Ciao! Quasi 15 anni fa assistetti a una presentazione davvero interessante durante un convegno su digitale che si teneva annualmente a Capri. Il relatore, per spiegare che non necessariamente ieri è uguale al domani, usò la comparsa dei primi occhi su degli esseri viventi. FYI – i più antichi occhi conosciuti appartengono ai trilobiti, un gruppo di artropodi che fiorì nei mari a partire dal Cambriano inferiore fino al Permiano superiore, lungo un arco di tempo di circa 325 milioni di anni.
La possibilità di percepire l’esterno cambiò radicalmente le cose.
Quando si tratta della scena politica o delle evoluzioni tecnologiche, ma soprattutto quando si è immersi nel cambiamento, si rischia di far più fatica a vederlo. Ancora di più a decidere con quale velocità adattarsi.
È la storia della rana bollita, che però a quanto pare è scientificamente falsa (la storiella dice che la rana se la butti nell’acqua calda salta via, ma se la metti in quella fredda e la scaldi progressivamente, la rana finisce stecchita. In realtà a ‘na certa, la rana capisce l’antifona e zompa via comunque…)
Se questo è vero, se è vero che mettendo la storia dell’uomo come fosse una giornata di 24 ore avremmo nell’ultimo secondo praticamente dalla scrittura in poi, immaginate quanto poco durerebbe questa idea che noi diamo per scontata di un mondo fatto di stati post-Vestfalia, multipolare, alla ricerca della pace e che ripudia la guerra. È una splendida anomalia, ma una anomalia. E vista in termini temporali anche estremamente limitata nel tempo. 80 anni esatti.
Gli Stati Uniti hanno votato alle Nazioni Unite insieme a: Russia, Bielorussia, Nord Corea, Sudan, Ungheria e Israele (e altri 11 stati).
L’Economist di questa settimana titola la sua sezione Leaders con “Donald Trump has beguna a mafia-like struggle for global power” (ci sono tre parole che insieme nella stessa frase, rendono superflua la traduzione puntuale) e la chiude dicendo che il mondo è pronto per una “lawless era” cioè un’epoca senza regole.
Volendo, in qualche modo, cercare un lato positivo in tutto questo, il giornalismo dovrà ripensarsi e un modo per farlo forse corre lungo due assi:
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Accountability. In questi giorni, specie dopo la pubblicazione da parte di Trump del video su una Gaza con militanti di Hamas danzatori del ventre, lui e Bibi stesi al mare etc, tanti si sono chiesti come reagire! Riportare tutto e condurre il lettore alla stanchezza o lasciar correre, spianando la strada però alla follia. (In tanti hanno ricordato le parole di Bannon di 8 anni fa quando diceva che il media è la vera opposizione, ma sono pigri, e bisogna colpirli ogni giorno con 3 cose e non sapranno stare al passo)
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io credo che una buona contromisura sia l’accountability. Trump da quando si è insediato ha detto che avrebbe comprato la Groenlandia, Panama, il Canada. Ha detto che Zelensky è un dittatore e poi a domanda diretta ha detto “di non credere di aver detto una cosa simile”. Bisogna tenere traccia di tutto e poi tirare una riga sulle cose promesse e quelle fatte, quelle dette e quelle smentite.
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Anche la crisi mediatica… riformulo. Lo scempio teatrino. Rifaccio di nuovo. La trappola orrenda che JD Vance e Trump hanno teso al Presidente Ucraino nello studio Ovale arriva da un elemento fattuale.
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Il povero Zelensky ha provato a ripetere una cosa che Trump aveva detto in questi giorni. Cioè che c’è un oceano a dividere gli USA dalla guerra Ucraina e che questa infatti è un tema europeo. Zelensky ci prova, ma sbaglia i tempi verbali. Usa un futuro che suona di minaccia e i due bulli come dei maranza di periferia ci si accaniscono.
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Dati – In un mondo che sembra più una partita a poker o una puntata di Suits con un evil Harvey Specter, c’è una cosa che però non possiamo sottovalutare. I dati. Alla fin della fiera, se dall’altra parte del tavolo c’è un bullo ma di quel bullo abbiamo bisogno, il conto delle fiches nostre e loro va fatto.
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Zelensky poteva anche alzarsi e andarsene. Poteva urlare a Trump e Vance che sono dei bulli. I leader europei potevano fare quello che hanno fatto, cioè poco e niente. Divisi. E su Twitter. Ma nessuno oggi, tranne gli USA, sono in grado di offrire garanzie di sicurezza all’Ucraina e senza accordo c’è un serio rischio per la sopravvivenza dell’Ucraina. Trump ha contato le fiches, ha alzato i toni, e ora – che gli piaccia o no – Zelensky a quel tavolo deve tornare e gli costerà. Molto caro, per giunta.
Un buon momento per aiutare la politica e l’opinione pubblica quindi, è quello di usare i dati, di proiettarli nel futuro (se domani mattina i leader fossero a Bruxelles e decidessero di fare l’esercito europeo e difendere l’Ucraina con sole armi di fabbricazione europea… quando sarebbe realizzabile questo scenario? Spoiler, troppo troppo troppo tardi)
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Incentivi. Torniamo sempre qui. Quali sono gli incentivi dei singoli? Macron nei giorni scorsi ha prima convocato una riunione tra leader dei paesi europei (minando ulteriormente l’idea delle istituzioni europee, su questo ha ragione Giorgia Meloni) poi è volato a Washington. È stato bravo a contraddire Trump (il suo inglese è migliore di Zelensky e questo lo ha aiutato) ma di nuovo, ha ragione Giorgia Meloni ( a che titolo è andato la?) cosi come gli incentivi di tutti gli attori in gioco:
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lo scemo che chiede a Zelensky perchè non ha un abito
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JD Vance che fa tutto questo casino per parlare a un suo pezzo di elettorato
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Orban per posizionarsi con i conservatori mondiali
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Incentivi, dati e accountability. Valgono nelle nostre aziende, nella politica interna e in quella globale. Devono valere anche nel media e nel giornalismo. Anche in una lawless era.
Avanti tutta
A
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