Metalmeccanici e non solo in sciopero ieri, 28 febbraio, in tutta la provincia di Verona. Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil di Verona hanno protestato per il rinnovo del contratto nazionale ma anche per difendere le centinaia di posti di lavoro a rischio. Sono diverse, infatti, le crisi in corso nel territorio scaligero, tra cui quella della Borromini. L’azienda di Colognola ai Colli potrebbe chiudere e alla manifestazione di ieri dei lavoratori hanno partecipato anche i dipendenti della Vetrerie Riunite. Anche loro hanno scioperato per lo spegnimento di uno dei due forni che porterà ad una riduzione del personale.
BORROMINI E VETRERIE RIUNITE
Produzione ferma ieri alle Vetrerie Riunite e alla Borromini. Lo sciopero ha visto l’adesione pressoché totale tra gli operai. Il presidio dei lavoratori e delle lavoratrici ha contestato la decisione della proprietà, comune alle due aziende (due fondi di investimento portoghesi) di decretare la chiusura dell’attività per la Borromini (produttrice di stampi per vetro, con conseguente licenziamento collettivo di tutti 45 i lavoratori), e di dimezzare la capacità produttiva delle Vetrerie Riunite (300 lavoratori) annunciando la chiusura di uno dei due forni, con un potenziale molto alto, sebbene ancora non dichiarato, di esuberi.
«Lo sciopero dei dipendenti di Vetrerie Riunite riprende il percorso di mobilitazione intrapreso lo scorso mese di dicembre a seguito della mancata presentazione del piano industriale da parte della nuova proprietà aziendale – ha spiegato Gianni Morandini, segretario generale Filctem Cgil Verona – La comunicazione del 13 febbraio scorso, nella quale l’azienda aveva esposto l’intenzione di spegnere uno dei due forni a tempo indeterminato, ci fa sempre più pensare al fatto che un piano industriale esista e che lo stabilimento di Colognola ai Colli sia destinato, se va bene, a un massiccio ridimensionamento, e nella peggiore delle ipotesi a un progressivo spegnimento, spostando le produzioni in paesi dove i costi di produzione sono più bassi. Riesce comunque difficile comprendere come in poco più di un anno dall’acquisizione da parte della nuova proprietà, si decida di chiudere una azienda e dimezzarne un’altra, ma evidentemente stiamo parlando di logiche finanziarie e non industriali. Lunedì 3 marzo al tavolo regionale sulle crisi chiederemo alle istituzioni di aiutarci a fermare questa deriva, anche alla luce del fatto che negli ultimi anni Vetrerie Riunite ha usufruito di parecchi finanziamenti pubblici e se adesso pensano di socializzare le perdite facendo pagare i soliti noti, troveranno tutta la nostra opposizione».
E Martino Braccioforte, segretario generale Fiom Cgil Verona, ha aggiunto: «I lavoratori e le lavoratrici della Borromini di Colognola ai Colli sono in vertenza ormai da settimane. Nonostante l’incontro apparentemente positivo della scorsa settimana presso l’Unità di Crisi e l’appoggio dell’assessora Mantovan, questa settimana la proprietà ha avviato la procedura di licenziamento collettivo per i 45 lavoratori e lavoratrici del sito. Le intenzioni dei fondi Teak Capital e Tangor Capital sono molto chiare. Dismettere e licenziare dopo aver fatto cassa grazie ai fondi pubblici elargiti dal Governo che, ricordiamo, ammontano a 47 milioni di euro. A questo punto non possiamo che chiedere nuovamente l’intervento delle istituzioni, della Regione e del Governo perché non si permetta a questo fondo speculativo di procedere in tal senso. Distruggere una realtà produttiva storica e redditizia in nome della finanza e del capitale, dopo avere speculato grazie ai soldi della comunità, a discapito di centinaia di donne e uomini che qui vivono e lavorano».
LO SCIOPERO DEI METALMECCANICI
E sono stati cinque nel Veronese i presidi territoriali organizzati da Fim, Fiom e Uilm Verona per lo sciopero dei metalmeccanici. C’è stata l’adesione di tutti i lavoratori delle aziende ex Breviglieri, Borromini, Riello Sistemi e Isopan. Ma alte anche le percentuali di adesione alla protesta alla Manni (98%), in Alfa Laval e Prima Industrie (90%), in Zanardi, Franke e Sime (80%), nelle Giacomini, Sidel, Acciaierie Venete (70%). Mentre alla Aermec, alla Fiamm e alla Bonferraro ci sono stati scioperi di 2 ore al giorno per tutta la settimana con alte punte di adesione.
I presidi sono stati davanti ai cancelli della Manni Sipre di Mozzecane, delle Acciaierie Venete di Dolcè, della Borromini di Colognola ai Colli, della Xaylog (ex Riello Sistemi) di Minerbe e della Breviglieri di Nogara. Al presidio di Minerbe ha preso parte il sindaco Andrea Girardi, mentre alla Borromini ha portato la sua solidarietà il presidente della provincia Flavio Pasini.
«La risposta dei metalmeccanici e delle metalmeccaniche è stata unitaria e massiva e sta a significare che noi non ci fermeremo finché non avremo ottenuto quello che ci spetta e cioè il rinnovo del contratto nazionale che realizzi le proposte presenti nella nostra piattaforma e, nel nostro territorio, la revoca delle procedure di chiusure e di licenziamenti per la Borromini, la Breviagri, la Georg Fischer, senza dimenticare la necessità di stipendi regolari che spesso vengono meno alla Ex Riello», ha commentato Braccioforte.
Alla vertenza della Riello si è unita alla protesta anche la Filt Cgil Verona. «Per appoggiare la Fiom ma anche per protestare contro le condizioni dei lavoratori in appalto della logistica, che non possono usare la mensa come i diretti; non usufruiscono di buoni pasto in sostituzione della mensa; le lavoratrici non dispongono di spogliatoi dedicati – ha sottolineato Alessandro Poles, segretario generale Filt Cgil Verona – Inoltre Velox Solution, l’azienda in appalto, non versa all’ente bilaterale e alla polizza sanitaria, che sono obbligatorie».
«Le crisi aziendali che nel Veronese si susseguono numerose, gravi e e preoccupanti, rappresentano un brusco risveglio dalla narrazione che ha tenuto banco per anni, nella quale in molti, troppi, si sono cullati: quella di un territorio (veneto e veronese) proiettato impavido sullo scenario internazionale – ha dichiarato Francesca Tornieri, segretaria generale Cgil Verona – La triste realtà è che ci apprestiamo a leccarci le ferite di una internazionalizzazione che non risponde ad alcuna logica all’infuori della massimizzazione dei profitti a livello globale. Una internazionalizzazione che, malgrado i richiami da parte sindacale che si ripetono da decenni, le istituzioni hanno affrontato del tutto impreparate, con lo stesso sistema formativo di 40 anni fa, gli stessi ammortizzatori sociali, gli stessi strumenti spuntati di risoluzione delle crisi produttive. Ci auguriamo che il territorio, con la sua diversificazione, sia in grado di riassorbire posti di lavoro ma la prospettiva che ci pongono le chiusure di queste imprese è quella di una perdita secca di saperi, abilità, processi produttivi».
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