Dalle cosche di Pontegrande, Piazza Roma e Gagliano a Money Clean, ecco come si è evoluta la criminalità a Catanzaro

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Sono i sostituti procuratori, Rizza e Calcagno, che con un certosino lavoro di ricostruzione investigativa e sociale, mettono nero su bianco come è nata e si è evoluta la malavita catanzarese. Una malavita che si è nutrita di estorsioni, traffico di droga. Una malavita a tratti sanguinaria che, dai quartieri più a nord fino alla periferia sud, si è spartita il territorio per consegnarne pezzi a crotonesi o reggini, a seconda delle affiliazioni, utilizzando il nucleo rom di Catanzaro come manovalanza criminale.

Le mire di Crotone, Cutro e Lamezia su Catanzaro tra gli anni ‘80 e ‘90

Tra gli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 del secolo scorso il territorio della città di Catanzaro non era ancora egemonizzato da nessuna specifica consorteria e questo indusse alcune importanti cosche, quali ad esempio gli ARENA” di Isola Capo Rizzuto (KR), i “MANCUSO” di Limbadi (VV) e i “GIAMPA’” di Lamezia Terme (CZ) ad iniziare ad occuparsi degli affari più rilevanti e lucrosi del capoluogo calabrese.

La cosca di Pontegrande

Allo stesso tempo i pregiudicati autoctoni catanzaresi ed in particolare quelli della zona nord della città diedero vita a tre diverse organizzazioni: la “Cosca di Pontegrande” poi denominata “Cosca CATANZARITI” con competenza sui quartieri di “Pontegrande”, “Pontepiccolo”, “Stadio”, “Siano”, “Sant’Elia”, sul Comune di Pentone e la Sila catanzarese.

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La cosca di Piazza Roma

La “Cosca di piazza Roma” anche detta “Cosca CRITELLI – DORIA” egemone su “Catanzaro Centro”, “Catanzaro Sala”, “Fondachello”, “Campagnella”, compreso viale Cassiodoro e parte di viale Lucrezia della Valle; il “Clan dei Gaglianesi” stanziato nel quarticre di “Gagliano” e con controllo anche su quelli di “Mater Domini”, “Sant’ Antonio”, “Cavita” fino ad arrivare al Comune di Gimigliano.
Gli inquirenti dell’epoca (1992-1993) furono aiutati nella ricostruzione della spartizione criminale del territorio del capoluogo calabrese, dalla collaborazione di alcuni esponenti delle varie consorterie che decisero di intraprendere un percorso di “pentimento”.

L’omicidio del capo della cosca di Pontegrande

La “Cosca di Pontegrande “, nelle fasi iniziali della sua attività delinquenziale, era diretta da Pietro Cosimo che fu ucciso a gennaio del 1990, al suo posto saliva al vertice della consorteria Vincenzo Catanzariti, suocero di uno degli indagati nell’operazione Clean Money. Questi all’epoca veniva indicato come “uomo d’onore” all’interno dell’ “Onorata Società” in quanto possessore della “terza”, ossia il grado di “maestro”.

Totò Donato, nipote di Catanzariti, negli anni
’90 cra già un “azionista” della cosca.

L’assassinio del capo della cosca di Piazza Roma

La “Cosca di piazza Roma” inizialmente aveva quali soggetti principali Luigi Doria e Vincenzo Doria. Luigi veniva assassinato nel 1989 durante un suo viaggio di rientro a Milano e, dopo la sua morte, il fratello, Vincenzo iniziava ad assumere il controllo di alcune zone di Catanzaro con la collaborazione di pregiudicati del posto tra i quali l’altro fratello Andrea , Giuseppe Critelli e Maurizio Sabato.

I primi contrasti con la consorteria di Pontegrande nacquero con il passaggio di Giuseppe Critelli nell’organico di quello dei “DORIA”. Le mire espansionistiche della cosca costituirono l’elemento scatenante che determinò l’omicidio di Vincenzo Doria, avvenuto a settembre del 1991,
dopo un fallito attentato tramite “autobomba” nei confronti di Antonio Donato, della “Cosca di Pontegrande”. L’organizzazione rimase attiva almeno fino al pentimento del suo nuovo elemento di vertice, Giuseppe Critelli, dopo che lo stesso subi un tentato omicidio ad ottobre del 1992.

La nascita del clan dei Gaglianesi

La nascita della consorteria criminale denominata “Clan dei Gaglianesi” è da collocarsi tra gli anni ’80 e gli anni ’90 del secolo scorso allorquando nella zona nord di Catanzaro imperava prevalentemente la cosiddetta “Cosca di Pontegrande”. Agli appartenenti a questo “Clan”, con a capo
Girolamo Costanzo alias “compare Gino”, veniva lasciato il controllo nel quartiere di “Gagliano” e di quelli limitrofi di “Mater Domini”, “Cavita” e “Sant’Antonio”. Con l’omicidio di Cosimo (per il quale sarà condannato all’ergastolo”, quale mandante, il Costanzo , ancora detenuto per questo motiva) la situazione diveniva più fluida ed il territorio controllato dai “Gaglianesi” si prolungava verso viale De Filippis e viale Lucrezia della Valle.

I contrasti tra la cosca di Pontegrande e quella di Gagliano

 

La ritrosia che caratterizzava i vertici della “Cosca di Pontegrande” nell’inglobare nella propria organizzazione anche i “Gaglianesi”, era da addebitare agli stretti legami che
caratterizzavano questi ultimi e la famiglia mafiosa “ARENA” di Isola Capo Rizzuto (KR). Di tale associazione i “Gaglianesi” erano considerati i referenti su Catanzaro e comprensorio, con chiaro risentimento delle altre consorterie autoctone che mal digerivano la presenza di pregiudicati esterni intenti a controllare determinate attività
illecite del loro territorio.

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