Gronda, da pomo della discordia a “non tema” del centrosinistra in campagna elettorale

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Genova. La Gronda, considerando l’aspetto economico e di finanziamento che manca, è un non tema. Non si può andare avanti a parlare di Gronda, perché manca l’elemento principale per parlare di come si può procedere”. Così Silvia Salis, la candidata sindaca del centrosinistra alle comunali di Genova, ha liquidato l’argomento oggi a margine dell’incontro a Sampierdarena col Movimento 5 Stelle, la forza politica che forse più di tutti ha combattuto la grande opera autostradale, dentro e fuori dalle aule istituzionali. 

Sembrano lontanissimi i tempi in cui Marco Doria – sindaco arancione prima che il colore diventasse appannaggio di Toti – dopo aver ripetuto “vedremo” e “valuteremo” in campagna elettorale, sentenziava nel 2016 che la Gronda “non serve più” perché “è invecchiata”, facendo trasecolare buona parte della maggioranza e soprattutto il Pd, con cui i rapporti erano tutt’altro che sereni. Del resto un candidato sindaco del centrodestra di quei tempi, l’attuale viceministro dei Trasporti Edoardo Rixi, braccio destro di Matteo Salvini, affermava in un’intervista a Genova24 che la Gronda “non era una priorità”.

Nel frattempo il mondo è evidentemente cambiato e oggi le forze progressiste, dopo otto anni senza toccare palla in città, si sforzano di mantenere una storica compattezza (impensabile all’epoca di Doria vedere insieme i riformisti e il Movimento 5 Stelle) approfittando anche dello stallo in cui sono finite alcune infrastrutture considerate imprescindibili dagli avversari. Vedi lo Skymetro, che non ha ancora il via libera dal Consiglio superiore dei lavori pubblici e che sarebbe più difficile da bloccare se la giunta Piciocchi riuscisse nell’intento di aprire una procedura di gara. E vedi appunto la Gronda, di cui è partito il cosiddetto lotto zero con le opere propedeutiche, ma che non ha ancora la firma sul progetto esecutivo e soprattutto non ha le garanzie finanziarie per poter essere portata a compimento.

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La linea di Salis, che non aveva ancora chiarito la sua posizione sul tema, pare del tutto simile a quella di Andrea Orlando alle ultime regionali. L’ex ministro, proprio di fronte a una platea di pentastellati alla sala Cap (assai meno nutrita di quella riunita oggi al centro civico Buranello), aveva definito la Gronda “la più grande trappola in cui possiamo cadere in campagna elettorale: costa ormai 12 miliardi, solo 3 sono disponibili e nessuno è andato a fare una trattativa con l’Unione Europa. Qualcuno deve spiegarci dove andare a prenderli, poi facciamo una discussione”. Poi si era dichiarato pronto a sottoscrivere la proposta alternativa del Movimento 5 Stelle, mentre nel dibattito organizzato da Genova24 non aveva specificato altro: “Posso dire che la voglio fare“.

La proposta alternativa aveva un nome evocativo. Si chiamava Genovina ed era stata pensata da tre ingegneri: Stefano Camisasso, Mauro Solari e Alfredo Perazzo (quest’ultimo anche saggio di Bucci a intermittenza). Consisteva in pratica in una Gronda dimezzata, limitata al solo raddoppio dell’autostrada A7, con alcune opere aggiuntive: il tunnel subportuale, il prolungamento della strada Guido Rossa in tunnel fino a Multedo, un altro tunnel tra Campi e il casello di Genova Aeroporto sulla A10. Secondo i suoi fautori sarebbe costata meno (solo 3,2 miliardi, stime del 2019) e avrebbe aumentato la velocità media della rete del 9,93% contro il 5,97% della Gronda già approvata.

Del resto erano i tempi del governo giallorosso targato Giuseppe Conte e bisognava trovare un punto di caduta tra due posizioni inconciliabili. “Esiste un solo progetto, a gennaio potrà essere pronto per la firma”, diceva sei anni fa la ministra dem Paola De Micheli. In realtà si stava delineando una strategia diversa, frutto dell’accordo col M5s: iniziare dal raddoppio della A7, su cui nessuno aveva più nulla da obiettare, e rimandare a una valutazione successiva la parte più critica, cioè il tratto Vesima-Bolzaneto in variante al segmento urbano della A10. Ma nessuno lo ha mai detto apertamente. La vicenda assunse contorni ancora più confusi nel 2020, durante la campagna elettorale scaturita nel Toti bis, quando De Micheli disse di non conoscere “il progetto di Sansa”, ossia quello della Gronda in versione light, mentre al contrario il candidato del centrosinistra assicurava: “È d’accordo con noi, il progetto verrà spacchettato”.

Nel dicembre 2022 è stato firmato in prefettura a Genova un protocollo d’intesa che impegna tutti gli attori coinvolti (Comune, Regione, Autorità portuale e Autostrade) a coordinarsi nella realizzazione della Gronda, con l’impegno di collaborare per “una rapida realizzazione dell’opera”. Insomma, indietro non si può tornare ed è scritto nero su bianco. Un modo per “sconfiggere i professionisti del no“, citando le parole di Matteo Salvini, che aveva appena ottenuto il ministero delle Infrastrutture. Per citare solo una delle tante promesse declamate a Genova, il leader della Lega aveva garantito che l’adeguamento del progetto esecutivo sarebbe stato completato a metà 2024.

Quasi due anni dopo non c’è ancora traccia di quella singola firma mancante. Si sa che il progetto aggiornato è stato inviato all’Autorità distrettuale di bacino per le valutazioni di competenza. Il vero problema, però, è che i costi sono lievitati e i 4,7 miliardi in pancia ad Autostrade non bastano più per realizzare l’opera. Lo stesso Roberto Tomasi, amministratore delegato della società, parlava di stime “intorno ai 6-7 miliardi”. Durante l’ultima visita a Genova, Salvini ha rinforzato ancora il braccio di ferro con Aspi: “I soldi ci sono abbondantemente. Una società che fa utili per 900 milioni all’anno sono sicuro che avrà il buon senso e il buon gusto di distribuirne solo una parte agli azionisti e di reinvestire sul territorio, a partire dalla Liguria, una parte di questi utili”.

Così la Gronda resta un non tema, almeno per il centrosinistra, che conserva sensibilità diverse su un’infrastruttura destinata a cambiare per sempre il territorio genovese: 72 chilometri di tracciati autostradali, di cui 50 chilometri in galleria, 37 tra ponti e viadotti, 23 imbocchi di gallerie, 12 milioni di metri cubi di materiale di scavo, con il 97% di riutilizzo anche per i tombamenti del porto. È pur vero che il Comune, giunti a questo punto dell’iter, ha ben poca voce in capitolo, ragion per cui non ci sarebbe da stupirsi se l’argomento risultasse del tutto assente dai programmi ufficiali.





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