal confine libanese. Questa regione, al confine con la Bekaa, roccaforte di Hezbollah nel Libano orientale, è costellata da passaggi clandestini utilizzati da decenni per il contrabbando, poiché la Siria si è rifiutata di demarcare il suo confine di 330 chilometri con il Libano durante gli anni di Assad. Nell’aprile 2013, nel pieno della guerra civile scatenata due anni prima dalla violenta repressione delle manifestazioni antigovernative, Hezbollah manifestò ufficialmente il suo sostegno militare a Bashar al-Assad, proprio a Qousseir, allora uno dei bastioni della ribellione. Poche settimane dopo, dopo aspri combattimenti che costrinsero migliaia di siriani a fuggire, le forze di Hezbollah e Assad conquistarono la regione e il movimento libanese vi stabilì gradualmente quartier generali, centri, tunnel e depositi di armi.

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“Sotto il vecchio regime, questa regione era l’arteria economica di Hezbollah e dei trafficanti di droga e armi”, afferma ancora Nadim Madkhaneh, che è anche il responsabile della sicurezza delle frontiere. In un edificio perquisito dai militari, i giornalisti hanno potuto vedere borse contenenti pillole di Captagon e attrezzature utilizzate, secondo il funzionario, per la fabbricazione di questa anfetamina prodotta su scala industriale sotto Bashar al-Assad. I piatti abbandonati in cucina suggerivano che gli occupanti avessero lasciato  la postazione in tutta fretta. Secondo Madkhaneh, le forze siriane si sono recentemente scontrate con uomini armati “fedeli a Hezbollah e al precedente regime”. E veicoli bruciati ed edifici danneggiati lungo le strade di Hawik testimoniano la violenza dei combattimenti. Oltre a “smantellare” le fabbriche di droga, Nadim Madkhaneh afferma che le sue forze stanno prendendo di mira anche le attività dei trafficanti di armi e merci. Le forze di sicurezza siriane stanno anche coordinando le loro azioni con l’esercito libanese, che la scorsa settimana ha annunciato di aver incrementato il suo dispiegamento al confine nord-orientale.  Una situazione riconosciuta, lo scorso dicembre, anche dal nuovo leader di Hezbollah, Naim Qassem, che aveva ammesso che la caduta di Assad impediva al suo movimento di effettuare rifornimenti militari attraverso la Siria.

All’azione di contrasto delle autorità siriane si aggiunge, come abbiamo detto, il sostanziale blocco aereo messo in opera dal governo libanese nei confronti dei voli provenienti dall’Iran, che viaggiavano quasi sempre ben riforniti di banconote, oro e/o armi nelle stive, destinati a finanziare Hezbollah, grazie alla connivenza di funzionari dell’aeroporto – e del governo –  fedeli o affiliati al movimento. Lo scorso 15 febbraio, a seguito della decisione delle autorità libanesi di revocare il permesso di atterraggio a un aereo iraniano, accusato da Israele di trasportare fondi destinati a Hezbollah, un convoglio della Forza di Interposizione delle Nazioni Unite in Libano è stato attaccato da manifestanti armati del gruppo sciita mentre si dirigeva verso l’aeroporto di Beirut. Il vice comandante nepalese della missione, il Maggiore Generale Chok Bahadur Dhakal, è rimasto ferito insieme ad altri caschi blu, mentre manifestazioni e scontri tra sostenitori di Hezbollah e oppositori del movimento sciita si estendevano nelle strade di Beirut, Tripoli e Sidone. L’esercito libanese, già in difficoltà nel mantenere l’ordine pubblico a causa delle continue crisi istituzionali e della carenza di risorse, è intervenuto per disperdere i manifestanti, utilizzando gas lacrimogeni e proiettili di gomma e arrestando diversi sospetti.
I bombardamenti israeliani dello scorso ottobre hanno preso di mira e parzialmente distrutto quella che è la rete capillare per il finanziamento dei quadri e degli affiliati ad Hezbollah in Libano, Al-Qard al Hassam, (“Il prestito virtuoso”, in arabo) una vera e propria banca parallela di credito e microcredito gestita dal Partito di Dio con i soldi che affluiscono nelle sue casse dalle differenti fonti di finanziamento, in primis dall’Iran, ma anche come abbiamo detto da una serie di traffici illeciti, compreso il traffico di droga, e che adesso stanno esaurendosi. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, che ha appunto sanzionato AQAH nel 2007, ha affermato che Hezbollah usa Al-Qard Al-Hassan come copertura per gestire “attività finanziarie e ottenere accesso al sistema finanziario internazionale”. “Mentre AQAH pretende di servire il popolo libanese, in pratica sposta illecitamente fondi attraverso conti fittizi e facilitatori, esponendo le istituzioni finanziarie libanesi a possibili sanzioni”, si legge in una dichiarazione del Dipartimento del Tesoro Usa del maggio 2021. Il defunto leader di Hezbollah Sayyed Hassan Nasrallah, ucciso in un attacco aereo israeliano il 27 settembre a Beirut, ha parlato di AQAH molte volte. Nel 2020, dopo che Al-Qard Al-Hassan è stato hackerato e sono stati pubblicati i nomi dei suoi clienti, Nasrallah ha affermato che l’obiettivo era spaventare i suoi utenti nel tentativo di far crollare l’istituzione. Ha esortato i sostenitori di Hezbollah a rispondere depositando tutti i fondi che avevano in patria presso Al-Qard Al-Hassan.

Se si entrava in una delle filiali di “al-Qard al-Hassan” in Libano, prima che le bombe israeliane le devastassero, sembrava quasi di trovarsi in una classica banca, con i suoi sportelli e le lunghe file di clienti venuti a depositare o prelevare denaro. Ma questa istituzione, che impiegava quasi 500 dipendenti sparsi in una trentina di filiali in tutto il Paese – la maggior parte delle quali situate in aree prevalentemente musulmane sciite di Beirut, del Libano meridionale e della valle della Bekaa –  opera totalmente ai margini del sistema finanziario. Il crollo del settore bancario tradizionale in Libano non ha fatto altro che aumentare la sua attrattiva. Fondata nel 1983 e registrata come organizzazione non governativa dal 1987, “al-Qard al-Hassan” raccoglie depositi infruttiferi secondo i principi della finanza islamica, in dollari o sterline, e concede microcrediti. “Concediamo microcrediti senza interessi, con un tetto massimo di 5.000 dollari (in dollari freschi), volti a soddisfare varie esigenze come il matrimonio, il finanziamento di un progetto o esigenze personali”, spiegava il suo direttore esecutivo, di recente, in una intervista ad un giornale arabo. Per beneficiare di un prestito a tasso zero, rimborsabile in un periodo massimo di 30 mesi, il cliente deve essere garantito da un depositante o ipotecare un oggetto d’oro o un gioiello. Deve anche pagare una tassa amministrativa di circa tre dollari al mese (sempre in dollari freschi o in Lire Libanesi al tasso del mercato nero), eventuali spese di deposito dell’oro e risparmiare l’equivalente di 12 dollari al mese, collocati in un conto infruttifero. Quasi quattro prestiti su cinque, soprattutto quelli concessi in dollari, sono garantiti dall’oro e Il valore del prestito non può superare il 70% del valore del mutuo, il che protegge l’organizzazione bancaria di Hezbollah dal rischio e ha fatto sì che, nel bel mezzo della devastante crisi delle banche libanesi , “al-Qard al-Hassan” non ha sofferto di un aumento dei crediti inesigibili o di mancanza di liquidità. 

Ora, i rubinetti che fino a qualche mese versavano fiumi di denaro al Partito di Dio e alla rete al-Qard al-Hassan sono sempre più a secco. Resta da vedere attraverso quali nuove rotte e soprattutto attraverso quali nuove alleanze, Hezbollah riuscirà – se ci riuscirà – a ricostituire il suo passato potere finanziario, senza il quale anche la sua influenza politica ed ideologica sono a rischio.



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